In ricorrenza dell’anniversario della sua morte (9 aprile 1882), vogliamo ricordare l’attività di Dante Gabriel Rossetti, una delle figure più poliedriche dell’età vittoriana (1837-1901). Infatti Rossetti non si limita ad esprimere la sua arte in condizione di isolamento rispetto alle altre personalità del periodo: dopo aver frequentato la Royal Academy di Londra, insieme a John Everett Millais e William Holman Hunt, si pone come padre del movimento artistico dei Preraffaelliti, che spazia tra pittura, poesia e critica.
Nel contesto della Victorian Age, marcata dalle complessità del “Victorian Compromise” (contraddizione tra “epoca del progresso”, con riforme e stabilità politica, e la “grande povertà”, l’ingiustizia e l’ipocrita perbenismo borghese) gli artisti Pre-Raphaelite (autonominati non propriamente mouvement, bensì brotherhood) appaiono per la prima volta nel 1848, in opposizione all’arte accademica della Royal Academy, ritenuta massimo canone estetico, da imparare e perseguire. I Preraffaelliti prediligono temi quali natura, poetica (soprattutto d’amore) e religione, mentre tra i maggiori spunti di ispirazione troviamo letteratura, leggende e, più generalmente, il passato (sia riguardo ai soggetti, sia riguardo a tecniche e uso di colori brillanti). È proprio alla tradizione che si lega la loro denominazione, che seleziona l’antichità fino al Rinascimento (Raffaello, appunto) come locus amoenus della migliore creatività.
Il critico John Ruskin (1819-1900), amatore dello stile preraffaellita, si definisce attratto da questa arte dei “pittori moderni” a causa della bellezza che emerge dalle loro opere, grazie alla compenetrazione di elementi graziosi e brutti, di realtà e simbolismo, che conferisce veridicità alle rappresentazioni. Infatti, scrive Ruskin, condannando l’arte accademica:
“The corruption of the schools of high art […] consists in the sacrifice of truth to beauty. Great art accepts Nature as she is, but directs the eyes and thoughts to what is most perfect in her. […] That beauty deprived of its proper foils and adjuncts ceases to be enjoyed as beauty, just as light deprived of all shadows ceases to be enjoyed as light.”1
Il contributo pittorico di Rossetti si manifesta soprattutto nei suoi ritratti femminili, raffiguranti sia donne contemporanee o di altre epoche (Monna Vanna, Aurelia, Monna Pomona), sia d’ispirazione mitica (Venus Verticordia, Persefone, Astarte Syriaca). Spesso si tratta di figure pensose, tra il tormentato e lo stizzito, riccamente agghindate da fiori e gioielli e caratterizzate dal pallore che, in epoca ottocentesca, è l’immancabile connotato della bellezza nobile.
Ma Rossetti non si caratterizza esclusivamente come pittore. Infatti, fin dalla giovinezza, dimostra un grande interesse verso l’arte della parola e scrive diversi componimenti.
In Sonnet definisce la poesia (più propriamente la forma del sonetto, da lui mantenuto canonicamente nei quattordici versi, ma con diversi schemi rimici) come a moment’s monument, memorial from the Soul’s eternity to one dead deathless hour2. Questa breve definizione è funzionale a suggerire la vena poetica dell’autore, focalizzata più sull’interiorità che sul mondo esterno, più sui sentimenti che su episodi concreti. In ciò egli riprende il filone introspettivo, ponendosi come liaison tra i poeti romantici inglesi di seconda generazione (Lord Byron, John Keats, Percy Bysshe Shelley), attivi tra la fine XVIII e l’inizio del XIX secolo, e i maudits francesi del XX secolo, tra cui figurano i simbolisti Rimbaud, Verlaine e Mallarmé, avviati sotto l’influsso del pensiero di Charles Baudelaire e la sua raccolta poetica Les Fleurs du Mal (1857).
Infatti Rossetti non si accomuna a Baudelaire soltanto per la quasi-gemellanza anagrafica (morto il 10 aprile il primo, nato il 9 dello stesso mese il secondo), ma anche e soprattutto per la forte ispirazione verso un Eros sensuale nel suo tormento e per il rapimento provocato da un senso di Bellezza unico quanto irrequieto, perfetto nella sua inquietudine: I Marked all kindred Powers the heart finds fair, scrive Rossetti nella poesia Love enthroned, contenuta nella raccolta The House of Life (in italiano: La Casa della Vita, pubblicato nella sua prima edizione nel 1984 da Stampa Alternativa):
Truth, with awed lips; and Hope, with eyes upcast; And Fame, whose loud wings fan the ashen Past To signal-fires, Oblivion’s flight to scare; And Youth, with still some single golden hair Unto his shoulder clinging, since the last Embrace wherein two sweet arms held him fast; And Life, still wreathing flowers for Death to wear3
Uno stilnovo imperniato di morte, il Dante petroso abbagliato da un’acerba speranza. È proprio sulla figura di Dante Alighieri che Rossetti concentra molti dei suoi studi, riesumando dalle celeberrime opere di Vita Nova e Divina Commedia materiale prezioso non solo per il proprio arricchimento culturale, ma anche per la sua produzione.
Tra i riferimenti al poeta trecentesco spicca Beata Beatrix (1872): opera pittorica ritraente proprio la Beatrice lodata da Dante. Attraverso di lui, vissuto più lungamente rispetto alla sua amata e rimasto molto sofferente a seguito della sua prematura morte, Rossetti concepisce l’opera anche in modo simbolico, riconoscendosi in Dante e connettendo al suo amore per Beatrice il proprio nei confronti dell’amata ormai deceduta: Elizabeth Siddal, alla quale appartiene il viso dipinto.
Altre opere d’ispirazione dantesca sono: Il sogno di Dante alla morte di Beatrice (1871), The salutation of Beatrice (1880-82) e Paolo and Francesca da Rimini (1855).
Nella storia del movimento dei Preraffaelliti, Elizabeth Siddal (1829-1862) non si ferma soltanto ad essere compagna (e successivamente moglie) di Rossetti. Infatti presto diventa una delle modelle predilette del gruppo, grazie alla sua particolare bellezza celtica, vista come ideale dai pittori; posa per Hunt e suo è il volto dell’Ophelia di Millais (1851-52, Tate Britain). Elizabeth si cimenta anche nei campi artistici, nonostante la mancanza di preparazione culturale e tecnica, impedita dalle umili origini della famiglia. Realizza diversi schizzi su carta, mentre le sue poesie vengono pubblicate soltanto postume, nel 1978 col volume Poems and Drawings of Elizabeth Siddal, Wombat Press, edito da Roger C. Lewis e Mark Samuels Lasner.
Nella sua produzione, dove spiccano gli stessi temi preraffaelliti di sentimento, malinconia e natura, non mancano i riferimenti alla tormentata storia d’amore con Rossetti, che passa attraverso l’astio riservatole dalla famiglia benestante di lui, i ripetuti tradimenti in perfetto stile “romantico dannato” e i problemi di salute. La donna muore all’età di 33 anni a causa di una dose eccessiva di laudano (sostanza stupefacente ottenuta dalla macerazione dell’oppio, utilizzata a fine medico). La versione ufficiale denota l’evento come accidentale, tuttavia questo rimane incerto, in quanto sembra che Siddal avesse lasciato un biglietto di addio a Rossetti, di cui lui si sarebbe presto sbarazzato per evitare scandalo.
O silent wood, I enter thee With a heart so full of misery For all the voices from the trees And the ferns that cling about my knees.4
Scrive, per esempio, Elizabeth (detta Lizzie) in A Silent Wood, esprimendo lo stato di disagio ed estraneità avvertito, con tutta probabilità, nell’ambiente di maggior elevazione sociale del compagno.
Can God bring back the day when we two stood / Beneath the clinging trees in that dark wood?5
O, ancora, nel componimento Love and Hate:
And thou art like the poisonous tree / That stole my life away.6
Alla morte di Elizabeth, Rossetti decide anche di seppellire nella sua bara un plico di poesie dedicate a lei, gesto del quale si pente presto. Una decina di anni dopo, infatti, il poeta riesuma il cadavere per recuperare gli scritti e poterli finalmente pubblicare.
Nel decennio finale della sua vita, Rossetti vede le sue condizioni di salute aggravarsi: inizia a manifestare disturbi psichici e, alterato dall’abuso di alcol e droga, arriva anche a tentare il suicidio col laudano. Muore all’età di 64 anni per una forma di paralisi, dopo aver lasciato alla storia l’importante testimonianza della sua Arte.
Note
- “La corruzione nella scuola d’arte accademica […] consiste nel sacrificio della verità in favore della bellezza. La buona arte accetta la Natura così com’è, ma dirige gli occhi e i pensieri verso ciò che le appare più perfetto. […] Questa bellezza spogliata delle sue proprie pecche e delle sue estensioni cessa di essere percepita come bellezza, così come la luce privata di ogni sua ombra cessa di essere percepita come luce.” John Ruskin, Modern Painters (1843), trad. Silvia Loprieno
- l sonetto è un monumento del momento, memoriale dall’eternità dell’Anima a una morta, immortale ora. – The Sonnet, Rossetti, vv1-3 trad. Silvia Loprieno
- Segnai le Potenze affini, che il cuore trova belle:
Verità, con temute labbra; e Speranza, con occhi levati in alto;
e Fama, le cui ali sonore accendono le ceneri del Passato
in segnali di fuoco, per spaventare il volo di Oblio;
E Gioventù, con ancora qualche capello d’oro
Cadente sulla sua spalla, dall’ultimo
Amplesso in cui due dolci braccia la strinsero forte;
e Vita, ancora a intrecciare fiori per vestire la morte – Amore in trono, Dante Gabriel Rossetti, trad. Silvia Loprieno
- 4. O selva silenziosa, io ti accedo / con un cuore talmente pieno di infelicità / a causa di tutte le voci provenienti dagli alberi / e dalle felci che si aggrappano alle mie ginocchia – A Silent Wood, Elizabeth Siddal vv1-4, trad. mia – prima pubblicazione: 1978, Poems and Drawings of Elizabeth Siddal, Wombat Press, Roger C. Lewis e Mark Samuels Lasner
5. Può Dio portare indietro il giorno in cui noi due eravamo in piedi / sotto agli alberi rampicanti di questa selva oscura? – A Silent Wood, Elizabeth Siddal vv13-14, trad. mia – prima pubblicazione: 1978, Poems and Drawings of Elizabeth Siddal, Wombat Press, Roger C. Lewis e Mark Samuels Lasner
6. E tu sei come un albero avvelenato / che porta via la mia vita – Love and hate, Elizabeth Siddal, vv15-16, trad. mia – prima pubblicazione: 1978, Poems and Drawings of Elizabeth Siddal, Wombat Press, Roger C. Lewis e Mark Samuels Lasner
Opere nella galleria immagini: Monna Vanna, Rossetti – 1866, olio su tela, Londra, Tate Britain; Aurelia, Rossetti – 1863, olio su mogano, Londra, Tate Britain; Monna Pomona, Rossetti – 1864. Acquerello e gomma arabica su carta, Londra, Tate Britain; Venus Verticordia, Rossetti – 1868, olio su tela, Russell Cotes Art Gallery and Museum; Persefone, Rossetti – 1874, olio su tela, Londra, Tate Britain; Astarte Syriaca, Rossetti – 1876-77, olio su tela, Manchester Art Gallery.
di Silvia Loprieno
Silvia Loprieno, al secondo anno della facoltà di Lettere Moderne all’Università Statale di Milano.
Comincio ogni presentazione su di me con la citazione di Oscar Wilde: «definire è limitare», che è soltanto un modo un po’ originale per giustificare la breve banalità del resto. Mi attrae tutto ciò che trovo particolare, tutto ciò che ritengo arte.
Scrivo da sempre per esprimermi ed esprimere concetti dalle aspirazioni filosofiche, concepiti dalla mia testa un po’ per caso.