Qualche anno fa, vagabondando senza aspettative tra gli scaffali della libreria più vicina a casa, ho raccolto il libro più anonimo che mi si potesse presentare davanti.
Sottilissimo, color panna, senza alcun accenno di trama, senza alcuna nota biografica dell’autore. Unico segno identificativo era il titolo nero e modesto sulla copertina morbida. Franny e Zooey, J.D Salinger.
Ed è proprio dietro la copertina indifferente, fatalmente magnetica, che prende vita tutta la sensibilità nascosta e dirompente di questo romanzo geniale.
Franny e Zooey (1961) racconta una delle molteplici vicende della famiglia Glass. Due genitori, sette figli, eccentrica, atipica e complicatissima.
I protagonisti dell’azione sono, sorprendentemente, Franny e Zooey. la prima, una giovane e brillante ragazza in piena crisi esistenziale, dovuta alla lettura sconvolgente di un librettino spirituale, affiancata dalla presenza cinica ed elegante di suo fratello, Zooey.
Qualcosa, alla prima lettura del libro, non mi lasciava tranquilla.
L’atmosfera limpida ed i dialoghi surreali sono inseriti in situazioni descritte così dettagliatamente da poter appartenere ad un film, possibilmente di Wes Anderson.
“Eureka! Svelato il mistero”, penso. Mi si staglia davanti la curiosa rete di somiglianze tra una delle opere meno note di J.D Salinger, Franny e Zooey, appunto ed I Tenenbaum (2001), caratterizzato dall’espressività e dalla psicologia invalicabile dei personaggi, dalle inquadrature perfettamente simmetriche, i colori pastello e l’atmosfera sottilmente ironica che pervade tutti i film di Wes Anderson.
Prestando attenzione, infatti, è possibile riconoscere al volo il sottile gioco di parallelismi che intercorre tra le due opere: Franny e Zooey sono due fratelli, provenienti da una cosiddetta “famiglia di geni”, che in tenera età hanno partecipato al programma radiofonico Ecco un bambino eccezionale, crescendo con i vantaggi dell’essere considerati dei prodigi e con le aspettative e la solitudine che ne conseguono.
Analogamente, nella famiglia Tenenbaum, composta da due genitori e tre figli, spicca la prematura componente geniale: Richie (Luke Wilson) è un piccolo prodigio del tennis, Chas (Ben Stiller) è un precoce imprenditore, e per ultima, Margot (Gwyneth Paltrow), a mio parere il personaggio più affascinante di tutto il film, è una serissima e promettente drammaturga.
Tutto questo, sottolineo, nella più fragile delle età.
In particolar modo, ciò che rende plausibile e cristallina l’analogia tra le due opere, è il personaggio di Margot Tenenbaum.
Margot ricorda principalmente la Franny descritta da Salinger: il taglio dei capelli è proprio lo stesso, un caschetto preciso, «e occorre anche aggiungere che là sul divano, il sole, pur così sgarbato con il resto della camera, si comportava nel migliore dei modi. Brillava a pieno sui capelli di Franny, ch’erano nerissimi, molto ben tagliati», così come la pelliccia di orsetto rasato, da lei indossata quando incontra il fidanzato Lane alla stazione, e che caratterizza Margot in molteplici scene.
A proposito della scena alla stazione, la ritroviamo eccellentemente rappresentata ne I Tenenbaum nell’incontro tra Richie e Margot, con tutta l’aurea suggestiva e malinconica che emana lei ed i suoi occhi tristi truccati di nero, gli stessi malinconici di Franny.
Franny e Margot sono due personaggi studiati con estrema cura. Entrambe hanno una situazione famigliare bizzarra alle spalle, un silenzio impenetrabile che contraddistingue gran parte delle loro scene ed un’intelligenza sconfinata che forse, in parte, le porta a capire così profondamente il mondo, da abbandonarle con tanta amarezza difficile da spiegare.
Ma Margot somiglia anche a Zooey, soprattutto per il distacco che sembra provare nei confronti del mondo, come nella emblematica scena della vasca. Margot, infatti, ci viene proposta come spiccatamente solitaria, rinchiusa in bagno per giorni interi, immersa nella vasca, davanti ad un piccolo televisore, con le sigarette che fuma dall’età di 12 anni. È esattamente in questo modo che Salinger ci propone l’immagine di Zooey quando viene descritto per la prima volta, a fumare, immerso in una vasca, mentre viene disturbato da sua madre, che gli chiede di aiutare Franny ad uscire dal doloroso tunnel esistenziale nel quale è crollata.
In conclusione, uno degli elementi più forti che caratterizza Franny e Zooey e I Tenenbaum è proprio quella densa solitudine, che si espande dall’estrema segretezza di Margot, perfettamente riflessa in Franny e nella sua incapacità di comunicare chiaramente le proprie emozioni, una solitudine che troviamo incarnata anche da Zooey, giovane uomo che ha tutta l’aria di aver sofferto troppo e troppo intensamente per la sua età, arrivando ad accettare difficilmente qualsiasi coinvolgimento emotivo.
Le emozioni dei personaggi citati sono complesse da riportare. Tuttavia, Anderson è perfettamente in grado di smorzare ciò che potrebbe risultare pesante, rendendolo parzialmente ironico (“penso che Chas sia stato incredibilmente depresso”, “lo sono anche io”, “lo sei anche tu cosa?”). Sarebbe decisamente interessante decostruire queste emozioni ed analizzarle in modo accurato per comprenderle profondamente, e chissà, ritrovarcisi. Per questo credo sia giusto lasciare a chi è arrivato fino a qui la curiosità di andarle a smascherare e studiare personalmente.
Mi sembra quindi appropriato concludere con l’essenza di Franny e Zooey, che si concretizza e rispecchia parzialmente ne I Tenenbaum, racchiusa in una frase pronunciata dalla signora Glass durante il caratteristico bagno alla Zooey, “non capisco proprio a cosa serva sapere tante cose ed essere tanto intelligenti e così via, se non riuscite ad essere felici”.