«Rosa odorosa est»
Di maggio le rose son Sovrane non sol di roseti, ma pur di versi: di pace e di rivolta si fanno anche guardiane.
Nell’iconografia artistica – nel senso più ampio del termine, da quella poetica a quella musicale- maggio è rinascita e risveglio, della vita, dell’essere umano e della Natura. Nella Maggiolata di Carducci, «Maggio risveglia i nidi/ Maggio risveglia i cuori;/ porta le ortiche e i fiori/ i serpi e l’usignol»1, in quello di Caproni invece «al bel tempo di maggio le serate si fanno lunghe»2, mentre in Pascoli «non basta un fiore» a fare maggio, ma «quando tutto è in fiore»3. Di tutti i fiori nascenti, maggio è il mese delle rose, non solo perché effettivamente fioriscono in questo mese, ma anche perché, secondo il calendario liturgico, maggio è il mese mariano, e la seconda domenica del mese si celebra la festa della mamma, di cui la rosa è un simbolo. A tal proposito un poeta a me molto caro, Gabriel Garcia Lorca, scrisse quella che mi piace definire “una preghiera laica alla Vergine”, ovvero La preghiera delle rose. La rosa qui si fa quasi cosa umana dotata di una duplice natura: quella divina, che ne fa un fiore «eterno, supplica del destino […] fiore mariano, celeste e calmante», in grado quindi di portare salvezza e beatitudine a chi la riceve (in quanto, appunto, fiore della Vergine), ma anche quella carnale, una natura ancora intrisa di tutte le passioni umane:
Sono rifugio di molti cuori, sono stelle che provano amore, sono silenzi sfuggiti piano all'eterno poeta notturno e sognatore, e con vento, cielo e luce si sono formate, per questo nascendo hanno imitato il colore e la forma del nostro cuore. Sono le donne fra tutti i fiori, tepidi 'sancta sanctorum' dell'eterna poesia, neapori grandiose d'ogni pensiero, pissidi di profumo che azzurro il vento beve: cromatici sciami, perle del sentimento, ornamenti di lire, poeti senz'accento. Amanti profumate di dolci usignoli.4
Un testo in continuo crescendo, che si chiude in un distico che, nelle sue sensazioni, mi ricorda quel senso di appagamento provato da Dante, nel XXXIII Canto del Paradiso, con la piena comprensione del Mistero divino:
Rose, rose divine e belle, singhiozzate, siete fiori d'amore.5
Lo trovo un testo non solo commovente per la potenza evocativa delle parole scelte, ma anche molto coinvolgente, per la capacità di Garcia Lorca di rendere partecipe chi legge di quel profondo sentimento di devozione nei confronti del «fiore dell’amore». Mi sono sempre chiesta da dove derivi questa idea della rosa come simbolo dell’amore e della passione. Se vogliamo proprio partire dalle origini, dobbiamo attingere alla mitologia, ben narrata da Ovidio all’interno delle Metamorfosi. Nel Liber X, infatti, Ovidio ci racconta del noto mito di Venere e Adone. Lei, dea dell’amore, si innamora, sotto l’effetto di una freccia scagliatale contro da Cupido, di questo giovane di grande bellezza, allevato dalle ninfe Naiadi, che aveva la passione per la caccia. Nonostante le raccomandazioni della dea di prestare attenzione, in una di queste battute Adone venne ferito dal morso di un cinghiale, e così Venere, accorsa troppo tardi in soccorso del suo amato, vedendolo esangue, promise che avrebbe portato per sempre il lutto e che il sangue da lui versato sarebbe diventato «un fiore del suo stesso colore, come quello del melograno i cui frutti nascondono tanti granelli sotto il guscio elastico»6. In altre versioni del mito, sarebbe Venere a ferirsi per correre in suo soccorso, e quindi il sangue della ferita a cambiare il colore delle rose da bianche a rosse. Ovidio, quindi, vede la rosa come il frutto di un sacrificio d’amore. Non starò qui a farvi l’elenco o riportarvi versi di poesie e canzoni romantiche che seguono la solita, retorica narrazione delle rosa regalata come gesto romantico, attingendo ai più disparati erbari che illustrano i diversi significati delle rose.
Dal mito di Ovidio emerge infatti un aspetto nettamente più interessante: oltre che alla passione amorosa, alle rose è legato, in generale, anche un certo senso di sofferenza e malinconia. Era il 2007, e un giovane Simone Cristicchi metteva a tacere, per tre minuti, il pubblico di Sanremo con quella lettera commovente che Antonio, il protagonista di Ti regalerò una rosa, scriveva, dalla sua stanza di manicomio, a Margherita, una donna che si trovò per un breve periodo nella sua stessa struttura. Dalle parole di quella lettera emerge non solo una schietta denuncia delle vergognose condizioni dei manicomi, ma anche come l’amore sia stato, per l’uomo, un bagliore di vita in grado di farlo sentire vivo per la prima volta, da che ne avesse memoria:
Ti regalerò una rosa Una rosa rossa per dipingere ogni cosa Una rosa per ogni tua lacrima da consolare E una rosa per poterti amare Ti regalerò una rosa Una rosa bianca come fossi la mia sposa Una rosa bianca che ti serva per dimenticare Ogni piccolo dolore.
Con la promessa delle rose, Antonio prova a stupire Margherita, che nel frattempo, però, si è innamorata di un altro uomo. Nelle ultime righe della canzone troverà un altro modo, tragico, per “stupirla”: il gesto estremo, l’unico che pensa essere in grado di liberarlo dalla sua condizione di matto compatito dalla società. Le parole di Cristicchi mi ricordano le parole di un altro noto componimento di Garcia Lorca, la Canción otoñal, nel quale Lorca riflette su origine e natura del dolore:
Tutte le rose sono bianche, bianche come la mia pena, ma non sono rose bianche, è scesa la neve su di loro. Prima ebbero l’arcobaleno.7
Lo dice anche Guccini, nella nostra ormai nota Canzone dei dodici mesi, che le rose siano, più di altri fiori, dei cantanti e «dei poeti il fiore». Lo abbiamo visto con Lorca, lo abbiamo visto con Cristicchi, e lo vediamo anche con De Gregori che, in Rosa, rosae, una canzone poco nota del cantautore romano, parla di passione e della rosa come simbolo di esso:
Rosa che rosa non sei Rosa che spine non hai Rosa che spine non temi Che piangi e che tremi Che vivi e che sai Rosa che non mi appartieni Che sfiori e che vieni Che vieni e che vai
Spiegando la sua stessa canzone, De Gregori ci fa notare il perché la rosa sia proprio il simbolo della passione, in quanto, come la prima declinazione latina rievocata nel titolo (così come nel titolo del mio Almanacco rievoco quella frase topica che ci ponevano davanti come prima semplice prova di traduzione), «[la rosa] è singolare, plurale, dativo, genitivo, accusativo, vocativo. Si adegua a ogni variante»8. E la rosa è davvero un simbolo di passione, nonché di resistenza, da quella intellettuale a quella politica, soprattutto delle donne. Voglio raccontarvi due storie di resistenza, che vedono protagoniste rose e donne, di due periodi storici differenti, di due luoghi differenti.
Era il 1942, e in Germania l’unico luogo dove la cultura sembrava essersi salvata da ideali di nazionalismo, razzismo e arianesimo era l’università. All’Università di Monaco, un gruppo di cinque studenti del dipartimento di Lettere, ragazzi idealisti e dichiaratamente antinazisti, si unì all’insegna di pensieri improntati su letture costruttive e azioni volte a diffondere ideali controcorrente. Nacque così la Rosa Bianca, per opera dei due fratelli Sophie e Hans Scholl. Era un movimento dichiaratamente basato su valori cristiani, che portava avanti la non violenza e diffondeva le proprie idee attraverso volantinaggio, della cui diffusione all’interno dell’Ateneo era incaricata soprattutto Sophie. Ciò che diffondevano erano massime, animate dal loro motto, «la penna contro la spada»9. Il nome scelto potrebbe derivare dall’idea della rosa bianca come simbolo di purezza, ma anche dal suo significato come fiore della Vergine. La Rosa Bianca è recentemente tornata – o forse arrivata per la prima volta – all’attenzione comune, il 17 gennaio di quest’anno, giornata nella quale si è tenuta la cerimonia commemorativa, organizzata a Strasburgo dal Parlamento europeo, per David Sassoli, il presidente del Parlamento Europeo prematuramente scomparso a seguito di una malattia. La cerimonia è stata aperta, infatti, consegnando rose bianche a tutti i presenti, e la presidente della Commissione von der Leyen, nel suo discorso, ne ha spiegato proprio il motivo:
questo fiore, una rosa bianca, aveva un significato speciale per David. Da ragazzo, quando studiava a Roma, è stato a capo di un'associazione giovanile chiamata "La Rosa Bianca", die Weiße Rose, in memoria di quei coraggiosi ragazzi tedeschi che lottarono contro il nazismo. Per David Maria Sassoli le persone come loro erano modelli di vita. I loro valori erano i suoi valori. Antifascismo. Democrazia. Rispetto della dignità umana. David si è battuto tutta la vita per questi valori. Della Rosa Bianca ha parlato anche nel suo primo discorso da presidente di questo Parlamento. Queste le sue parole: "L'Unione europea non è un incidente della storia. La nostra storia è scritta sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sul loro dolore, sul loro desiderio di fraternità. Non siamo un incidente della storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l'antidoto alla degenerazione nazionalista." È proprio così: siamo davvero i figli e i nipoti di quella Rosa Bianca.10
La lotta di Sophie Scholl prima, di Sassoli poi, per il rispetto della democrazia e della dignità umana ci porta direttamente oltreoceano, a Lawrence, negli USA. Ricordiamo questa data: 11 gennaio 1912. È il giorno in cui venne organizzato uno sciopero generale dell’industria tessile ad opera delle donne che nel tessile lavoravano. A capo di tutte Clara Lemlich, una giovane sindacalista che aveva già organizzato, qualche anno prima, nel 1909, un altro sciopero, noto come lo “sciopero delle camicie”. Quello del ’12 va ricordato perché fu portato avanti principalmente dalle donne, che protestavano da un lato per un abbassamento della paga e delle ore di lavoro, dall’altro per le indecorose condizioni del luogo di lavoro, date dai vapori tossici emessi dalle acque utilizzate per colorare i tessuti che conducevano spesso a morte per intossicazione. È nota come la rivolta «del pane e delle rose», nome che gli venne dato prendendo in prestito le parole che Rose Schneiderman pronunciò a Cleveland di fronte alla platea delle Suffragette che rivendicavano il diritto di voto:
Ciò che la donna che lavora vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere – il diritto alla vita così come ce l’ha la donna ricca, al sole e alla musica e all’arte. Voi non avete niente che anche l’operaia più umile non abbia il diritto di avere. L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose.11
Lo sciopero ha ispirato una poesia, Bread and Roses, che venne pubblicata sul quotidiano The American Monthly in concomitanza dell’inizio delle manifestazioni, e messa in musica tanti anni dopo, nel 1978, per la combattente voce della balladier Judy Collins, con cui voglio chiudere questa mia lunga e densa riflessione. È un canto che mi sento di portare, visto che il Primo Maggio è passato soltanto da pochi giorni e che ancora si protesta per le stesse identiche motivazioni. Ne riporto giusto qualche verso:
Mentre avanziamo marciando, marciando, innumerevoli donne morte gridano nel nostro canto la loro antica richiesta di pane I loro spiriti sfiniti dal lavoro conobbero ben poco l’arte, l’amore la bellezza; sì, è per il pane che lottiamo… ma anche per le rose!12
… parlo tanto, non mi dire,
tra versi e canzoni,
tra emozioni e riflessioni,
al prossimo mese, tutto da sentire.
Note
- Carducci, G., Maggiolata, in Rime nuove, Zanichelli, Bologna, 1906.
- Caproni, G., Maggio, in Come un’allegoria, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 1936.
- Pascoli, G., È maggio, in Tutte le poesie, Newton Compton Editori, Roma, 2009.
- Garcia Lorca, F., La preghiera delle rose, in Poesie, Roma, Newton Compton editori, 1993.
- Ibid
- Vv. 734-36, Ovidio, Le metamorfosi, traduzione a cura di Scaffidi Abbate, M., Newton Compton Editori, 2013, p.671.
- Canción otoñal, dalla stessa edizione citata nella nota 4.
- Per il testo della canzone e le brevi parole dell’intervista rimando a: https://genius.com/Francesco-de-gregori-rosa-rosae-lyrics
- Per una storia più approfondita, rimando alla narrazione sulla Rosa Bianca di Historica di National Geographic: https://historia.nationalgeographic.com.es/a/rosa-blanca-resistencia-estudiantil-contra-reich_15388
- Discorso della Presidente von der Leyen in occassione della cerimonia commemorativa per il Presidente David Maria Sassoli: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/speech_22_392
- https://it.wikipedia.org/wiki/Sciopero_del_pane_e_delle_rose#Lo_slogan
- Qui riporto i versi in lingua originale per meglio apprezzarne il testo e il senso:
«As we come marching, marching in the beauty of the day,
A million darkened kitchens, a thousand mill lofts gray,
Are touched with all the radiance that a sudden sun discloses,
For the people hear us singing: “Bread and roses! Bread and roses!”»