Qualche settimana fa ho avuto il piacere di visitare la Galleria d’Arte Moderna di Milano-altresì chiamata GAM-, e tra i lunghi corridoi pieni di opere magnifiche la mia mente ha iniziato a vagare tra le epoche. Non ho potuto fare a meno di constatare quanto gli standard di bellezza dei soggetti artistici siano variati nel corso dei secoli, a partire dal Settecento fino a Novecento inoltrato, e soprattutto ho potuto riflettere in merito all’impatto che questa variazione ha comportato per noi generazioni attuali.
Infatti, quello che oggi consideriamo canonicamente bello è esattamente frutto di un’evoluzione storica cominciata di per sé dagli antichi, imitata nel neoclassicismo ottocentesco e rinnovata drasticamente a metà Novecento. Ciò che ci è rimasto adesso è un miscuglio, un minestrone di rivoluzioni estetiche che, a seconda del contesto culturale e della società di riferimento, influenza milioni di menti.
Inizierei a sviluppare questa riflessione ripercorrendo da principio il percorso che mi ci ha fatto gradualmente giungere.
Ci troviamo al piano terreno della GAM, accolti da una riproduzione di Amore e Psiche. Niente di particolare, vi direte: una scultura che rappresenta in pieno il gusto settecentesco\ottocentesco, classici soggetti mitologici della cultura greca antica riscoperti ed idolatrati dalla società aristocratica dell’epoca. Sinceramente condividerei appieno il pensiero, sennonché, superate tre sale della mostra dedicata a Pompeo Marchesi, si arriva alla Maddalena.
In questa scultura in gesso del 1831, l’allievo di Canova scolpisce una graziosa dama adagiata su soffici cuscini ricamati. Alla visione di questo corpo e di questa rappresentazione di bellezza, la mia mente si è improvvisamente accesa.
Non è la classica donna robusta, dal bacino largo e dal seno prosperoso. Mancano i tratti stereotipici della donna fertile e benestante. Assistiamo alla riproduzione di una giovane (ad osservarla non più che diciottenne), con un naso alla greca e petto quasi puerile.
L’assenza delle caratteristiche tipiche della donna matura e fertile hanno iniziato a farmi notare un cambiamento non indifferente che si svilupperà nel corso di tutta la galleria, aspetto sul quale non avevo mai realmente riflettuto e che non realizzerò fino al termine della visita.
Facendo un leggero balzo, e giungendo alla terza sala del primo piano, si arriva alla Filatrice di Rudolph Schadow. Qui il pensiero inizia a prendere largo nella mente: questa donna è veramente più magra. Tonica. Seno pressoché inesistente, il viso tipico greco. Mi guardo intorno e divento consapevole del fatto che mi aspetterà esattamente questo nelle prossime stanze, tanto nei quadri quanto nelle sculture. “Forse in questo periodo i canoni di bellezza sono cambiati ed hanno iniziato ad avvicinarsi maggiormente alla svolta contemporanea”, ho pensato.
Le donne ritratte successivamente assumono lineamenti sempre più infantili o adolescenziali. Se da un lato può sembrare inquietante il fatto che lo standard di bellezza si trasformi in ‘più è giovane e acerba, più è bella e attraente’, dall’altro non possiamo non apprezzare il tocco fine e dettagliato delle sculture, come quella del Paolo e Francesca di Alessandro Puttinati, o ancora la Dea dei fiori di Francesco Barzaghi.
In questi due casi, osserviamo un corpo di per sé maturo, fatta eccezione per il petto. Possiamo constatare che, ormai, il seno abbondante non sia più rappresentabile, sia volgare ed eccessivo. Non va messo in mostra, ma nascosto.
Sarà in una delle ultime sale del primo piano, passata la Scapigliatura ed il Naturalismo, che si realizzerà il culmine della riflessione.
Mi trovo davanti alla scultura di Bassano Danielli, Ignara mali del 1911. Ecco rappresentata una ragazzina. Magrissima, quasi scheletrica, forse quattordicenne, ho supposto. In quel preciso istante, ho quasi potuto sentire una lampadina accendermisi sopra la testa: ovviamente è stata rappresentata così, era la moda.
Parliamo proprio di quella, dei costumi che caratterizzano ogni epoca, nel bene e nel male.
Mantenendo un tono di body neutrality, va messo in chiaro che ogni corpo è bello finchè sano e funzionante. Tuttavia, il tratto tossico di questi standard risiede nel farci rientrare le persone in modo forzato e malsano perché la società o la cultura di riferimento lo impone. A contribuire in questo, sotto un certo punto di vista, è colpevole anche l’arte.
Da sempre lo scopo degli artisti è stato quello di trovare un canone perfetto; persino i temi estetici del brutto o il disgustoso erano soliti essere rappresentati in una certa armonia e dolcezza per gli occhi. In questo modo, i soggetti artistici hanno finito con l’imitare inevitabilmente i fenomeni estetici dell’epoca, tanto in senso concettuale quanto in senso materiale.
Una volta l’opera con protagonista la “donna bella” per eccellenza, la rappresentava formosa e abbondante, segno di ricchezza e aristocrazia. Con l’andare degli anni la vediamo diventare puerile e giovane, segno di innocenza e purezza.
Arriviamo al Novecento, intorno agli anni Venti, quando bello equivale a magro. Molto magro. Il fisico ideale corrisponde all’attuale definizione di corpo a rettangolo, poche curve rettilinee,se possibile con caratteri androgini da ‘eterna adolescente’.
Inutile sottolineare l’utilizzo di farmaci per il dimagrimento, più cancerogeni che benefici, e l’incremento di disturbi alimentari che una moda simile ha incrementato. Non una novità, considerando come pochi secoli prima fosse molto in voga l’assunzione di vermi solitari.
Ma il motivo di questo balzo agli anni Venti è l’avvento dei primi media che hanno contribuito ad allargare la portata di questo fenomeno. L’arte diventa secondaria ed il cinema e le riviste si trasformano nei principali punti di riferimento culturali. Assistiamo all’espansione hollywoodiana e al boom di celebrities le quali, anche attraverso riviste come il sempre più rilevante Vogue Magazine, promuovono nuovi look, diete ed attività per migliorare il proprio corpo.
Saltando ancora di un decennio, la situazione inizia a cambiare ulteriormente. Infatti sarà così per tutto il periodo compreso tra gli anni Trenta e Sessanta, quando il corpo ideale diventa quello formoso, tendenzialmente robusto. Si realizzó un contesto dentro il quale si tendeva a sminuire tutte coloro che possedevano una corporatura geneticamente snella.
Stava a significare forse che una donna troppo magra non era abbastanza donna? Senza soffermarci troppo nelle epoche passate, rispondiamo secondo la nostra prospettiva attuale: nel 2023 assolutamente no.
Certo è che, prima di arrivarci, siamo dovuti passare attraverso l’apice della nocività degli anni 2000, quando l’heroin chic si afferma e diffonde globalmente. In sostanza le persone si trovavano ad essere più che magre – letteralmente anoressiche e malsane-, esteticamente somiglianti allo stereotipo degli eroinomani.
Perciò ringraziamo di essere adolescenti o adulti nel 2023 perchè, nonostante i quirk delle nostre generazioni, finalmente -anche grazie a noi- il mondo si è aperto all’idea di body positivity e body neutrality. In questo decennio il corpo ideale è un corpo sano.
Abbiamo sicuramente ancora tanta strada da fare, potremmo aprire enormi parentesi sulla chirurgia estetica, sui dibattiti inerenti ai corpi curvy, si potrebbe parlare dei pregiudizi vari basati sugli stili di vestiti che più piacciono a qualcuno.
Potremmo scrivere paragrafi infinitesimali sull’influenza dei media e degli influencer. Io invece ci terrei a soffermarmi sul concetto di accettazione.
Il famoso percorso della GAM da cui siamo partiti in questo articolo non mi è solo servito a visionare e ripercorrere la storia degli standard di bellezza. È stato un confronto tra mentalità. La contemporaneità in contrasto con l’antichità, senza necessariamente dover andare troppo indietro e prendendo in esempio proprio gli anni 2000, da un lato spensierati nella loro semplicità, dall’altro costretti ad una pressione mediatico-sociale molto gravosa.
Conosciamo tutti almeno un personaggio in grado di rappresentare appieno questa tossicità, esempio lampante ne è l’attrice Hilary Duff – protagonista di Lizzie McGuire, per chi non la conoscesse. Per anni, fu nel mirino dei paparazzi e dell’industria cinematografica, facendola cadere nel baratro dei disturbi alimentari “Sono ripresa dall’obiettivo, e le attrici sono magre. Era terribile” dice in un’intervista del New York Post.
Lei stessa si è esposta parlandone e, con Hilary, in molti hanno scoperchiato questo tabù. Grazie a questo siamo la prima generazione a capire l’importanza dell’accettazione, nel suo senso più esteso.
In questo decennio siamo diventati più sensibili e aperti, abbiamo scoperto tasti dolenti e ora combattiamo affinché un giorno chiunque possa accettare sé stesso nel corpo in cui si trova e non solo.
Finalmente il corpo bello è il corpo che ti permette di respirare, di esistere ed essere semplicemente te in ogni tua sfumatura.