Al Toilet siamo tutt* uguali!”, ecco qual è il loro motto. Da club a serata, con un calendario di eventi sparsi qua e là, per poi approdare su radio e social. Il Toilet di Milano è una realtà ormai diffusa, e ha una community attenta a ogni forma di causa sociale, formata da chi si riconosce sotto la bandiera arcobaleno ed è proud di essere se stess*, senza compromessi.
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Simone, in arte “Croce”, per addentrarci nello sterminato territorio del drag italiano e cercare di capire come questa realtà viene portata avanti in una situazione globale così difficile.
Ciao Simone, per iniziare, volevo chiederti: come spiegheresti il mondo del drag ai lettori che ancora non lo conoscono?
Faccio una premessa: chiunque fa drag risponderebbe in maniera diversa a questa domanda. Le persone che fanno drag lo fanno per motivazioni diverse. C’è chi lo fa per esibizionismo, chi per esigenza personale, alcuni lo fanno per professione e altri per hobby. Molte persone vedono il drag come una vera e propria arte da alimentare, altre, invece, come una maniera per esorcizzare la vita triste: se io mi metto “in drag” vivo una vita con delle parentesi sicuramente straordinarie. C’è chi vede il drag come scelta politica e di scontro, perché la persona che si mette in drag può dire tutto, in quanto difesa da trucco, parrucco e personaggio. Questo significa potersi esporre di più, avere più libertà di parola, e infatti in tanti lo fanno per denunciare e parlare liberamente di molti temi. Drag vuol dire vestire i panni di un altro essere, dare vita ad un nuovo personaggio.
Ad oggi è interessante come mondo, specialmente per la diversità che lo compone. Se all’inizio il drag riguardava principalmente, in maniera pregiudizievole, un ragazzo cis gender che si traveste e diventa un essere femminile, adesso, con il passare del tempo, anche nel mondo del drag si sono abbattuti certi pregiudizi. Il mondo del drag riguarda tutt*, l’ha sempre potuto fare chiunque, ma ora la cultura drag è molto più incisiva: ci sono ragazzi che fanno drag, ragazze che fanno drag, persone transessuali, fluide o agender che fanno drag. “Fare drag” non vuol dire semplicemente interpretare o vestire per forza i panni di un’altra persona, ma possono essere i panni di un alieno o anche di un insetto. Il drag prescinde dal gender e non è per forza legato a quest’ultimo: è un territorio sterminato, in cui ognuno deve sentirsi libero di poter trovare la propria forma; ed è giusto che sia così. Il mondo deve essere per tutte le tipologie di persone, limitarci non ha senso.
Ridotto ai minimi termini, fare drag è vestire i panni di un altro personaggio: nel fare drag bisogna trovare una motivazione, fare ricerca, decidere di cosa voler parlare e a cosa dare vita, mettendo in gioco la propria cultura, i propri riferimenti e anche la propria arte. Personalmente, non lo vivo con fare artistico, non saprei neanche risponderti a “come la vivo”, perché ormai la Croce [lasciamo l’articolo, anche se dialettale, per trasmettere l’affetto di Simone per il suo personaggio, n.d.r.] esiste, ce la teniamo, è divertente farlo. Col tempo, per me, è cambiata la prospettiva e il “cosa fare con la Croce”: la Croce ha delle connotazioni precise, che non abbandonerà mai, come il dente nero, ma ultimamente non sto più usando le parrucche. Così come le persone cambiano, anche il personaggio drag cambia, a seconda del tempo, del periodo, della situazione e del contesto. Mi è capitato di intervenire al Politecnico di Milano per il gruppo degli studenti PoliEdro, gli “studenti arcobaleno”, dove, ovviamente, mi sono presentato in modalità diversa da quella notturna. È molto divertente, ogni volta ti trovi a dover affrontare situazioni diverse.
Questo è quello che io posso dirti circa il fare drag, spero di averti risposto. Sono domande facili, ma complesse: per avere uno spettro più ampio bisognerebbe chiedere a più persone, perché è proprio l’unione delle risposte che ti dà una risposta completa in questo tipo di domande. Per chi fosse interessato ad approfondire questo argomento, suggerisco di andare a sbirciare nelle IGTV del Toilet, sia nelle interviste allo staff che nei Toilet Talks, dove ci sono diverse drag. Abbiamo indagato su cosa intendono loro per il drag. Ogni personaggio drag ha i suoi perché e i suoi motivi, per questo vi invito ad ascoltarli.
Come è percepito il drag in Italia in questo momento?
Secondo noi, tutto è migliorato. Se prima il drag era relegato alle serate dedicate ad un pubblico arcobaleno, col passare del tempo c’è stata una visione sempre più allargata. Quando dico “gente arcobaleno e alleat*” intendo anche gli eterosessuali, non si tratta più di serate chiuse: il Toilet non lo è mai stato e forse questo è stato quello che ci ha un po’ contraddistinto, siamo sempre stati aperti al 100%. Con la diffusione di Netflix e l’arrivo di format americani come ad esempio Rupaul Drag Race, le nuove generazioni si sono appassionate, trovando nei concorrenti di questi show, spesso figure d’oltreoceano o inglesi, degli idoli, proprio come se fossero delle pop star. Adesso, è vista come una forma d’arte al 100%, ma prima non era così, tutto era relegato alle serate gay, principalmente uomo-uomo. Oggi, le drag partecipano anche a serate solo per donne e etero in generale, anche se forse lì si dà vita ad uno stile di drag un po’ troppo macchiettistico, che asseconda un linguaggio abbastanza volgare, nel quale si parla troppo spesso di sesso. All’interno delle serate arcobaleno, in realtà, il drag è puramente artistico. Sicuramente, oggi il drag è più diffuso rispetto a dieci anni fa, quando il termine drag ancora non si usava, ma si diceva “fai la travestita”. Adesso è “fai la drag”: un’evoluzione vera e propria nell’uso della parola.
E tu come ti sei avvicinato al drag, come ha preso vita Croce?
Cercherò di fartela il più stringata possibile, perché potrei perdermi in discorsi lunghissimi.
Ho conosciuto Enrico, il mio attuale marito, in un bar che ormai non c’è più, di nome “Atomic” in Porta Venezia, dove lui suonava. Dopo la serata del venerdì, andava a suonare in una discoteca, anch’essa ormai chiusa, di nome “Sottomarino Giallo”, un piccolissimo club nel quale aveva luogo una serata lesbica, dedicata ad un pubblico femminile. In quella serata, organizzata da Gaia360, un collettivo di organizzatrici, lui suonava con altre persone. Già allora si travestivano. Non esisteva ancora il termine drag: si trattava di un travestimento al limite del queer, non era mirato ad imitare il corpo femminile, ma era una versione del travestitismo un po’ club kids, sopra il gender. Con il passare del tempo e il procedere della mia relazione con Enrico, abbiamo iniziato a collaborare con il suo migliore amico, il quale ha rilevato il Toilet, dove abbiamo portato questo tipo di realtà. Lì, abbiamo iniziato a fare drag. La Croce è nata all’interno di una delle prime serate del Toilet: avevamo bisogno di creare una “serata nostra” e in quel momento c’era pochissima gente, non più di qualche decina. Abbiamo costruito questo sabato sera incentrato sul travestitismo, che poi è diventato drag, creando noi stessi delle situazioni all’interno. Infatti, un sabato sera che avevamo dedicato la serata al tema delle telenovelas, costruendo uno storytelling fatto dai personaggi, io interpretavo la CroceFixa. Dato che la serata era andata decisamente bene, anche solo per noi, abbiamo deciso di portare avanti la cosa, però CroceFixa era un nome troppo lungo e complicato, per cui mi sono detto “Meglio Croce, dai”. Questa, per farla breve, è stata la nascita della Croce.
Da cosa è nata l’idea di rilevare il Toilet?
L’idea di rilevare il Toilet è nata per caso. La vecchia proprietà voleva vendere, questo era proprio un dato di fatto, quindi cercavano qualcuno a cui passare il testimone. Un giorno, Lo Zelmo, l’amico di Erik di cui ti parlavo, ci ha confessato che stava pensando alla cosa, ma, prima di farlo, voleva accertarsi che sia Eric che io fossimo disponibili per stare nella squadra della gestione: abbiamo accettato subito!
Personalmente, credo che nella vita bisogni investire sulle proprie idee e progetti personali, anziché guadagnarsi da vivere facendo un lavoro da dipendente. Questo ti riempie di responsabilità, però il tempo che investi, almeno lo investi per te stesso. La cosa è andata così.
Come si svolgevano le serate del Toilet prima della Covid? Come state cercando di portare avanti ancora oggi questo progetto?
Prima del Coronavirus la serata si sviluppava in tre ambienti: all’inizio della serata si ha accesso solo alla sala principale, dove si dà inizio a musica diffusa, un djset pop, dai toni morbidi, con lo scopo di accogliere il pubblico nella prima mezz’ora. La serata si apre 23.30 e, già da mezzanotte, ha inizio il “lip show”, il nome che abbiamo dato allo spettacolo drag. Lo spettacolo dura da mezz’ora a tre quarti d’ora, a seconda dalla serata. Molti sabati erano “speciali”, quindi lo spettacolo durava sempre un po’ di più. Il lip show è aperto non solo alle drag del Toilet, ma anche a persone del pubblico che ci scrivono qualche settimana prima (tendenzialmente due o tre persone del pubblico possono partecipare). Dopo questa parentesi di performance, si apre il dance floor: nella sala grande si alternano due dj, ovvero Eric Deep e Lo Zelmo. Eric fa più dance, mentre Lo Zelmo si dedica al pop. Sul palco ci sono sempre drag a rotazione. Verso l’una e mezza apre la terza sala, un ambiente un po’ più piccolo, dove suonano lo Zingaro e Mesca, con musica elettronica. Anche lì ci sono dei club kids che ruotano sul palco. Tutto è in rotazione, ci diamo delle tabelle con degli orari, in modo che tutti performino su ogni palco e abbiano modo di riposare. Infatti, all’interno del locale c’è un cortile all’aperto, dove si resta comunque in una zona protetta.
Sul palco principale la situazione prende vita col passare del tempo: all’inizio le drag sono sicuramente più impostate, ma più si entra nel vivo del dance floor più si riscalda l’atmosfera, per cui a fine serata l’ambiente è super caciarone e divertente, addirittura volano parrucche! Spaziamo dall’essere professionali al 100% a “sbragoni” che si divertono col pubblico.
Durante la pandemia, abbiamo spostato tutto sul digitale attraverso il nostro profilo Instagram: pubblichiamo rubriche dedicate allo staff, per far conoscere meglio le persone che lavorano all’interno del Toilet; per quanto riguarda la musica, parliamo degli album più iconici per il locale; diamo spazio al pubblico (la maggior parte di loro sono ragazzi creativi, ad esempio studiano moda, sono fotografi, artisti e via dicendo), creando post in cui parliamo di loro e delle loro ricerche, collegandoci anche ai loro profili per dargli visibilità.
Abbiamo iniziato una trasmissione, condotta da me, Eric e Lo Zelmo, chiamata Vodkaiconic, in onda ogni giovedì sera alle 21 su “Radio Stonata”, una web radio. Di puntata in puntata, parliamo di argomenti per noi “iconici”, come il popolo della drag life e arcobaleno; poi, parliamo di un film in particolare, di un artista, un tour o una moda. Volta per volta, sfoderiamo questi argomenti iconici in modo da tracciare il nostro immaginario. Sempre su Instagram, abbiamo fatto delle live sia con lo staff che con amici, creativi e influencer facenti parte del mondo arcobaleno o alleat*. Abbiamo avuto varie personalità, da Muri a Lilli meraviglia, fino a psicologi che parlano della condizione delle persone durante la pandemia. Tutto può essere visto sia nel profilo Instagram del Toilet, nei post e nelle IGTV, oppure sul sito Toiletclubmilano.com. Ci sono anche i podcast delle trasmissioni radio che possono essere riascoltate, c’è la playlist della trasmissione, che non è solo un dialogo parlato: dopo, vi sono sempre due ore di dj set di Eric e Lo Zelmo, arrivando quasi a 50 dj set con altrettante trasmissioni radio.
Quindi siete riusciti a rimanere in piedi e uniti nonostante questa situazione “particolare”.
All’inizio ci siamo un po’ interrogati, ma abbiamo investito talmente tanto sul Toilet, da dieci anni a questa parte, che sicuramente non sarà il Coronavirus a portarci a chiudere tutto. Stiamo parlando comunque di un lavoro economicamente chiuso, perché tutte queste attività non ci portano nessun tipo di introiti. Va benissimo così, quello che ci interessa è che le persone non si dimentichino della realtà del Toilet, anche perché è diventata davvero una community. Tutto quello che abbiamo fatto durante questo periodo di Covid è andato a favore della community (anche solo come followers siamo aumentati tantissimo). A inizio pandemia, le persone erano chiuse in casa, molto più attaccate ai telefoni e i contenuti erano zero, ma poi non solo noi, ma anche altre realtà, ci siamo mossi e questo ha portato molte più persone a conoscerci. Ci fa piacere, vuol dire che, comunque, abbiamo lavorato bene. Quello che ci interessa davvero è non far morire questa realtà!
Per quanto riguarda i progetti futuri?
Tanti! Innanzitutto, continuare con la serata del sabato sera e magari estenderla ad altri appuntamenti, poi ci sono le collaborazioni con Edoné Bergamo e il Pop Milano. Continueremo sicuramente con la radio e poi ci sono altri progetti in embrione su cui però non posso ancora espormi…
di Petra Amantea
Eccomi, la persona di cui non avevate bisogno e che non stavate cercando.
Sono Petra, studio Lingue comunicazione e Media all’Università Cattolica di Milano e mi definisco un centrifugato di ansia, rabbia repressa, amore per le drag queen e burraco nel circolo di ottantenni. Cercherò di introdurvi nel mio magico mondo (per cui vi invito a pensarci bene prima di leggermi) attraverso articoli su cinema, letteratura e tanto altro ancora!