Pellicola in maschera
Cos’è una maschera? Per millenni è stata uno strumento utilizzato in riti, celebrazioni o cerimonie. Utilizzata come artificio utile a camuffare, velare con una coltre di mistero e dubbio i connotati di colui che la indossa, è sempre stata pronta a regalargliene, per contro, di nuovi e credibili. Come incollata al volto del portatore, la maschera dona una nuova identità, una nuova pelle; lo sguardo di chi osserva il mascherato coglie un’unità difficile da sezionare. La carne, la fisicità dell’essenza del portatore si fondono con il materiale esotico, alieno del camuffamento, fornendo un’immagine organica. In queste circostanze, colui che vede non percepisce un corpo con l’aggiunta di un mascheramento ma un corpo mascherato: un’entità che si è fusa semanticamente con il significante visivo Maschera.
Siete mai entrati in sala, nella fervente attesa che le luci si spengano e il proiettore getti quel fascio luminoso carico di immagini, per poi scoprire che tutte le aspettative, lievitate nei giorni precedenti, non corrispondevano in alcun modo a quello che stavate osservando? Vi siete mai interrogati sulla natura dello scarto, che vi è talora, tra come il film si vende e ciò che è realmente?
Come nell’incontro con un mascherato dobbiamo considerare due fasi di approccio al prodotto cinematografico: la maschera, o l’aspetto promozionale-pubblicitario, e il corpo, e cioè il film stesso. Queste due fasi, in quanto legate da un rapporto di consequenzialità, agiscono esattamente come agirebbe un camuffamento adagiato su di un camuffato. Abbiamo dunque un rapporto con la pellicola filmica mediato, ri-semantizzato dalla maschera pubblicitaria, che la promuove fornendogli connotati nuovi e del tutto credibili. La maschera pubblicitaria non ci fa dubitare che il film che andremo a vedere sia effettivamente quello pubblicizzato perché noi percepiamo l’insieme maschera-corpo come un corpus unico, un’entità indivisibile. Su questa omogeneità visiva gioca il marketing pubblicitario puntando a fornire connotati quanto più accattivanti per un pubblico pagante, anche se questi spesso si discostano di molto da quelli effettivi dell’opera. Ecco, dunque, lo scenario illustrato dalla nostra domanda. Al momento del disvelamento, quando il ballo è finito ed giunto il momento di togliersi la maschera, lo spettatore rimane disorientato, confuso: aveva sempre voluto ballare con questo straniero dalla bellezza unica e singolare o con il principe azzurro?
L’industria cinematografica, in quanto industria, ha sempre dovuto fare i conti con una tensione interna tra due poli apparentemente opposti: la vocazione artistica dell’opera filmica che si viene a creare negli studios e la natura industriale della produzione che necessita una determinata sostenibilità economica. La scissione, e la successiva unione semantica, della maschera e del corpo filmico rispecchia questa tensione; risulta, quindi, naturale, ai miei occhi, che essa debba esistere almeno nel sistema economico-capitalista in cui siamo immersi. In tal senso, questo mio breve scritto vuole configurarsi come un’occasione per interrogarsi: quand’è che il divario tra maschera e corpo è troppo profondo? In quali casi esso deve suscitare la nostra indignazione?
Gli episodi di cronaca a riguardo non sono pochi e lasciano indubbiamente riflettere. Fino a che grado è lecito alterare il titolo originale nel processo di traduzione? È ammissibile incentrare un trailer su un attore o attrice che nell’effettività dell’opera appare solo per pochi minuti? Modificare il tono, l’atmosfera di un film, attraverso il montaggio del teaser o dei video promozionali, affinché questo sembri dinamico, emozionante, malinconico, romantico? E’ legittimo fare tutto ciò nonostante le intenzioni dell’opera e di chi l’ha pensata si discostino di molto da come il film viene presentato?
È evidente che una risposta univoca è di difficile individuazione. Siamo in un mondo in cui i poli della sicurezza si dissolvono, in un reame colorato non di neri e bianchi ma di tonalità di grigio, e dunque sono del parere che ogni caso vada analizzato nella sua peculiarità. Porsi il quesito, tuttavia, resta un elemento di analisi importante per capire in che misura siamo influenzati, dal discorso pubblicitario, ricordando che, quando le luci si spengono e il proiettore getta quel fascio luminoso carico di immagini e sogni, ci apparirà sempre sullo schermo una pellicola in maschera.