I manga hanno avuto una diffusione così ampia nella cultura pop contemporanea che oramai si sono sedimentati nell’immaginario comune con una precisa estetica: occhi tondi e grandi, espressioni esagerate e stilizzate, pose dinamiche e colori accesi. Tuttavia, dubito che in così tantə conoscano il nome di chi ha realmente originato questo fenomeno ed è stato fonte di ispirazione per generazioni a venire: Osamu Tezuka, “padre dei manga” (o, per alcuni, addirittura “dio dei manga”).
Nato nella prefettura di Osaka nel 1928 e cresciuto a Takarazuka, Osamu Tezuka dimostra fin da piccolo una particolare inclinazione per il disegno e una grande passione per il mondo naturale e degli insetti. A seguito di una fortissima micosi alle braccia durante le scuole medie (rischiando perfino l’amputazione), ma da cui poi per fortuna guarisce, Tezuka si convince che i medici siano persone straordinarie e, per questo motivo, consegue nel 1952 una laurea in Medicina all’Università di Osaka. In realtà, non eserciterà mai il mestiere di medico: già nel 1946, a 17 anni, disegna e pubblica il suo primo manga in assoluto: Il diario di Maa-chan. Le vignette raccontano le avventure quotidiane di un bambino di nome Maa-chan, una storia molto semplice e ancora lontana dai successivi lavori di avventura (La nuova isola del tesoro, 1947) e di fantascienza (Lost World – Zenseiki nel 1948, Metropolis nel 1949). Nel 1950, Tezuka prosegue con la sua serie di successi grazie a Kimba, il leone bianco per la rivista mensile di fumetti Manga Shonen: si pensa che la Disney si sia ispirata proprio a Kimba per la creazione de Il re leone, senza però riconoscere Tezuka come fonte primaria1.
Tezuka raggiunge l’apice della sua produzione fumettistica nel 1952 con la creazione di Astro Boy, che vanta un successo ineguagliabile nella storia del fumetto giapponese, anche per quanto riguarda l’impatto e la sua diffusione nel mondo occidentale. Dal fumetto viene ricavato anche un adattamento della Mushi Productions come serie televisiva nel 1963: è la prima a meritarsi l’etichetta di anime, grazie alle sue caratteristiche che diventarono distintive per il genere dell’animazione giapponese.
Protagonista è Atom, un robot con sembianze di bambino e superpoteri, costruito dal dottor Tenma, Ministro della Scienza, a seguito della morte di suo figlio Tobio in un incidente. Lo scienziato ha realizzato Atom affinché sostituisca il figlio in tutto e per tutto, ma col passare del tempo, si rende conto che quel robot non sarà mai “Tobio”. Allora, comincia a maltrattarlo in ogni modo e, dopo la morte del dottor Tenma, Atom viene preso sotto l’ala protettrice del dottor Ochanomizu, un collega di Tenma, che gli costruisce dei genitori, un fratello e una sorella. Da quel momento, Atom si batte per i più deboli e contro la criminalità, l’ignoranza e la cattiveria, in un mondo in cui esseri umani e robot convivono, ma non alla pari.
Effettivamente, in Astro Boy, i robot devono seguire delle leggi precise, che regolamentano il loro comportamento e convivenza con gli umani. Queste sono molto simili alle più famose Tre Leggi della Robotica ideate da Isaac Asimov: un robot non può recare danno ad un essere umano o permettere che questi riceva danno; un robot deve obbedire agli ordini degli esseri umani purché non vadano in contrasto alla Prima Legge; un robot deve proteggere la propria esistenza purché questo non contrasti con la Prima o Seconda Legge. In realtà, come spiega Tezuka in alcune vignette alla fine del primo volume di Astro Boy (edizione Planet Manga), lui stesso aveva già ideato una serie di leggi della robotica prima che Asimov pubblicasse le proprie. Difatti, all’inizio dello stesso volume, le leggi menzionate hanno una dicitura e numerazione leggermente diversa dalle Tre di Asimov. Grazie alle imprese e difficoltà che Atom affronta in Astro Boy, Tezuka si interroga su questioni morali e temi sociali, come la giustizia, la difesa dell’ambiente, cosa ci rende umani e tante altre.
Nel 1986, Tezuka torna momentaneamente al manga per bambini dopo circa vent’anni di lavori destinati a un pubblico adulto, pubblicando Atom Cat, brillante autoparodia di Astro Boy. L’editore J-Pop Manga, all’ultimo Salone Internazionale del Libro di Torino, ci ha gentilmente offerto una copia stampa del volume, parte della Osamushi Collection dedicata proprio al dio del manga. Il manga è composto da sette storie brevi, che si aprono con un paio di vignette tratte dal capitolo di Astro Boy che le ha ispirate.
Tsugio è un bambino che ama leggere le storie di Astro Boy e non ha molti amici, anzi, viene costantemente preso di mira dal bullo Gheddafi. Un giorno, trova un gattino abbandonato e decide di adottarlo, ma, quando i genitori gli ordinano di riportarlo indietro, Tsugio e il gatto (ovviamente chiamato Atom) vengono travolti da una macchina guidata da due alieni travestiti da umani, che, per salvare il gattino in fin di vita, lo trasformeranno in un robot dai poteri straordinari. Tra Atom e Tsugio, quindi, nascerà un legame di amicizia e protezione reciproca.
I temi cari all’autore ritornano, così come appaiono anche i suoi tratti stilistici ormai familiari: l’ironia, le citazioni anche metatestuali, i riferimenti alla società e alla cultura pop contemporanee. In particolare, i capitoli dedicati alla mamma di Atom e al malvagio gatto Mephisto propongono un discorso sul cosa ci rende umani (o, in questo caso, gatti), che non sottovaluta il pubblico di riferimento e riesce ad affrontare la questione con una mano delicata e un umorismo pungente . In questo senso, Atom Cat è probabilmente un buon punto di partenza per iniziare a esplorare l’opera di Tezuka.
L’altro grande tema prediletto da Tezuka è il pacifismo. Nell’opera La storia dei tre Adolf, pubblicata a puntate sulla rivista Shukan Bunshun dal 1983 al 1985, Tezuka non solo si afferma con forza contro la guerra, ma riesce a creare una storia con un profondo e complesso impianto narrativo, dando grande profondità alla psicologia dei personaggi attraverso il disegno, che perde ogni accezione di caricatura. Il titolo italiano (in giapponese sarebbe Messaggio ad Adolf) fa riferimento ai tre personaggi principali della vicenda: Adolf Kaufmann, figlio di un membro del consolato tedesco e di una donna giapponese, Adolf Kamil, figlio di panettieri ebrei emigrati in Giappone, e, ovviamente, il Führer. L’amicizia tra i due bambini e i sotterfugi politici che iniziano a scoprire si intrecciano con un terzo protagonista, che funge anche da narratore principale, ossia Sohei Toge: egli è un inviato giapponese per le Olimpiadi di Berlino del 1936 e deve scoprire chi ha ucciso suo fratello Isao, universitario di sinistra, senza lasciarne traccia, dopo che sono trapelate informazioni riservate riguardo a Hitler. Il ritmo concitato e l’ambientazione tipici del giallo e del thriller creano un grande coinvolgimento nel lettore, che non riesce a staccarsi dalla pagina, rivelazione dopo rivelazione.
“Con la stratificazione e la complessità dei suoi contenuti, I tre Adolf è la dimostrazione più autentica della portata culturale delle opere di Osamu Tezuka e della sua influenza non solo sui manga giapponesi ma sull’arte del fumetto tout court. Nondimeno, rimane una appassionata esplorazione della storia ebraica e della Shoah, che in campo fumettistico è paragonabile solo al graphic novel Maus di Art Spiegelman.”2
Il tema del pacifismo prorompe in Umani, sull’attenti!, pubblicato in Giappone nel 1967, anche questo offertoci da J-Pop. In questo manga distopico, l’incolore Taihei Tenka accetta di donare vita natural durante il suo seme allo scienziato Kuronushi Otomo, suo compagno nel disertare la guerra. Lo scienziato utilizzerà questo speciale seme, i cui spermatozoi presentano due code, per degli esperimenti di fecondazione in vitro che creeranno degli esseri umanoidi, asessuati e inclini alla cieca obbedienza: gli umani “neutri”. Ben presto, Otomo, in combutta con l’impresario Kizagami, avvierà una produzione di massa dei neutri, venduti come merce e usati come carne da macello in guerra (specie quella del Vietnam) o oggetti sessuali.
L’ossessione del Giappone post-bellico per i miracoli e i peccati della scienza è perfettamente riflessa nell’opera di Tezuka. I suoi personaggi si muovono sempre lungo la sottilissima linea che divide il progresso scientifico-tecnologico dalla disumanizzazione del presente: se Otomo, all’inizio, sembra un luminare interessato puramente all’aspetto rivoluzionario delle sue ricerche, ben presto l’avidità prende il sopravvento sui suoi ideali.
I neutri, pur ridotti a semplici “pezzi” prodotti in massa (non a caso, essi sono identici tra di loro), rivelano una coscienza di sé e una voglia di autodeterminazione strabilianti, che si esprime anche attraverso le espressioni di genere e di orientamento sessuale che alcuni di loro sperimentano nel corso della storia.
Anche questo aspetto risente della cultura dell’epoca, della rivoluzione sessuale e dei costumi, della nascita dei movimenti LGBTQ+ e della popolarità dei locali notturni con prostitute transessuali nel Giappone degli anni ‘60. Umani, sull’attenti! non può non ricordare il film di poco successivo Bara no Sōretsu (conosciuto in Italia come Il funerale delle rose o Funeral parade of roses), uscito nel 1969 per la regia di Toshio Matsumoto. La sessualità, in entrambe le opere, è centrale nella definizione del proprio io e Tezuka dedica numerose pagine alla riflessione sulle caratteristiche totalmente estrinseche del genere tradizionalmente inteso: non a caso, ai neutri viene assegnato alla nascita un ruolo “maschile” o “femminile”, ma essi oscillano costantemente e liberamente da uno all’altro (anche se alcuni dicono chiaramente di sentirsi donne o uomini). In questo, Tezuka si conferma un autore e un intellettuale incredibilmente moderno, capace di rappresentare discorsi che ancora oggi, in certi ambienti, sono impensabili.
La sessualità è anche il motore dell’istinto di ribellione degli umani e, forse, la risposta alla martellante domanda che permea la produzione del mangaka: cosa ci rende umani?
Ancora, com’è possibile credere nell’umanità, davanti agli orrori della guerra? È una domanda che tutti i giapponesi contemporanei di Tezuka, spettatori diretti dei disastri nucleari di Hiroshima e Nagasaki, si saranno sicuramente posti. L’autore, d’altronde, non risparmia vignette sarcastiche e accusatorie nei confronti delle classi dirigenti. Il suo umanesimo, da non scambiare né per buonismo, né per un precetto mistico-religioso di sorta, sembra riporsi principalmente nelle nuove generazioni, cui l’autore affida sempre la capacità di cambiare il mondo.
di Valentina Oger
Nata a Bologna nel lontano 2002, ha girato l’Italia (e, per dieci mesi, la Corea del Sud) prima di approdare al DAMS dell’Università di Torino. Generalmente è la meno socievole del gruppo – ha madre ligure e padre francese – e per L’Eclisse fa l’uccello del malaugurio. La sua ossessione principale è il cinema (per farla apparire basta dire davanti allo specchio “Martin Scorsese” otto volte e mezzo), ma è abbastanza eclettica: le sue ultime celebrity crushes includono Orson Welles, Magnus Carlsen, Farinata degli Uberti e Paul McCartney nel ’66. Ha tre gatti e molti dubbi.
di Vittoria Tosatto
Nata a Vimercate nel 2001 e cresciuta nei meandri della Brianza, frequento il corso di Lingue, Comunicazione e Media all’Università Cattolica di Milano, e ancora mi chiedo perchè ho scelto la vita da pendolare. Le mie “guilty pleasures” sono i musical, le aste e i libri che finiscono male. Assieme a Alessandro Orlandi gestisco la sezione di scrittura articoli, e spesso mi troverete a scrivere pezzi su letteratura, donne sconosciute della storia, e la cultura pop.