Mamma Mia!, Dear Evan Hansen e le figure materne nei musical
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I musical e le madri non sempre vanno d’accordo: in Grease i genitori dei protagonisti neanche compaiono, il focus è sulle turbolente relazioni dei teenagers e le loro vite scolastiche. Nonostante mia madre voglia smentire questo stereotipo, essendo lei stessa grande appassionata dei classici come Flashdance e Dirty Dancing e avendomi sempre accompagnata a teatro a vederli, le figure materne raramente occupano un posto rilevante in questo genere. Se non sono totalmente assenti fin dall’inizio, lo diventano prima o poi nello svolgimento della trama, e la loro mancanza è il motore costante per il protagonista. È come se le madri si realizzassero pienamente soltanto quando raggiungono l’aldilà, diventando queste figure idealizzate che aleggiano sullo sfondo della storia. È necessario un riscatto per tutte le madri nel teatro, che hanno lasciato il palco troppo presto e che meritano che il loro ruolo venga letto sotto una luce diversa (e non solo quella dei riflettori).
Tra i classici del genere musicale, non possiamo dimenticare l’impatto culturale di Mamma Mia! e la figura di Donna Sheridan, resa celebre dall’interpretazione per il grande schermo da Meryl Streep. Oltre a coinvolgere il pubblico con le canzoni senza tempo degli ABBA, è proprio Donna che catalizza l’attenzione su di sé, nonostante passi gran parte del suo tempo ad organizzare il matrimonio di sua figlia Sophie sull’isola greca di Skopelos. Le due non condividono molto tempo insieme, dato che Sophie si è messa in testa di ritrovare il suo vero padre tra i tre uomini che riesce a contattare e portare a Skopelos, che Donna, invece, cerca di evitare a tutti i costi. Il vero nodo della loro relazione si realizza in una delle ultime canzoni, Slipping Through My Fingers. Donna sta aiutando Sophie a prepararsi per il suo grande giorno e realizza quanto in fretta la figlia sia cresciuta, senza che lei se ne accorgesse, rimpiangendo i momenti che non ha potuto passare con lei. Essendo una madre single e gestendo da sola Villa Donna, cioè la villa-hotel su Skopelos, avrebbe voluto più tempo per creare ricordi con Sophie quando ancora era piccola. I versi «each time I think I’m close to knowing / she keeps on growing» parlano della dolorosa verità del rapporto genitore-figlio: non appena pensi di aver capito come comportarti, il figlio cambia ancora. Il mestiere del genitore è davvero il più difficile del mondo….
Nonostante la sua continua assenza per doversi occupare della Villa, Donna rassicura la figlia in un momento toccante, dicendole che non si pente di neanche un momento passato con lei, perché Sophie è la persona più importante nella sua vita e non importa se il vero padre non si farà avanti al matrimonio, perché lei ci sarà sempre. Il personaggio di Meryl risulta il più complesso e dinamico di Mamma Mia!: da spirito libero ed imprudente cresciuto negli anni ’70 a donna più saggia, matura e consapevole delle proprie responsabilità verso la Villa e sua figlia. L’esperienza di venire cacciata di casa dopo aver ammesso alla propria madre, nonna di Sophie, di essere rimasta incinta ha decisamente segnato la sua vita, rendendola più saggia, ma anche più disposta a sacrificare la sua felicità pur di far sopravvivere il suo hotel e mantenere la sua famiglia. Non appena viene a conoscenza della notizia che i tre presunti padri di Sophie sono arrivati sull’isola, Donna si nasconde e scappa da loro e dalla sua responsabilità in quanto madre. Non sente il bisogno dell’introduzione di una figura maschile nella sua vita, che, più che bilanciata, si trova in bilico tra la gestione della Villa e l’essere genitore. Non vuole ammettere di aver bisogno di aiuto nell’organizzazione del matrimonio, anche se questo la porta sull’orlo dell’esaurimento. Se l’è sempre cavata da sola, ma perché non ha potuto fare altrimenti. La conclusione della vicenda, cioè il felice ricongiungimento di Donna e Sam Carmicheal (Pierce Brosnan), non vuole però togliere l’enfasi dalla genitorialità single e dall’impegno che implica. L’arrivo di Sam è solo una aggiunta alla sua famiglia già formata. Il film si conclude quindi con un messaggio positivo: la dolce “metà” non è la parte che ci manca per diventare felici, semmai una aggiunta alla felicità che dobbiamo crearci da soli.
Una storia meno conosciuta in Italia ma non meno importante, è quella di Dear Evan Hansen, debuttato a Broadway nel 2016 e vincitore del Tony Award come migliore musical. La vicenda si incentra sull’omonimo protagonista, un liceale che soffre di depressione e fobia sociale e si finge il migliore amico di Connor Murphy, ragazzo della sua scuola che si è tolto la vita. La storia prende avvio quando viene ritrovata una lettera che inizia con “Dear Evan Hansen” e procede con un disperato appello: «I wish I mattered to anyone. I mean, face it, would anyone even notice if I just disappeared tomorrow?». In realtà la lettera è un esercizio che Evan ha dovuto fare sotto consiglio del suo terapista, ma viene ritrovata per sbaglio dai genitori di Connor, pensando che sia una lettera che il loro figlio ha scritto a lui, considerandolo di conseguenza il suo migliore amico. Evan asseconda questa bugia: d’un tratto, a scuola non è più invisibile e la famiglia Murphy lo accoglie come se fosse il loro stesso figlio. Lui sa che quello che sta facendo è sbagliato, ma non sa fin dove spingersi, ora che è popolare online e ha ottenuto la ragazza dei suoi sogni. Tuttavia, la sua rete di bugie presto crollerà.
La figura che ha più influenza sul comportamento di Evan è sua madre, Heidi Hansen. Anche lei, come Donna Sheridan, è una madre single, divorziata dal marito quando Evan aveva solo sette anni. È un’infermiera che dedica mente e corpo al suo lavoro, per timore di tagli al budget dell’ospedale. È proprio il suo duro lavoro che la allontana da suo figlio, il quale si arrabbia spesso per il fatto che lei sia sempre assente quando lui ha bisogno. Heidi, però, non si dà mai per vinta e chiede spesso a suo figlio come sta, se sta prendendo le sue pastiglie e se si è fatto nuovi amici a scuola. Quando viene a conoscenza della morte di Connor, si preoccupa delle ricadute sull’umore di Evan e lo incoraggia a fare gli esercizi che gli ha dato il terapista. Anche se non è sempre ciò di cui il figlio ha bisogno, lo ama profondamente e ce la mette tutta.
Il vero problema di Heidi è che non si rende conto (o non vuole farlo) del vero stato mentale di Evan: desidera così tanto che lui stia bene che prende ogni piccolo passo avanti come sintomi certi ed effettivi di miglioramento. Troppo spesso, pretende che lui si senta meglio, lo sgrida perché pensa che non stia nemmeno provando a superare le sue difficoltà. Gli dice di essere ottimista, di fare un tentativo: in pratica, di smettere di essere così depresso e ansioso. Questo porta Evan a considerare la possibilità che sua madre pensi che la malattia sia colpa sua e che, se davvero ci provasse, starebbe meglio. Purtroppo, anche lui sa che questo non è vero, perché non ha mai funzionato. Heidi non riesce a comunicare veramente con suo figlio, infatti, nella prima canzone del musical, Anybody Have A Map?, esprime la sua incertezza su cosa dirgli, ma, già da qui, si intuisce che lei non lo ascolta realmente.
Il punto di svolta giunge con l’offerta della famiglia Murphy di pagare per il futuro college di Evan. Fino a quel momento, loro sono stati un vero appiglio per lui, quasi a sostituire la madre. È proprio qui che Heidi si sente tradita nel profondo. Tutto quello che fa è per aiutare suo figlio ed è incredibilmente difficile per lei, genitore single, mandare avanti tutto da sola. La sua reazione è comprensibile: per lei, i Murphy sono dei perfetti sconosciuti, con cui il figlio sta passando tutto il suo tempo. Heidi non si capacita del fatto che Evan stia meglio senza di lei, ma sarà proprio la “finta” lettera di Connor a permetterle di capire realmente lo stato mentale del figlio. Realizzando quanto lei sia stata distante, finalmente si dimostra gentile e comprensiva, non più solo eccessivamente propositiva o accusatoria. Capisce che alla radice dell’insicurezza profonda di Evan c’è l’abbandono del padre e la paura che anche la madre lo lasci. La loro relazione si ricostruisce lentamente da quel punto fino alla fine del musical. In un certo senso, sia Heidi che Evan si sentono sopraffatti dalla realtà che li circonda e cercano di navigarla a loro modo, sentendosi entrambi incapaci di sopportare le pressioni.
Alla fine del musical, Evan realizza che sua madre è l’unica a conoscerlo davvero, non attraverso la “lettera” di Connor e le bugie dette alla famiglia di questo. Quando l’amicizia tra i due ragazzi si rivela falsa, la famiglia Murphy taglia immediatamente i ponti con il ragazzo, poiché lo amavano solo per l’immagine che avevano di lui, non per come fosse realmente. Dopo questa separazione, Heidi rimane vicina a Evan e si pone come esempio: è rimasta con lui dopo che il padre li ha abbandonati e ci rimarrà sempre, per superare ogni problema, insieme.
Mamma Mia! e Dear Evan Hansen ci raccontano le vite di due madri single alle prese con il loro rapporto con i figli e con il mondo. Non si arrendono al primo ostacolo, ma non sono neanche perfette. Sono perfettamente umane, con le loro debolezze, difetti, ma anche tremenda forza e sacrificio di sé.
Un grande, grandissimo grazie a tutte le mamme del mondo per tutto quello che fanno per noi, ogni giorno!
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