Presso il Mudec (Museo delle Culture di Milano), dal 24 novembre 2021 al 27 marzo 2022, sono esposte le opere dell’artista Piet Mondrian (1872-1944). La mostra parte dagli esordi relativi al paesaggio, mostrando l’evoluzione artistica del pittore: dalla rappresentazione figurativa fino alla svolta verso l’astrazione.
La sua educazione artistica è influenzata soprattutto da suo zio Frits, che durante l’estate gli dava lezioni di disegno. Quest’ultimo fu allievo di Mauve, il quale è l’insegnante di Van Gogh ed esponente della “Scuola dell’Aja”. Influenzato dall’esecuzione realistica, dalla pennellata ampia e dalle sfumature di ocra e grigio, il primo Mondrian dipinge la campagna intorno al fiume Gein, con il cavalletto montato sulla bicicletta. L’artista olandese non è tanto interessato ad uno specifico paesaggio quanto al gioco di luce creato dagli alberi e dai riflessi nell’acqua.
A partire dal 1900, Mondrian abbandona progressivamente la rappresentazione fedele della natura per sperimentare attraverso forme e colori. Esemplare è Boschetto di salici vicino all’acqua, albero in primo piano a destra (1902-1904), in cui esplora la possibilità di ridurre il mondo che lo circonda alla sua essenza, rappresentando prima l’idea che l’oggetto in sé. Fondamentale è l’inserimento di elementi verticali (mulini a vento, alberi e fiori) rispetto all’orizzontalità del paesaggio d’Olanda, così come è apprezzabile l’interesse del pittore per i fiori; a proposito di ciò si esprime l’artista stesso: “Mi piaceva dipingere fiori: non mazzi di fiori, bensì un solo fiore alla volta, in modo da poterne esprimere meglio la struttura plastica”.
Dal 1908 il lavoro di Mondrian inizia a rivelare la sua esigenza di innovazione, trovando l’ispirazione nella teosofia e nelle novità artistiche provenienti dall’estero. Influenzato da Goethe, cerca di riprodurre la sensazione divina dell’effetto della luce, tentando di rendere visibile il divino nell’opera d’arte. Si reca dunque a Domburg, dove si dedica alla rappresentazione di fari, dune e paesaggi marini, avvicinandosi sempre più a quella che lui chiama essenza dell’immagine (di cui si è parlato in precedenza).
Nel 1912, per concentrarsi pienamente sulla sperimentazione nella propria pittura e anche per ciò che la vita notturna poteva offrire, Mondrian si stabilisce a Parigi. Qui è ancora sconosciuto ed inizialmente si ispira al Cubismo di Picasso e Braque; la tonalità grigia è dominante nei quadri di questo periodo. Tale orientamento lo porta a ridurre il proprio linguaggio espressivo a linee rette, colori primari e piani lineari. Siamo all’alba del Neoplasticismo, la cui opera prima e decisiva è Composizione con rosso, giallo e blu (1921), in cui si può osservare una analogia della struttura del dipinto con la musica jazz. Come fa notare lo stesso artista, entrambe le forme artistiche sono fortemente organizzate, ma lasciano spazio anche alla rottura e all’improvvisazione.
Dopo aver soggiornato in Europa grazie al suo successo, Mondrian si trasferisce definitivamente a New York – luogo della sua morte – alle soglie della Seconda Guerra Mondiale. Qui continua a dipingere ed assiste con piacere a inaugurazioni e concerti jazz (apprezza molto il boogie-woogie), dichiarando: “Che cosa il Neoplasticismo intenda con ritmo libero, contrapposto al ritmo naturale, lo si capisce un po’ ascoltando il jazz americano a cui si avvicina considerevolmente”.
Una menzione speciale va riservata al dipinto Devozione (1908). L’opera rappresenta una ragazza, della quale non si conosce l’identità, seduta mentre guarda un fiore. Si tratta della prima occasione in cui Mondrian utilizza colori non convenzionali, ad esempio la pelle colorata con sfumature di bianco, azzurro e rosso, creando così un’atmosfera psichedelica ed evocativa.