Moderni controcanti
Così come ogni genere di evento storico, i conflitti armati hanno sempre ispirato, direttamente o indirettamente, artisti e intellettuali di ogni nazione e provenienza, dando vita a opere e manifesti culturali che hanno segnato la storia dell’umanità in misura non minore rispetto alle stesse vicende militari. Grazie forse all’immediatezza e alla popolarità che la contraddistinguono, è spesso stata la musica a farsi portavoce di una varietà di messaggi e punti di vista sui temi di guerra e pace, tra inni alla convivenza e alla solidarietà reciproca e tentativi di dare un senso agli orrori più inspiegabili.
A partire dagli albori della società fino ai giorni nostri, i musicisti di ogni epoca hanno lasciato tracce indelebili attraverso la propria opera, nella speranza che le proprie canzoni potessero fungere da monito, seppur inconsapevoli del fatto che la prevaricazione dell’uomo sul suo simile avrebbe continuato ad esistere, dopo la propria dipartita. Ecco allora come oggi, testimoni dell’ennesima escalation bellica, riflettere sull’elaborazione culturale, e in particolare musicale, dei conflitti militari, possa aiutarci a comprendere l’esigenza di un “controcanto”, che critichi e polemizzi gli eventi attuali nella speranza di un futuro migliore. Ho dunque scelto sei brani scritti dagli anni ‘90 ad oggi che esemplifichino cosa possa voler dire, nel contesto attuale, trasporre in note la guerra e la pace, ma soprattutto ispirare coloro che ascoltano a esercitare criticamente il proprio pensiero in relazione ad eventi e dinamiche così importanti.
1) Il mio nemico – Daniele Silvestri (2002)
Vi sono eventi che segnano una generazione e che sprigionano la propria forza ispiratrice per anni; scritto a seguito dei fatti del G8 di Genova e di quelli dell’attacco terroristico al World Trade Center di New York, questa canzone ne è un esempio. Notoriamente interessato a temi di rilevanza sociale, Silvestri scrive questo brano nel tentativo di esorcizzare l’eterno terrore umano nei confronti della violenza. Confrontandosi con l’eterna domanda riguardante il senso della guerra, l’autore prova a ricostruire la figura di un individuo che, posto di fronte al suo ipotetico assassino, tende a cercare, a sua volta, una motivazione che possa spingerlo ad attaccare per primo; da segnalare peraltro un’interessante citazione (“Sparagli Piero, sparagli ora”) da un altro brano dedicato alla guerra, La guerra di Piero di Fabrizio De André. Dietro all’apparente cinismo di espressioni quali “Finché sei in tempo tira/E non sbagliare mira”, però, pare nascondersi un secondo livello di lettura, rintracciabile a partire dalle osservazioni del combattente, che si rivelano essere sferzanti critiche mosse dall’autore nei confronti degli uomini al potere, effettivi “manovratori” delle truppe. Ecco allora che, mentre a scontrarsi sul campo sono gli uomini, il vero nemico – ovvero la classe dirigente – rimane nell’ombra, privo di divisa, intento a maneggiare “le carte Visa”, le proprie armi migliori. Il brano va quindi interpretato come una forte critica nei confronti del potere politico ed economico che fa dell’essere umano una semplice pedina sul campo da gioco, noncurante degli effetti devastanti delle proprie decisioni.
2) Lontano 2036 – Rancore (2022)
Così come esistono narrazioni musicali fantastiche, costruite ispirandosi a vicende belliche reali, può allo stesso modo accadere che, sfruttando la propria immaginazione, un musicista riesca a costruire un racconto, apparentemente realistico, a partire da un riferimento fantastico. Questo è il caso di Lontano 2036, singolo estratto dall’ultimo album del rapper Rancore; ben noto per la propria fantasia e per la propria capacità di dare vita a mondi alternativi -così ben strutturati da sembrare veri, il musicista romano si supera scrivendo una vera e propria lettera dal punto di vista di un uomo che vive nel futuro, alle prese con le conseguenze di un’ipotetica terza guerra mondiale, espansa fino a diventare una vera e propria guerra tra universi. Nonostante l’allontanamento da vicende reali, il rapper non intende però risparmiare una critica alla guerra che è, in questo frangente, ulteriormente imputata di “annullare” l’individuo non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico; a più riprese, infatti, viene ripetuto che “dire sì, dire no, è marginale”, in un totale smembramento della persona. L’espediente fantascientifico, comune peraltro alla narrazione che attraversa l’intero album, assume, dunque, un nuovo significato, in un’ottica di ribellione a qualsiasi limitazione della libertà individuale, prevaricazione alla quale l’anonimo mittente della lettera non può far altro che rispondere appellandosi al sentimento d’amore che lo lega alla sconosciuta destinataria, e che lo accompagna fino alla morte in combattimento.
3) Jenin – Dutch Nazari (2016)
Molte sono le storie che della guerra raccontano anche il lato quotidiano, che passa dalle sue ripercussioni sulla popolazione, alla coesistenza con la violenza; questo brano del rapper padovano, incluso nell’EP[1] Diecimila lire, si focalizza in particolare sull’ormai nota questione israelo-palestinese. Traendo ispirazione da un viaggio compiuto in loco, l’autore dipinge paesaggi ed eventi di vita quotidiana che rendono il pezzo “vivo” ed interessante, senza però evitare di rappresentare, sullo sfondo, la cruda realtà del conflitto. Scrivendo della città palestinese, infatti, Dutch sottolinea l’incombente presenza dell’istituzione autoproclamata di Israele; in un luogo e un tempo pervaso dalla sola e accecante luce del sole, “ora ci son barriere protette da checkpoint/e uomini coi fucili e le divise nere”, a testimonianza di una silenziosa invasione territoriale divenuta, col passare del tempo, una sorta di abitudine mal tollerata. Jenin è, dunque, il racconto di una pace solo illusoria e di un tempo scandito da scene di vita quotidiane interrotte dai ricordi dello scontro e dalla consapevolezza che nulla si sia mai davvero risolto (si immagina, ad esempio, che il padre di un bambino che gioca per strada venga rimpianto dalla madre da quando “senza preavviso/una bomba caduta dal cielo l’ha ucciso”). In fondo, però, la vita continua nella speranza di un’“umana solidarietà”, con la consapevolezza che “domani è un altro giorno, ci si vede qua”.
4) Il Bombarolo – Willie Peyote (2019)
Esistono opere in grado di rendere comprensibili anche gli atti che, a primo impatto, possono lasciarci attoniti, dando un senso a ciò che pare essere del tutto irrazionale. Ispirandosi all’omonimo brano di Fabrizio De André, pubblicato in Storia di un impiegato nel 1973, il rapper torinese Willie Peyote ha saputo dare nuovo spolvero a una narrazione popolare che stupisce per la sua capacità di entrare nella testa di coloro che perpetrano la violenza. La canzone, infatti, è costruita come un racconto autobiografico narrato dal punto di vista di un Bombarolo, ovvero di un individuo intenzionato a compiere un attentato terroristico; rispettando lo stile della versione originale, nonostante l’operazione di riscrittura del testo, Willie procede analizzando, dal punto di vista dell’attentatore, le ragioni del gesto, dimostrando un intento che va oltre la semplice condanna. La principale intenzione del brano è infatti quella di dipingere, nella maniera più oggettiva possibile, la dinamica terroristica – divenuta peraltro una piaga sociale negli anni di piombo italiani, di poco precedenti alla pubblicazione della canzone da parte di De André – andando a indagarne le reali intenzioni e le motivazioni, senza per questo ricadere in una banale giustificazione. Ecco allora che l’estrema conclusione si profila già a partire dalla condizione sociale dell’individuo, soggetto non solo a una serie di eventi negativi (dal suicidio del padre fino al licenziamento), ma anche al pregiudizio altrui, come si intuisce dai commenti a lui rivolti (“Tutta la famiglia è strana quindi per favore stai lontana”); egli stesso, dunque, non può far altro che scaricare la colpa della propria azione sulle istituzioni, responsabili della sua miserabile condizione sociale. L’invito è quello a considerare criticamente entrambe le versioni dei fatti; nonostante, infatti, il Bombarolo rimanga in tutto e per tutto colpevole, è innegabile come un gesto simile, da egli descritto come “un estremo sacrificio per gli altri” possa essere – almeno in parte – causato indirettamente da altri. Sebbene non sia dedicato strettamente ai temi del conflitto armato, dunque, questo pezzo rimane emblematico nella sua capacità di esaminare ogni possibile prospettiva, poiché, come detto dal Bombarolo, “quest’odio non è mio per inciso/è solo l’odio che mi avete iniettato e mi ha quasi ucciso”.
5) Zombie – The Cranberries (1994)
Talvolta accade che una canzone dedicata a una specifica problematica diventi un inno cantato ancora, a decine di anni di distanza, da coloro che ancora portano avanti le cause della lotta contro le prevaricazioni; è il caso di questo famosissimo brano della band irlandese The Cranberries, edito negli anni ’90 e ancora spaventosamente attuale. Il pezzo ha la precisa intenzione di esprimere una ribellione nei confronti della sanguinosa guerra civile che ha visto opporsi, per anni, i sostenitori della fazione indipendentista- che desiderava la scissione dal regno unito -e coloro che invece erano favorevoli alla permanenza del territorio sotto il dominio della corona inglese; in particolare, la band lo ha dedicato a due bambini rimasti vittime di un bombardamento nel 1993. Nonostante la relativa precisione del contesto entro il quale la canzone è stata concepita, però, essa è divenuta, nel tempo, un canto universale sotto cui si sono uniti tutti coloro che hanno protestato -e continuano a protestare- contro gli orrori delle guerre; grazie al suo testo evocativo e alle sue sonorità potenti e immediatamente riconoscibili, Zombie è divenuta una colonna portante della controcultura, in particolare quella espressa dai movimenti politici e sociali di carattere giovanile. Sfruttando le sonorità rock che li contraddistinguono, i The Cranberries sono infatti riusciti a lasciare il segno nella coscienza di chiunque li abbia ascoltati, riuscendo perfettamente nell’intento di rappresentare l’effetto della guerra sulle menti umane. Gli zombie evocati dal titolo sono, infatti, una metafora per l’intera umanità, profondamente segnata dall’evento bellico, dalle istituzioni politiche e militari, idealmente svuotate di ogni coscienza e logica, fino ai sopravvissuti alle violenze, eternamente traumatizzati. Si spiega, dunque, la forza espressiva di questa canzone, che continua a risuonare potente nonostante il passare del tempo e la scomparsa della cantante della band, Dolores O’Riordan, avvenuta nel 2018.
6) Resistere – La Rappresentante di Lista (2021)
È importante, infine, fare del passato una lezione universale, e cercare in ogni modo di ribadire l’importanza di voci che possano cantare all’unisono diffondendo un messaggio di pace e speranza per il futuro. Ecco allora che “Resistere”, brano della band La Rappresentante di Lista edito nell’album My Mamma del 2021, diviene il grido di gioia di chi non si vuole arrendere di fronte a niente e a nessuno; un urlo liberatorio destinato a risuonare per l’eternità, dando forza e vigore a coloro che vogliono “semplicemente” continuare a vivere nell’affermazione dei propri diritti e della propria libertà. Quasi a volersi introdurre nella tradizione di canti popolari contro la guerra, il duo palermitano scrive un pezzo potente ma anche incontrovertibilmente toccante; come in un moderno canto di trincea o in un inno di protesta, Francesca e Dario ribadiscono la volontà di creare un mondo nuovo, costruito sul semplice motto “No armi! No guerra! No violenza!”, senza dimenticarsi dell’esperienza reale della resistenza italiana che negli anni del secondo conflitto mondiale si è opposta alla dominazione nazifascista. Il risultato è un anthem in cui ognuno si può riconoscere nella propria primordiale voglia di esistere privi di ogni tipo di giogo e sopruso, liberi di esprimersi nella propria piena vitalità, affrontando man mano le difficoltà, anche con l’aiuto degli altri.
Occorre dunque fare propri i versi di questo brano, e lottare con ogni forza contro la violenza degli uni contro gli altri, nella speranza che il futuro possa riservarci un’esistenza pacifica, vissuta secondo i canoni del rispetto reciproco e della solidarietà:
«Voglio provare ad esistere La mia natura è resistere E non mi importa di perdere Quello che mi serve adesso è vivere.»
di Matteo Capra
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Guerra e pace
Editoriale · L’Eclisse
Anno 2 · N° 2 · Maggio 2022
Copertina di Laura Maroccia.
Hanno partecipato alla realizzazione di questo editoriale: Greta Beluffi, Oscar Benedetti, Matteo Capra, Michele Carenini, Anna Cosentini, Joanna Dema, Francesco Fatini, Eugenia Gandini, Marta Gatti, Chiara Gianfreda, Andrei Daniel Lacanu, Nikolin Lasku, Silvia Loprieno, Rosamaria Losito, Matteo Mallia, Valentina Oger, Alessandro Orlandi, Elisa Paccagnella, Luca Ruffini, Arianna Savelli, Tommaso Strada, Vittoria Tosatto, Marta Tucci, Marta Urriani, Francesco Vecchi, Adriano Zonta.