Il 18 maggio Universal Pictures ha rilasciato il primo trailer del film Dear Evan Hansen, trasposizione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway, vincitore di 6 Tony Awards, da cui è anche stato tratto un libro edito in Italia come Caro Evan Hansen.
Il film, che vede come protagonisti, fra i tanti nomi, Julianne Moore, Ben Platt (nel ruolo principale) e Amy Adams, narra le vicende di Evan, sedicenne statunitense affetto da depressione e ansia sociale. Quando una delle lettere, che il ragazzo scrive a se stesso, viene trovata in tasca a Connor, un compagno di scuola che si è recentemente tolto la vita, Evan viene accidentalmente trascinato in una spirale di bugie, alimentata anche dalla visibilità data dai social media.
Nonostante le tematiche trattate non siano fra le più leggere o divertenti, il musical omonimo ha riscosso un grande successo oltreoceano, soprattutto fra i giovani. Inoltre, nel giro di una settimana, il trailer ha raggiunto 11 milioni di visualizzazioni, dandoci l’idea che il film avrà un fato simile a quello della sua controparte teatrale. Ma come mai questa storia ha avuto così tanto successo, soprattutto fra i giovani? E perché dovreste andare al cinema a vedere il film?
Io avevo 16 anni quando ho scoperto lo spettacolo. Ero alle superiori, e, come moltissimi, provavo un forte senso di inadeguatezza, causato anche dal mio soffrire di attacchi di panico. Evan è un ragazzo come tanti, senza nulla di speciale: in alcune canzoni, egli stesso esprime il suo disagio nel sentirsi invisibile (Waving Through a Window, Disappear), quasi “rotto” (Words Fail).
Nonostante la storia non sia semplice, i personaggi lo sono. Ognuno può ritrovare una parte di sé stesso in uno dei personaggi, e, attraverso di loro, provare emozioni che variano dal lutto all’euforia alla speranza. Perché è proprio questo uno dei temi principali di Dear Evan Hansen: la speranza di essere ritrovati, come viene cantato nella chiusura del primo atto (You Will Be Found). Inoltre, la storia tratta molto bene un tema che, di solito, viene affrontato brevemente, quasi con leggerezza: le malattie mentali nei giovani con i problemi che ne derivano. Qui diventano il fulcro della storia, dando ai giovani un senso di rappresentazione ed appartenenza, che ha un ruolo fondamentale per loro.
Lo stigma sulle malattie mentali giovanili è molto presente in Italia e nel resto del mondo. Non per forza patologie gravissime o rare, ma molto pesanti per chi le vive. Una “semplice” ansia crea una sensazione di disagio fortissima, e, come Evan, chi ne soffre si sente solo e rotto, con pezzi mancanti, fragile.
Per questo, penso che tutti dovremmo prestare attenzione a questo film, magari andandolo a vedere al cinema (o aspettare che esca su una piattaforma di streaming). Non è certamente il primo film che tratta di queste tematiche, ma forse è il primo film del genere a ricevere così tanta visibilità. Non passerete un sabato pomeriggio al cinema dei più leggeri e spensierati (preparate i fazzoletti), ma uscirete dalla sala (almeno spero) con una nuova consapevolezza e tanta speranza.
di Oscar Benedetti
Hello There! Mi chiamo Oscar Benedetti e frequento la facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Bicocca di Milano.
Le mie competenze comprendono il saper citare a memoria interi musical di Broadway, gestire 5 pagine Instagram in contemporanea, suonare (male) svariati strumenti musicali, sfornare dolci vegani bruttissimi ma buonissimi e il non prendermi troppo sul serio.
Sono un attivista presso Extinction Rebellion, un movimento di disobbedienza civile non violenta per sensibilizzare sulla crisi climatica (provate a ripeterlo tre volte).
Vorrei chiudere questa presentazione senza né capo né coda con una citazione di Once On This Island, un musical (e te pareva) che amo molto:
“Our lives become the stories that we weave”