Le Chiese e gli Stati
Nel corso della storia, il rapporto tra potere temporale e religione è sempre stato complesso. Fino alla metà dell’Ottocento, la maggior parte delle istituzioni statali sono state profondamente legate alle istituzioni religiose. I sovrani erano legittimati a governare poiché avevano ricevuto l’investitura da parte del papa (per gli stati cattolici) o da un’altra autorità religiosa. Nel corso del Settecento, dopo la Rivoluzione francese, l’Europa è stata investita da un processo di secolarizzazione: il potere temporale e quello religioso, a un certo punto, sono entrati in collisione. Da una parte, si è assistito alla volontà da parte degli stati nazionali di affermare la propria sovranità a prescindere dalla confessione religiosa; dall’altra, la componente religiosa rimane motivo di esclusione sociale.
Tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, durante quel periodo definito dallo storico Koselleck “età sella”, in Europa e non solo, si sono formate le coscienze nazionali dei futuri stati indipendenti. In un mondo costituito prevalentemente da imperi, si sono sviluppati prodromi delle nazioni europee. In questo clima di rivoluzione, le diverse confessioni religiose si sono trovate a reagire alla secolarizzazione, proponendo movimenti di rinascita e rinnovamento.
Rispetto alla fede e alle istituzioni religiose, gli stati nazionali hanno adottato posizioni differenti: per alcuni la religione è diventata un elemento fondante e legittimante, come per la Polonia, mentre in altri è stato adottato un atteggiamento di rottura nei confronti dell’istituzione religiosa prevalente, come è avvenuto in Italia nei confronti della Santa Sede.
La Grecia, che nei primi anni del XIX secolo si trovava sotto il dominio dell’Impero ottomano, ha inaugurato la stagione delle indipendenze nazionali ottocentesche. Il movimento indipendentista greco è sorto nei circoli intellettuali nei primi anni del XIX secolo, i quali hanno promosso la nascita di uno stato greco indipendente che avrebbe dovuto ispirarsi all’Ellade classica. I greci moderni si consideravano discendenti diretti di quella Grecia antica, devota a divinità pagane. Le élite greche diffusero un sentimento nazionale e patriottico proprio a partire da una contrapposizione religiosa: da una parte gli eredi dell’Ellade, dall’altra i turchi di religione musulmana. In realtà i greci moderni di religione cristiana ortodossa avevano poco a che vedere con i greci antichi e con il loro universo religioso e mitologico. Si riproponeva l’antico scontro tra la Grecia, simbolo di civiltà e cultura, e il mondo barbaro, incarnato dagli ottomani. La Grecia è diventata indipendente nel 1830.
Il caso italiano è stato molto diverso da quello greco. Nonostante (o forse proprio per questo) l’attuale Italia centrale e Roma siano state nel corso dei secoli la culla del Cristianesimo e il simbolo del potere dello Stato Pontificio, il rapporto tra la Santa Sede e l’appena nato Regno d’Italia (1961) non fu pacifico. Già prima dell’unità nazionale, in Italia vi erano state proposte indipendentiste, oltre che una serie di tentativi di rivoluzioni, tutti fallimentari. Una delle figure di riferimento del Risorgimento italiano, Giuseppe Mazzini, considerava la questione religiosa alla base della costruzione di un’identità nazionale. Nei suoi discorsi non mancavano terminologie legate alla tradizione religiosa cattolica: le riassume il suo motto, – “Dio e il popolo”. La formazione di un pensiero nazionale avrebbe posto le basi per una nuova religione civile. Nonostante l’importanza della religione nell’ideologia mazziniana, l’Italia sarebbe dovuta nascere repubblicana, escludendo così la possibilità che la nuova nazione potesse essere guidata dal papa. Gioberti, considerato uno dei maggiori esponenti della corrente neoguelfa che si diffuse nell’Italia degli anni ’30 dell’Ottocento, aveva una visione differente. Secondo Gioberti, il discorso nazionale andava di pari passo con quello religioso: l’Italia si sarebbe dovuta configurare come una federazione di stati presieduta dal papa. A fondamento di questa corrente vi era sicuramente la vastissima diffusione della fede cattolica tra gli stati preunitari. Quando, nel 1846, è stato eletto al soglio pontificio papa Pio IX, il programma neoguelfo sembrava nutrirsi di nuova linfa: il papa, infatti, introdusse alcune riforme di modernizzazione della Chiesa ed era al neoguelfismo. A porre fine al questo progetto, oltre alla visione universalistica della Santa Sede, e stata anche la dichiarazione di guerra all’Austria da parte del Regno di Sardegna nel 1848. In riferimento alla dichiarazione di guerra, il papa si espresse in questo modo:
Ma siccome ora alcuni desidererebbero che Noi unitamente agli altri Popoli e Principi d’Italia entrassimo in guerra contro i Germanici, abbiamo ritenuto Nostro dovere dichiarare chiaramente e palesemente in questo solenne Nostro Convegno che ciò è del tutto contrario alle Nostre intenzioni, in quanto Noi, benché indegni, facciamo in terra le veci di Colui che è Autore della pace e amatore della carità, e per dovere del Nostro Supremo Apostolato Noi con eguale paterno affetto amiamo ed abbracciamo tutti i popoli e tutte le nazioni
La presa di posizione da parte di Pio IX ha messo definitivamente alla corrente neoguelfa.
Dopo la proclamazione dell’indipendenza nel 1861 i rapporti con la Santa Sede si sono complicati ulteriormente. L’obiettivo del Regno d’Italia era, infatti, la presa di Roma, che ha avuto effettivamente luogo nel 1870. Il contrasto politico tra il Regno d’Italia e la Chiesa cattolica raggiunge il suo culmine con la proclamazione del non expedit (1874) da parte del papa, un documento che suggeriva ai cattolici di non partecipare alla vita politica italiana. L’opposizione del papa al nuovo stato rappresentava un elemento di conflitto non solo con lo Stato pontificio, ma interno alla popolazione stessa, in cui il cattolicesimo era profondamente radicato. Da notare che, dopo l’Unità , in tutto il Regno d’Italia la costituzione adottata è lo Statuto Albertino, che all’articolo 1 recita:
La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.
L’Italia nasce, quindi, come uno stato cattolico, ma non è riconosciuto come tale dal massimo esponente della religione cattolica, il papa. I rapporti contrastanti tra i due stati hanno dato vita a quella che gli storici chiamano “questione romana” che verrà sanata – solo in parte – nel 1929, quando, durante il fascismo, verranno stipulati i Patti Lateranensi. Le trattative sancirono il riconoscimento reciproco dei due stati: nasceva lo Stato della Città del Vaticano.
Il rapporto tra l’Italia e la Chiesa è sempre stato un rapporto complesso, o quantomeno peculiare. Anche dopo la Seconda guerra mondiale, quando il processo di secolarizzazione in Europa poteva dirsi concluso e lo stato italiano si era dichiarato laico nella Costituzione, lo sguardo alla Santa Sede rimane una colonna portante della politica italiana: una delle forze emerse in seguito alla Seconda guerra mondiale che dominerà il panorama politico e culturale italiano per cinquant’anni è, infatti, la Democrazia Cristiana.
A distanza di più di cento anni dalla nascita degli stati nazionali in Europa, una nuova ondata di nazionalismo coinvolge l’Europa orientale e porta al crollo dell’Unione Sovietica. La Polonia rappresenta l’emblema del rapporto tra indipendenza nazionale, nazionalismo e religione. La forza e del cattolicesimo in Polonia è molto nota e il sentimento religioso caratterizza tutta la sua storia. Questa forte appartenenza alla fede cattolica farà da motore per la formazione di una Polonia indipendente.
La Seconda guerra mondiale era iniziata con l’occupazione della Polonia. Durante e dopo la guerra venne eliminata gran parte dell’élite nazionalista polacca, di fede cattolica. Da un punto di vista interno, il forte nazionalismo e una diffusa appartenenza e relazione con la Chiesa cattolica rendevano la russofobia ancora più diffusa. Per queste due ragioni, il controllo di Stalin non diventa mai completo. Le prime opposizioni al regime sovietico si hanno nel 1956 durante la rivolta di Poznan, ma Gomułka, leader del Partito dei lavoratori, propone un approccio “polacco” al socialismo per porre fine agli scioperi. A causa dei continui scioperi, il regime sovietico è costretto ad allentare i controlli e le violenze. Al termine delle rivolte viene liberato il cardinale Stefan Wyszyński, arrestato nel 195, senza processo, per essersi apertamente opposto al regime, e vengono stabiliti degli accordi con la Chiesa cattolica. Negli anni ’70 ci sono stati nuovi scioperi. Da questi emerge la figura di Lech Wałęsa, un elettricista polacco profondamente cattolico.
La svolta per la formazione della Polonia indipendente avviene nel 1978: per la prima volta, dopo 455 anni, viene eletto un papa non italiano. La scelta è ricaduta su un cardinale polacco, Karol Józef Wojtyła, che sale al soglio di Pietro con il nome di Giovanni Paolo II. Il papa,fermamente convinto che il comunismo fosse sull’orlo del collasso, ha attuato una politica vaticana più offensiva nei confronti dell’URSS rispetto ai suoi predecessori. La notizia è stata accolta con gioia dai polacchi e con preoccupazione dai sovietici essendo questi ultimi consapevoli del rapporto che univa gli oppositori al regime alla Santa Sede; l’elezione di Wojtyła ha infuso speranza nella popolazione profondamente cattolica. L’anno successivo alla sua elezione, nel 1979, il papa visita la sua patria. Il governo sovietico non può impedire la visita, tuttavia cerca di ridurne l’impatto mediatico. L’intervento del papa in Polonia è stato un’apoteosi: sono scesi in piazza ad ascoltarlo oltre 10 milioni di polacchi. Ai media russi e polacchi è stato impedito di mostrare le immagini della folla, e sono costretti a dare poca enfasi sul fatto. Nonostante la religione fosse fortemente osteggiata, il regime sovietico ha dovuto fare i conti una Polonia profondamente cattolica. Nuovi scioperi incendiano la Polonia nel 1980 e il regime è costretto a firmare 21 richieste, che hanno permesso alla Polonia di formare i sindacati liberi.
Nasce Solidarność, che porterà la Polonia all’indipendenza. Il sindacato cattolico viene guidato da Wałęsa. In questo clima, una delle figure più importanti della Polonia è il già citato cardinale Wyszyński, il quale incarna il simbolo del cattolicesimo polacco di quegli anni. A differenza di Wojtyła, il cardinale è convinto che il regime comunista non sia sull’orlo del crollo, e per questo ritiene necessario che si instauri un dialogo tra la Santa Sede, i polacchi e il regime. Nel 1981, i comunisti polacchi si trovano a dover arginare la diffusione di Solidarność, per cui viene ristabilita la legge marziale. L’anno successivo muore Breznev, e Walesa, che era stato arrestato, viene rilasciato. Nel 1983 il papa torna in Polonia e, come conseguenza, il mese successivo viene revocata la legge marziale reintrodotta nel 1981. I rapporti tra Solidarność e il regime si complicano ulteriormente: nel 1984 Popiełuszko , il cappellano del comitato, viene ucciso da alcuni esponenti del regime comunista polacco. Nel 1989 la Polonia vota alle elezioni semilibere per il senato e la camera: Solidarność ottiene il 99% dei seggi disponibili (il 65% dei seggi era riservato per statuto al partito comunista). Viene eletto come primo ministro della Polonia il filosofo cattolico Wazowiecki e nel 1990 Wałęsa diventa il primo presidente della Repubblica di Polonia. Molti storici attribuiscono all’elezione di papa Giovanni Paolo II un momento di svolta nella storia dell’indipendenza polacca, considerando la diffusione che la fede cattolica aveva nel paese.
Questi tre casi, quello greco e italiano, ma soprattutto quello polacco, mostrano la stretta relazione che la religione ha avuto nella formazione delle identità degli stati nazionali. La storia ci insegna che la questione religiosa non è esclusivamente culturale, ma eminentemente politica. La questione nazionale non si esaurisce nell’Europa dell’Ottocento, ma continua anche oggi. La nazionalità ha rappresentato e ancora rappresenta un motivo di conflitto e di scontro: basti pensare alla guerra in atto tra Russia e Ucraina. Il complesso rapporto tra identità nazionale e religione non riguarda solo il mondo cattolico ed europeo: negli stati mediorientali di fede musulmana non c’è una separazione netta tra potere religioso e potere temporale. Le minoranze religiose che si sono formate all’interno dell’Islam si sono intrecciate con la costruzione si nuovi stati e sono state motivo di scontro e di guerre. I conflitti in atto nel Medio Oriente, tra Palestina e Israele, ci mostrano come la componente religiosa non possa essere considerata un elemento secondario nella costruzione delle identità dei popoli. Se si guarda alla storia più recente, si nota che l’appartenenza ad una fede rappresenti un elemento di prima importanza nella legittimazione sia per gli stati nazionali già formati, sia per le popolazioni che ambiscono a diventare nazione.
Sitografia
https://www.raiplay.it/video/2019/04/Passato-e-Presente-Solidarnosc-2d407d2d-b8a1-48f8-99e1-8ad7f9284ba0.html.
https://www.vatican.va/content/pius-ix/it/documents/allocuzione-non-semel-29-aprile-1848.html.
https://www.quirinale.it/allegati_statici/costituzione/Statutoalbertino.pdf.
Bibliografia
CARACCIOLO, L., ROCCUCCI, A., Storia contemporanea. Dal mondo europeo al mondo senza centro, Le Monnier Università, Milano 2017.
di Marta Tucci
Dio è morto?
Editoriale · L’Eclisse
Anno 2 · N° 10 · Marzo 2023
Copertina di Maria Traversa e Laura Maroccia.
Hanno partecipato alla realizzazione di questo editoriale: Greta Beluffi, Matteo Capra, Michele Carenini, Anna Cosentini, Joanna Dema, Clara Femia, Eugenia Gandini, Marta Gatti, Chiara Gianfreda, Nikolin Lasku, Rosamaria Losito, Matteo Mallia, Erica Marchetti, Laura Maroccia, Giovanni Melli, Marcello Monti, Valentina Oger, Alessandro Orlandi, Matteo Paguri, Luca Ruffini, Arianna Savelli, Tommaso Strada, Vittoria Tosatto, Marta Tucci, Marta Urriani, Adriano Zonta.