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Che genere di libri vi aspettereste da un autore il cui soprannome è “Ian Macabre”? Probabilmente vi stupirete a sapere che Ian McEwan non è un autore di fantasy, horror, o fantascienza, bensì scrive fiction realista: riesce a estrarre l’orrore dal quotidiano e a confrontarlo con le tragedie del passato. In fondo, chi non conosce la storia è destinato a ripeterla, quindi meglio affrontare con cautela le sue opere, perché sono spaventosamente vicine a noi.
Ian McEwan è nato nel 1948 a Aldershot, Hampshire (Inghilterra). Ha passato gran parte della sua infanzia in Germania e nell’Africa settentrionale, dove il padre, un ufficiale dell’esercito, era stato inviato. Ritornò in Inghilterra per studiare alla University of Sussex e alla University of East Anglia, dove prese un master in Scrittura Creativa. Subito dopo iniziò a scrivere, e presto guadagnò grande popolarità tra i critici. La sua prima raccolta di racconti, Primo amore, ultimi riti – che tratta di abuso di minori – vinse il premio letterario Somerset Maugham nel 1976. Nello stesso anno pubblicò il suo primo romanzo, Il giardino di cemento, che diventò un film nel 1993.
Le opere di McEwan sono solitamente molto complesse e si concentrano sulla crudeltà del quotidiano, la solitudine e l’indifferenza umana, in uno stile molto realistico e down-to-earth. L’autore dimostra di possedere grande versatilità sia nei temi che nelle tecniche narrative. I suoi primi lavori erano noti per i loro temi molto cupi e quasi perversi, tanto che ricordavano una gothic fiction riportata ai giorni nostri: si parla di pedofilia, omicidio, incesto e violenza, e le convenzioni morali vengono distrutte o capovolte. Il lettore è spesso coinvolto direttamente nelle vite dei personaggi più negativi e nei loro crimini, mentre le loro vittime sono stranamente passive e incapaci di contrastare il maltrattamento e lo sfruttamento che subiscono. I bambini che popolano le opere di McEwan sono spesso soggetti alla violenza dei loro genitori, oppure si tratta di adolescenti solitari dal comportamento ambiguo. Tuttavia le sue storie non idealizzano mai il periodo dell’infanzia: ne mostrano la crudeltà e parlano di bambini che imitano il comportamento che osservano nel mondo adulto, spesso con conseguenze fatali.
Con Espiazione, considerato il suo capolavoro, McEwan dimostra di avere una profonda consapevolezza della Storia e di saper descrivere l’andamento di una vita ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. I suoi romanzi presentano grande maestria nell’uso della lingua, nella creazione dei personaggi e nell’esplorazione delle loro emozioni più profonde. È proprio la costruzione di ogni opera a essere magistrale. Anni fa, durante un’intervista, l’autore ha dichiarato di pensare ai romanzi in termini architettonici: fin dall’entrata, dal cancello, il lettore deve provare subito sicurezza nei confronti dell’edificio. L’autore ottenne, all’inizio della sua carriera, il suo soprannome, grazie al suo interesse per la violenza e situazioni tremende e per la sua visione della vita spesso molto disturbante.
In Espiazione, McEwan esplora le conseguenze devastanti di una bugia di una bambina. Il romanzo lavora su diversi livelli: è un resoconto della società nell’Inghilterra anteguerra ma è anche un romanzo di formazione. Inoltre, la storia contiene descrizioni dettagliate dell’evacuazione inglese dalla Francia nel 1940, e si basa sulla scrupolosa ricerca dell’autore a proposito e sulla formazione delle infermiere crocerossine. Ciononostante, l’aspetto più disturbante di Espiazione è il ruolo che la nostra immaginazione e la nostra capacità di mentire – anche a noi stessi – possono avere sulla nostra e sulle altrui vite.
Il romanzo si apre nel 1935 con una classica famiglia inglese in campagna, che si gode un’afosa giornata estiva. Briony Tallis, la piccola della famiglia, ha deciso di voler diventare una scrittrice, tanto che comincia a scrivere una pièce teatrale da far recitare ai cugini in visita. Sua madre Emily ha una delle sue solite e tremende emicranie e si riposa al piano di sopra, ignara di cosa la figlia sta pianificando. Suo marito è per l’ennesima volta a Londra, ma lei non se ne preoccupa troppo. La sorella maggiore di Briony, Cecilia, ha qualche problema nella sua relazione con Robbie Turner, figlio della donna delle pulizie dei Tallis e suo amico sin dall’infanzia. Robbie ha ricevuto un’educazione a Cambridge grazie al supporto, finanziario e morale, del signor Tallis e vuole diventare dottore. Lui e Cecilia cercano di combattere l’attrazione che provano l’uno per l’altra, ma inevitabilmente si innamorano. A un certo punto, Briony li scopre accidentalmente durante un momento di intimità e crede che lui stia forzando sua sorella a compiere atti osceni. Nel frattempo tutti a casa Tallis attendono l’arrivo dell’adorato figlio maggiore, Leon, che ha portato con sé il suo amico Paul Marshall, un industriale con grandi piani per vendere barrette di cioccolato all’esercito, nell’eventualità (che ormai è una certezza) che l’Inghilterra dichiari guerra alla Germania.
All’inizio McEwan dipana mollemente la trama degli eventi, adottando il punto di vista di tanti personaggi differenti durante quel giorno d’estate, fino ad arrivare alla notte fatale, quando qualcosa di terribile succede: la cugina di Briony in visita, Lola, viene stuprata. La ragazza è sotto shock e non sa o non si ricorda chi l’abbia fatto. Briony, convinta di ciò a cui ha assistito, dice alla polizia di aver visto Robbie Turner stuprare sua cugina, una bugia che rovinerà due vite e che aleggerà per decenni sulla sua. Lei probabilmente lo accusa per vendetta verso la sorella, o per gelosia, ma qualunque sia il motivo, lei è certissima dell’identità del colpevole. Egli viene portato via da casa Tallis e buttato in prigione. Tutti sono scioccati dopo questa tragica serie di eventi, ma in fondo trovano più semplice pensare che un’azione tanto meschina sia stata compiuta da un uomo di classe sociale inferiore come lui. In realtà, non è stato Robbie, ma Paul Marshall, l’amico di famiglia, il ricco industriale sullo stesso livello sociale dei Tallis, il quale supera illeso la tragica notte. La prigionia rovina a Robbie la vita – stava per cominciare i suoi studi di medicina – e interrompe un possibile risvolto positivo nella sua relazione con Cecilia, la quale è talmente innamorata di lui che non le importa così tanto delle loro differenze sociali. Lei crede nella sua innocenza e taglia i ponti con la famiglia.
Dopo essere uscito dal carcere, Robbie diventa un militare in Normandia, all’epoca della ritirata delle truppe britanniche a Dunkirk. L’unica cosa che lo mantiene in vita è la sua speranza di tornare da Cecilia. Lui e altre truppe alleate cercano di trovare la strada di ritorno per l’Inghilterra, mentre il nemico continua ad attaccare. Nel frattempo Cecilia è diventata infermiera; Briony ha realizzato di aver compiuto un terribile errore ed è tormentata dal rimorso e anche lei lavora come infermiera in un ospedale londinese, a curare i feriti di guerra. Il duro lavoro è una forma di espiazione per lei. I tre pian piano fanno i conti con la vulnerabilità del corpo umano, con la natura irrevocabile di certe ferite. Briony impara che “una persona è, tra le altre cose, un oggetto facile da rompere e difficile da riparare” (“A person is, among all else, a material thing, easily torn, not easily mended.”). Nelle ultime pagine del libro ci troviamo nel 1999, e Briony è ormai invecchiata oltre che una romanziera di successo. Le è appena stato detto che sta sviluppando una forma di demenza senile e presto la sua capacità di ricordare e comprendere la realtà la abbandonerà. Lei è comunque contenta di aver finito di scrivere l’ultima versione della storia di Cecilia e Robbie, dove i due amanti sono finalmente riuniti. La sua espiazione sembra completa, finché non ci scontriamo con un inaspettato colpo di scena: ci viene rivelato che tutto ciò che il lettore ha letto fino a questo punto della vicenda sono gli eventi raccontati dalla Briony adulta e scrittrice nel suo ultimo libro. Scrivendo questo romanzo, dove Cecilia e Robbie stanno insieme, vuole dare loro ciò che avevano perso nelle loro vite, la felicità che si meritavano, almeno nella fiction. Lei ha cercato di espiare il suo senso di colpa, il quale l’ha tormentata per tutta la vita dopo la sua bugia, cercando di trovare “espiazione” per il suo crimine.
Espiazione parla delle bugie che le persone si dicono per rendere la propria vita migliore. Ad esempio, la madre di Briony si rifiuta di riconoscere l’infedeltà del marito; oppure la famiglia Tallis, che preferisce pensare che un atto come lo stupro non possa essere stato compiuto da qualcuno della loro classe sociale. Tratta soprattutto delle imprevedibili conseguenze di una menzogna sulle vite delle altre persone, e del senso di colpa di Briony, che tenta invano di rimediare scrivendo libri a ciò che ha rovinato nella realtà. L’espiazione a cui il titolo si riferisce diventa l’obiettivo della sua vita: cerca in ogni modo di fare ammenda per i danni irreparabili che ha causato.
Espiazione analizza anche l’arte della finzione: Briony è ossessionata dalla creazione di storie e in parte è questo che la spingerà a dire la sua terribile bugia. Lei però è anche cresciuta in mezzo alla falsità e ipocrisia, caratteristiche intrinseche allo status sociale della sua famiglia. Ma può questo valere come giustificazione per la sua deplorevole azione? Lei si chiede come può un romanziere raggiungere l’espiazione, dato che possiede il potere assoluto di decidere come andrà a finire tutto, e di conseguenza è una sorta di divinità. La questione dell’espiazione va analizzata più a fondo, fino alla radice della parola: atonement deriva dalla combinazione di onement (da to one = unire, quindi “unione”) e dal latino medievale ad unamentum (inteso come “portare a unità”). Nel sedicesimo secolo, il termine veniva usato spesso in riferimento al sacrificio di Gesù Cristo, che era l’unione di Dio e dell’uomo. Un autore, che diventa una sorta di demiurgo nell’atto di creare fiction, è onnipotente solamente all’interno di quel mondo immaginario. Essendo Briony una romanziera, lei può cambiare il finale della storia di Robbie e Cecilia nel suo libro, ma non può cambiare le conseguenze della sua bugia sulle loro vite.
Con il personaggio di Briony Tallis, McEwan esplora la linea di demarcazione tra finzione e realtà. Quando viene introdotta nella vicenda, Briony viene descritta come una ragazzina con la passione per la scrittura e i segreti, una fervida immaginazione e il bisogno ossessivo di controllare il mondo intorno a sé. Quando Lola viene stuprata, convince se stessa e le persone intorno a sé della colpevolezza di Robbie Turner, e afferma di averlo visto proprio con i suoi occhi. In poche parole, crea il suo mondo di finzione, e nella sua mente connette tutti gli eventi in un’unica trama. La sua immaginazione sarà proprio la causa della tragedia.
Tuttavia, il romanzo di McEwan non tratta solo di peccati e redenzione: è un libro sulla letteratura, è metaletteratura, cioè scrivere sulla scrittura. L’autore usa l’immaginazione di Briony e il suo bisogno di avere controllo su ogni cosa per dimostrare il potere della parola scritta e che gli scrittori esercitano una funzione quasi demiurgica quando creano le loro opere, poiché possono decidere tutto sullo sviluppo delle storie. Tuttavia, come cerca di suggerirci McEwan, la vita e la finzione sono due sfere separate: l’una è artificiale, mentre l’altra no.
La morale della storia è che ciò che è lacerato nella carne non può essere ricucito dalle storie. E il romanzo pone una fondamentale domanda: come può l’umanità trovare un’autentica espiazione per le atrocità della guerra?
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di Vittoria Tosatto
Sono Vittoria Tosatto e frequento il primo anno di Lingue, Comunicazione e Media all’Università Cattolica di Milano.
Ho tante passioni, come il cinema, l’arte, la musica, il teatro, e spero di farvene innamorare.
Il mio tema principale però sono le donne: parlerò della vita di importanti figure femminili, per rivendicare il loro posto nella storia e dare luce ai loro meriti.