Cara scuola, ti scrivo…
… sarò sincera: non è stato per niente facile trovare un’introduzione abbastanza originale per renderti giustizia e che potesse mettere tutti d’accordo. Sai, c’è chi ti ama e chi ti odia, c’è chi ti ha lasciata subito e chi ti considera una seconda casa. Ma se c’è una cosa che accumuna tutti noi studenti ed ex-studenti è che a scuola abbiamo provato ogni tipo di emozione immaginabile: abbiamo riso, cantato, pianto, ci siamo sentiti invincibili e deboli, giudicati e fragili… insomma, cara scuola, in ogni modo riesci sempre a far parlare di te e a strapparci un pezzo di cuore, nel bene o nel male. Quanto sei egocentrica! Così tanto da voler diventare protagonista sui grandi e piccoli schermi.
Settembre è arrivato da un po’ e per alleggerire le monotone giornate tra banchi rotti e soffitti cadenti delle nostre scuole, abbiamo pensato di fare un omaggio ad alcune delle scuole più famose dello spettacolo.
Hogwarts, Scuola di Magia e Stregoneria
Che siate fan o meno della saga creata dalla penna di J. K. Rowling, avrete sicuramente sentito parlare di Hogwarts, ma facciamo un ripasso veloce. Hogwarts è una scuola britannica fondata nel X secolo da 4 maghi, Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde. Al primo anno gli studenti vengono divisi in 4 case (ognuna prende nome da uno dei fondatori) a seconda della propria personalità, ad esempio una persona particolarmente ambiziosa e astuta potrebbe appartenere a Serpeverde.
Non serve aggiungere che Hogwarts è una scuola per maghi, ma tra incantesimi e maledizioni, la magia si trova prima di tutto negli studenti. Dietro a un libro, troppo spesso etichettato come “una fiaba per bambini”, scopriamo che si cela un’elogio alla diversità estremamente rivoluzionario per gli anni ’90 in cui è stato pubblicato per la prima volta. Lo stesso Harry, dice J. K. Rowling, è un bambino diverso, un orfano costretto a subire violenze dagli zii e dal cugino che non vogliono accettare la sua natura magica. Ricevuta la lettera (Beato lui!!) per andare ad Hogwarts, scopre che ciò che lo faceva sentire diverso lo rendeva unico e speciale. Insieme a lui incontriamo pian piano altri maghi e streghe, ognuno la propria storia e le proprie ferite e che scopriranno la loro strada, mentre noi li guardiamo da lontano. Sotto la saggia guida del Preside Albus Silente, nei 7 anni passati nella scuola imparano a conoscere se stessi e i propri poteri, che a Hogwarts niente e nessuno è come sembra e che ognuno sta combattendo una propria battaglia.
La vera magia di Rowling è l’aver creato la perfetta allegoria per la lotta tra il bene e il male, nella quale tutti siamo chiamati a schierarci prima o poi. Ed è riuscita a farlo costruendo una seconda casa, e una seconda scuola, per i milioni di fan sparsi per il mondo.
Rydell High
Torniamo (ahimè) nel mondo reale per fare qualche passo indietro e visitare uno dei primi licei ad essere sullo sfondo di un musical. Siamo nel 1958 ed entriamo nella colorata Rydell High insieme ai protagonisti di Grease. Il liceo americano racchiude l’essenza dell’adolescenza di quegli anni, riassumendone i tratti essenziali in blue-jeans, giacche di pelle personalizzate, larghe gonne colorate, occhiali da sole, sigarette e, ovviamente, brillantina. Gli studenti sono rappresentati con i classici archetipi della narrazione americana: dal bullo al secchione, dalla rappresentante di classe al campione sportivo. La scuola fa da sfondo al percorso di maturazione dei giovani personaggi, unendoli con canzoni cult e coreografie che ci fanno ballare da casa. In particolare, Grease mostra uno dei bisogni primari degli adolescenti: far parte di un gruppo, che per molti ragazzi significa ritrovarsi con persone che hanno gli stessi interessi da condividere, mentre per altri significa sforzarsi di rientrare in determinati canoni per non sentirsi isolati e sbagliati. Nell’ultimo anno il film è stato duramente attaccato da alcuni critici dei social in nome del ‘politically correct’, in quanto considerato misogino, ‘troppo bianco’ e omofobo. Il cambiamento più criticato è stato quello della protagonista Sally che, per piacere a Danny, abbandona il suo stile da ragazza acqua e sapone e colori pastello e si mostra in pantaloni di pelle e sigaretta tra le labbra rosso fuoco. Anche l’attrice stessa, Olivia Newton-John, aveva espresso la sua opinione in merito ad alcuni comportamenti e scene fraintendibili: «La storia era ambientata negli anni ’50, quando le cose erano ben diverse» (in un’intervista al Guardian). Infatti il musical voleva raccontare un tipico liceo americano così com’era, coerente con gli anni in cui è ambientato, facendo leva sull’esagerazione di alcuni personaggi che affrontano comunque un’evoluzione. Nella scena finale vediamo tutti i ragazzi della Rydell cantare e ballare insieme per festeggiare la fine dell’anno scolastico, la conclusione di un altro anno di crescita, di problemi adolescenziali, amori e amicizie, proprio come gli studenti hanno sempre fatto e sempre faranno. Da allora la scuola è diventata una co-protagonista in moltissimi film e non solo.
Sede dei Wildcats, East High School
Sulla scia della Rydell High, nasce la meravigliosa East High School, una scuola superiore a Salt Lake City, nello Utah, che ha ospitato le riprese dei tre film High School Musical.
Seguendo le vicende dei due protagonisti Troy e Gabriella, entriamo nella più classica High School: armadietti colorati, grandi giardini, aule immacolate, campi sportivi e palestre che urlano ‘America’. Troy è una giovane promessa del basket, Gabriella è un’incredibile mente matematica, ma entrambi condividono timidamente il sogno di partecipare ad un musical organizzato dalla scuola. Troy, in particolare, dal primo all’ultimo film è costretto a vedersi sempre in bilico tra le sue due passioni, insicuro di se stesso e troppo preoccupato del giudizio degli altri sulle sue scelte. Molto semplicemente la Disney ci ha catapultati nel sogno americano, dove le scuole regalano incredibili opportunità lavorative e sportive, dove stimolano la creatività e dove, poco alla volta, ognuno trova il proprio spazio e amici. Peccato che, mentre lo guardavo da piccola, avessi davanti pagine e pagine di divisioni in colonna bagnate dalle lacrime. L’efficacia della trilogia consiste proprio nel raccontare l’entrata nell’adolescenza, mascherata da costumi, canzoni e balli. Il momento clou del primo film è proprio l’iconica scena nella mensa in cui i personaggi cantano “Status Quo”, confessando i propri sogni con orgoglio e rispondendo al ritornello «If you wanna be cool follow one simple rule, don’t mess with the flow, you know, stick to the status quo!». Facendo tanti piccoli passi avanti rispetto ai film per adolescenti precedenti, High School Musical guadagna successo in pochissimo tempo e, ancora oggi, tutti voi avrete sicuramente cantato i versi citati sopra.
Moordale Secondary School
La scuola di cui avevamo bisogno (leggete senza timore, nessuno spoiler)
Se qualcuno non se ne fosse accorto, vi avvisiamo noi… ormai settembre è arrivato e già finito, e anche Netflix ce lo ricorda. Il 17 settembre, insieme a più di 5 milioni di ragazzi italiani, sono tornati tra i banchi i protagonisti di Sex Education, serie TV firmata Netflix. Nel 2019 abbiamo incontrato per la prima volta Otis e Maeve, due adolescenti che si sono messi in affari fondando una clinica nei bagni della scuola per dare consigli su amore e sesso ai propri compagni disperati. Nella seconda stagione, avevamo lasciato la Moordale Secondary School dopo uno spettacolo che le è costato la fama di “scuola del sesso” della Gran Bretagna. In questa terza stagione saranno presi provvedimenti che minacciano la libertà degli studenti, che però hanno imparato a non stare con le mani in mano. Perché Sex Education ha avuto così tanto successo? Perché finalmente ci viene presentata una scuola diversa da quelle a cui siamo abituati, pur non abbandonando alcuni elementi tipici del teen drama, come il ricco e il povero, il popolare e lo ‘sfigato’. Netflix si spinge un po’ più in là per abbattere l’insormontabile tabù del sesso, in particolare dell’educazione sessuale nelle scuole. Dai primi secondi si capisce subito quale sarà il tema portante di tutta la serie, ma la vera qualità si ritrova nella delicatezza e naturalezza con cui hanno trattato argomenti che raramente vediamo in TV: sessualità delle persone con disabilità, esperienze sentimentali degli adulti, la fecondazione assistita, malattie e tantissimi altri. Dietro al sesso, gli autori analizzano e promuovono l’accettazione di se stessi, del proprio corpo, delle proprie capacità e identità. La Moordale è la scuola di cui avevamo bisogno, che accoglie la diversità e con orgoglio insegna ai giovani studenti a sostenere i propri valori, sempre attraverso il dialogo e la gentilezza. Jean, sessuologa madre del protagonista Otis, diventa una sorta di terapeuta anche per noi che guardiamo la serie e ci ripete all’infinito che “questo deve essere uno spazio sicuro e di condivisione”, uno spazio in cui non sentirsi né giudicati né sbagliati. Con la giusta dose di trash e di ironia Sex Education cerca di sensibilizzare il più possibile, grazie alla creazione di personaggi complessi e vivi con cui si entra facilmente in sintonia. Qui nessun personaggio è veramente negativo, ognuno viene svelato piano piano attraverso gli episodi per darci la possibilità di capire le sue azioni e scegliere liberamente se condividerle o meno.
Se ancora non avete avuto l’occasione per guardare Sex Education, date un’occasione a questi ragazzi e schieratevi con loro per difendere la loro scuola.
Alla fine andare a scuola non è così male, dobbiamo solo stare attenti a coglierne la magia, la musica e i colori.
Buon anno a tutti voi, cari studenti (e anche a te, cara scuola).
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