L’attimo fuggente
«Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza […] e in profondità»
H. D. Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi
Settembre è il mese più adatto per ridare un’occhiata a L’Attimo Fuggente, anche solo per tentare finalmente di entrare nella Setta dei Poeti Estinti, preferibilmente armati di cravatte svolazzanti, notevoli sogni ed un tabacco mediocre da assaporare in pipe mezze rotte.
Questo perché L’Attimo Fuggente non è solo un ottimo film, intriso di citazioni di autori potentissimi che hanno avuto il coraggio di versare il loro animo immortale all’interno di parole semplicissime («emetto il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo», Walt Whitman), ma è anche una guida alla comprensione di ciò di cui tutti gli studenti hanno ed hanno avuto bisogno nella loro vita, ovvero un insegnante che si ponesse dietro di loro, né troppo vicino né troppo lontano, e che potesse illustrare, senza compromettere, le infinite possibilità della loro vita.
Il consenso critico all’uscita del film (1989) fu praticamente totalizzante, e sono soprattutto i giovani che, nonostante siano passati trentadue anni dalla sua prima apparizione nelle sale, continuano a lasciarsi ispirare e coinvolgere dai personaggi, dalle loro emozioni e dai risvolti drammatici che assume la pellicola, riconoscendone la sincerità disarmante, e tutt’ora innovativa, in lunghe e sentimentali recensioni online.
La trama è molto semplice: in un eccellente ma consunto collegio maschile nel Vermont si presenta un nuovo insegnante di Lettere, John Keating, dal viso nostalgico e tendente all’emozione.
Come si può immaginare, Keating si differenzia dagli altri secolari professori, in quanto apprezza le qualità di ciascuno dei suoi studenti, ne ricorda i modi di fare, ne riconosce la diversità. In poche parole, vi si affeziona.
Questi studenti, volti giovani di un futuro preventivamente scritto dai genitori (futuro avvocato, futuro medico, futuro economista), sono presi alla sprovvista da un simile atteggiamento, caratterizzato dall’autenticità dei sentimenti di un insegnante che non ha paura di stringersi le mani al petto, con grande trasporto, ascoltando una poesia improvvisata dal più taciturno dei suoi studenti («la verità è una coperta che ti lascia scoperti i piedi […] Dal momento in cui nasci piangendo al momento in cui esci morendo, ti copre solo la faccia e tu piangi e gridi e gemi»).
Ed è questo l’approccio vincente, fra tutti.
Ma che cosa ci stupisce del professor Keating? Non certo la sua affascinante preparazione in materia di poeti statunitensi. Ciò che ci cattura, che ci fa sorridere teneramente per due ore ed otto minuti e ci fa lacrimare rabbiosamente verso la fine, è la sua irrinunciabile volontà di trasmettere ciò che ha compreso della vita ad un’orda di diciassettenni alle prese con i primi grandi sogni e con la volontà di liberarsi dalla rigidità dei precedenti professori, che non hanno insegnato loro nient’altro che passività e diligenza estremizzata, fino alla conformità di idee.
Ecco servita la formula più efficace per formare studenti consapevoli di loro stessi, delle loro capacità e di ciò che il mondo può offrire, e ciò si applica anche alla vita reale.
Quante volte ci siamo sentiti dire dagli adulti, dei quali ci fidiamo, che l’approccio migliore che possa avere un insegnante è il risultato di una miscela aspra di severità e stantia conoscenza? Sbagliato, non è così, e L’Attimo Fuggente ne è la prova lampante.
Il film, in conclusione, non termina con una zuccherosa sviolinata, i sogni agognati non vengono realizzati e la Libertà, che come in un quadro di Delacroix sembrava in procinto di prendere piede, non avanza. Questo perché per realizzare i propri desideri è necessario ben più di un anno scolastico e di un rivoluzionario professore di Lettere, ed è giusto che sia così.
Non si vuole trarre in inganno lo spettatore, non si può affidare il proprio futuro ad una figura di riferimento, non è questo il ruolo del professore Keating. Egli non è incaricato di sbarazzarsi degli ostacoli che intercorrono fra i suoi studenti ed i loro sogni. Il suo compito è quello di mostrare con orgoglio come le situazioni possano essere osservate da più punti di vista, come non ci sia solamente una strada percorribile, una destinazione certa alla quale arrivare in un determinato numero di anni accademici, citando Keating, che cita Robert Frost, «due strade trovai nel bosco ed io scelsi quella meno battuta».
Ciò che Keating fa è incoraggiare dolcemente a vivere la propria vita con grande passione, rendendola straordinaria («ribellatevi, non affogate nella pigrizia mentale, guardatevi intorno. Osate cambiare, cercate nuove strade»). Ed è per questo che L’Attimo Fuggente non è solo un film formativo per noi studenti, ma un’occasione imperdibile per sentirci irresistibilmente sagaci. È soprattutto un capolavoro che può servire d’ispirazione ai numerosi professori del futuro, che possa far loro ricordare com’è stato essere giovani ed innamorati delle possibilità che il mondo sembra poter offrire, che possa aiutarli a non dimenticare di quanto avrebbero avuto bisogno di un professore come Keating durante la loro giovinezza e di come potrebbero diventare simile a lui, se solo si liberassero dalla presunzione di non poter imparare nulla dagli animi freschi, curiosi e palpitanti quali sono i loro studenti.
di Clara Femia
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