La Regina del Silenzio di Paolo Rumiz è un romanzo pubblicato nel 2017 dalla casa editrice La Nave di Teseo a Milano.
Riassumere questo racconto in due parole è semplicissimo, così come è altrettanto semplice l’efficacia della storia: un’esperienza sinfonica.
Un re crudele, accompagnato dalla spietata madre, la regina, occupa con la sua “Armata del Silenzio” la terra dei Burjaki, un popolo umile e guerriero, fondato sulle proprie tradizioni e i propri valori ancestrali. La nuova e feroce regina instaura un regno fondato sul terrore: ogni tipo di musica viene vietata, gli strumenti musicali vengono banditi, perfino la pronuncia delle vocali. I Burjaki, che vedono cadere tutto quello che avevano costruito pezzo dopo pezzo, hanno bisogno del proprio canto per poter sopravvivere, ma ormai cantare non è più possibile; addirittura ai neonati viene nascosta l’esistenza della musica.
Così, un fulmineo malcontento e l’angoscia generale si diffondono nel Regno del Silenzio.
La sorte di questo popolo cambia quando Mila, la figura in cui si cela un inconsapevole desiderio di musica e la chiave per la salvezza, incomincia a manifestare la ribellione e lo spirito guerriero della giovinezza. Il suo talento indiscusso le viene trasmesso da un grande suonatore, Tahir il bardo, che le canta e suona dolci melodie fin da quando si trovava nel grembo della madre. Sarà proprio grazie al suo dono innato e all’aiuto di diversi personaggi, con le loro ferventi emozioni (come ad esempio Eco, il mago dai capelli bianchi che crea i suoni della terra), che Mila e il suo caro popolo si batteranno nel nome della libertà.
La prima impressione che ho avuto del romanzo è stata quella di leggere una fiaba: trama e personaggi semplici e diretti ambientati in luoghi e tempo immaginari, ritrovando, quindi, le caratteristiche fiabesche per eccellenza! Tuttavia, la differenza si trova nel lessico del racconto: seppur indirizzato ad un pubblico di preadolescenti e adolescenti, questo romanzo è ottimo anche per tutti quegli adulti che desiderano ricordarsi nostalgicamente le fiabe lette e ascoltate da piccoli da tempo dimenticate .
Inoltre, la bellezza e la purezza della narrazione sono dovute proprio all’autenticità, con cui ci viene offerta una storia colma di significati e di valori umani, quali l’amore, la nostalgia e la lontananza da casa che si riversano tutti nella musica, diventando la difesa di ciascuno di noi.
Questo romanzo ti fa sentire il profumo di luoghi lontani sia nel tempo che nello spazio e nelle tradizioni, eppure ti lasci avvolgere dolcemente dal suono della tambùriza e del violino, strumenti simbolo delle vicende.
Infatti, la musica è senza dubbio il centro della storia: essa viene dipinta come una melodia universale, capace di unire specie e genti diverse e di renderle un’anima sola, in mezzo alla grandezza e alla suggestività della Natura. Nella narrazione, in effetti, l’uomo si fonde perfettamente con il paesaggio descritto, creando una totale e vorticosa armonia.
Il tema portante del romanzo, ovvero l’impossibilità di godere di un privilegio quale il suono di una melodia, è facilmente conciliabile con i temi di due celebri opere: il divieto di possedere e leggere libri in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, e la più completa e totale soppressione della libertà di espressione e di pensiero in 1984 di George Orwell. Entrambi rappresentano il limite che non si dovrebbe mai e poi mai varcare, al di là del quale cessa di esistere la libertà individuale e inizia la repressione fisica e mentale causata dal regime. Allo stesso modo, nel personaggio di Mila possiamo scorgere i la voglia di ribellarsi a un regime oppressivo di Guy Montag e Winston Smith, i protagonisti dei racconti appena citati.
Il divieto a qualcosa (con cui la società odierna è abituata a vivere) non è altro che l’elemento da cui scaturisce la trama, il motivo per il quale figure semplici e a tratti, monotone, quali Mila, Guy Montag e Winston Smith, hanno deciso di ribaltare la propria condizione e diventare eroi e portavoce delle ingiustizie e ingiurie subite, con il fine di migliorare per sempre la vita di se stessi e degli altri.
Tu, lettore, che leggi da una prospettiva apparentemente lontana e diversa, sceglieresti la stessa strada? Accetteresti mai di rivestire il ruolo di guida in una battaglia che, forse, potrebbe essere già persa in partenza? La proiezione di se stessi e delle proprie esistenze nei personaggi e nelle vicende che si leggono sono in grado di farci riflettere, crescere e maturare, talvolta anche inconsapevolmente. Ed è proprio questo ciò che mi è rimasto della variegata personalità di Mila: la dolce audacia e la giusta spensieratezza che tutti noi dovremmo essere capaci di attuare nel corso delle nostre esistenze.
Infine, è inevitabile non ritrovare sfumature di questo nostro mondo nella storia qui presentata: un paese sradicato, famiglie distrutte, identità che mai più esisteranno, strappate per sempre dal suolo terreno in nome di un desiderio di potenza brutale, crudele e superficiale. Rumiz è riuscito a riassumere in tutto e per tutto un inno contro la violenza, invitando ad ascoltare la voce del proprio cuore e a superare qualsiasi tipo di limite.