Luisa Pasini e la sport-terapia
Per l’editoriale del mese di luglio, dedicato a Sport e Mente, non potevo non raccontarvi la storia di un’atleta straordinaria.
Luisa Pasini, infermiera dell’Ospedale San Matteo di Pavia, dopo un grave incidente automobilistico, ha dovuto affrontare la tetraplegia, riprendere in mano la sua vita e ricostruirla. Dopo la riabilitazione si è avvicinata alla handbike, una particolare bicicletta che si muove sfruttando la forza delle proprie braccia e che da anni è diventata il mezzo di uno degli sport più conosciuti per atleti diversamente abili.
Credo sia meglio lasciare che sia lei stessa a raccontarvi quanto lo sport possa cambiare la vita di una persona.
Salve Luisa, è un piacere poter fare una chiacchierata con lei! Per rompere il ghiaccio, come si descriverebbe in tre parole?
Ciao Eleonora, per cominciare ti direi che sono una persona forte, determinata e anche emotiva… e sensibile, facciamo quattro che è meglio!
Vorrei chiederle di raccontare ai nostri Lettori la sua esperienza sulla handbike: come ha iniziato, come si è approcciata a questa attività, a quali gare ha partecipato…
La mia carriera a livello agonistico è iniziata nel 2014, dopo un grave incidente autostradale, che ho avuto nel 2013. È iniziata un po’ per caso, a dire il vero, durante la mia riabilitazione in ospedale, in unità spinale. Diciamo che l’incidente mi ha stravolta e mai e poi mai avrei pensato di arrivare a riappropriarmi completamente della mia vita, né, tanto meno, di ricominciare a fare sport. Durante la riabilitazione, fortunatamente, contemporaneamente alla rieducazione fisico-motoria, mi hanno fatta avvicinare al concetto della sport-terapia e lì sono venuta a contatto con tante opportunità che lo sport offre ai disabili. Allora, il mio sogno era di ritornare a fare attività fisica all’aperto e così ho scoperto dell’esistenza dell’handbike: volevo assolutamente riuscire a rimettermi su una bicicletta per rivivere le stesse emozioni che vivevo prima, quando pedalavo in giro con gli amici, o anche quando andavo a correre.
Quando poi nel 2014 sono uscita dal centro di riabilitazione, per una serie di circostanze, sono venuta a conoscenza di una società sportiva appena nata, in provincia di Pavia, che cercava delle persone da reclutare per questa attività. Lì mi sono avvicinata a questo sport, un po’ timidamente, perché non avevo ancora la capacità di capire quali fossero le mie potenzialità. Devo dire che il Presidente della società mi ha spronato tantissimo, con la collaborazione di un atleta che viveva la mia stessa problematica da ormai diversi anni. Poi mi sono lanciata, ho iniziato a fare le prime gare: inizialmente era una sfida verso me stessa.
La prima gara si svolse proprio a Pavia, nella mia città. Questa cosa mi ha gasata molto perché, nonostante mi mancasse la preparazione, sono riuscita a raggiungere il mio primo obiettivo: ritornare a fare sport, anche se in un modo diverso da come lo vivevo prima. Ho vinto la mia prima maglia rosa. È stata un’emozione grandissima, con il sostegno della mia città e delle persone che conoscevo, che anche a distanza mi hanno sempre sostenuta. Ecco che da questa esperienza è nata in me una nuova passione.
Successivamente ho iniziato ad affrontare le diverse tappe del Giro d’Italia, poi il Campionato Italiano e, con il passare degli anni, siamo approdati a gare di livello internazionale. Sono stata vincitrice diverse volte della Maglia Tricolore e della Coppa del Mondo. Così mi sono addentrata nell’avventura dell’agonismo in handbike.
Posso immaginare la grande emozione ad ogni gara, ma intuisco che quella che l’ha segnata di più è stata senza dubbio la prima!
Sì, la gara che mi ha cambiato la vita è stata sicuramente la prima, perché è stata una forte emozione che mi ha dato e mi ha spronato tantissimo, mi ha aperto le porte verso il cambiamento, direi totale. Lì ho visto i miei limiti e le mie potenzialità, e questo mi ha fatto crescere molto, sia come persona che come atleta. Non mi sarei mai aspettata di diventare un’atleta a livello agonistico e di vivere queste esperienze, dal 2014 fino ad oggi. È stata una grande sorpresa positiva, che continua a stimolarmi ad andare avanti e a migliorarmi, sotto tutti i punti di vista.
Ha avuto un punto di riferimento che l’ha aiutata ad andare avanti nei momenti più duri? Qualcuno che ha seguito in questa avventura?
Direi senz’altro il mio compagno di squadra, Fabrizio Cornegliani. Anche lui è un ragazzo tetraplegico, ha avuto un incidente circa 15 anni prima di me, ed è lui che mi ha dato tanti consigli e soprattutto mi ha spinta a fare nuove esperienze. Al di là dei suggerimenti a livello sportivo, mi ha dato dei consigli di vita per migliorare la mia condizione fisica e mentale.
Senza dubbio trovare la motivazione è la strada vincente, ma spesso dobbiamo ammettere che mantenere la positività e l’energia per andare avanti non è per niente facile, nello sport come nella vita. Che consiglio darebbe a chi ha un obiettivo, ma si sente perso e senza motivazione?
Sicuramente direi di non arrendersi mai di fronte alle difficoltà. Perché è davanti agli ostacoli che incontriamo delle possibilità. Sì, direi questo: di continuare sempre a lottare e di non abbattersi nonostante piccoli o grandi imprevisti. Si possono sempre incontrare nuove strade per arrivare alle soluzioni. Il confronto con gli altri ci permette di capire quali sono i nostri limiti e punti di forza, per migliorarci e andare avanti con le giuste strategie nella vita, non solo a livello sportivo. Lo sport è un vettore verso il mondo intero, e ci permette di forgiare il nostro carattere e di migliorarci anche in ambito lavorativo e nelle relazioni sociali.
Oltre ad essere un’atleta, lei è un’infermiera dell’Ospedale San Matteo di Pavia. È stato difficile conciliare lavoro e allenamenti?
Sì, è stato molto difficile, e lo è tuttora, ma la chiave è appunto la motivazione che mi do per andare avanti. Il tempo per fare entrambe le cose, se si vuole, lo si trova. Sicuramente comporta grande fatica e sacrifici.
Anche io a volte ho dei momenti bui in cui dico “Non ce la faccio più” o “Forse smetto”, anche perché l’età si fa sentire e ci sono periodi in cui ti senti stanca, meno motivata… sono i momenti in cui facilmente abbandoneresti tutto. Invece, se ci si ferma a riflettere, si trovano sempre dei motivi per continuare.
Prima ci ha parlato della sport-terapia, potrebbe spiegare meglio di cosa si tratta e di come ha inciso sulla sua vita?
Si tratta di una terapia a livello mentale e fisico. Da un giorno all’altro la mia vita è stata stravolta notevolmente, direi. Lo sport, più che la riabilitazione in se stessa, mi ha dato un motivo per ritornare a sognare e potermi riappropriare della mia vita. Non è quella di prima, ma nonostante le difficoltà è piena di fantastiche soddisfazioni.
Tutto questo è anche dovuto ai benefici che lo sport dà al fisico, ad esempio aumentando i livelli di serotonina, che è il nostro doping naturale. Quando stiamo bene siamo più propensi a fare tante altre cose in più, ad andare sempre più in là. Per questo definiscono lo sport una sorta di terapia: fa bene al fisico e alla psiche.
L’importante è sempre avere degli obiettivi a cui mirare. Quali sono i suoi programmi per il futuro?
Quest’anno pensavo di raggiungere certi risultati che purtroppo sono sfumati. Il mio grosso obiettivo era di arrivare ai Mondiali, ma la cosa mi è sfuggita di mano. Di conseguenza l’anno prossimo punto a riconquistarli, per poter vivere questa esperienza, che sarà sicuramente bellissima. Aggiungerei anche uscire da questo periodaccio con la speranza di tornare come prima, spensierati.
Quanto ha influito la pandemia dovuta al Covid-19 sui suoi allenamenti?
Devo prima di tutto dire che tra novembre e dicembre mi sono ammalata di Covid: ho passato un mese piuttosto duro, ho perso l’allenamento fatto fino a quel momento, e da gennaio ho dovuto ricominciare da zero, perché le gare iniziavano ad aprile. In ogni caso, ho dato tutta me stessa per riprendere e migliorare, ma ho dovuto lavorare più del doppio. Di conseguenza è stato un periodo particolarmente faticoso e stressante, dovendo in ogni caso conciliare lo sport con il lavoro. Dovevo raggiungere determinati obiettivi, perché quest’anno mi hanno convocato in nazionale, con la promessa che se fossi migliorata ci sarebbe stata una convocazione per la Coppa del Mondo e poi per i Mondiali. Sono arrivata preparata alla Coppa del Mondo, ma non abbastanza per la tappa successiva. Di conseguenza ho ancora questa amarezza per essermi impegnata tanto, ma non a sufficienza per realizzare questo sogno. Punto all’anno prossimo, sperando che non ci siano più intoppi di questo genere, per poter arrivare più preparata alle gare e riprendermi i Mondiali.
Cosa direbbe alla se stessa del passato?
Alla Luisa del passato direi di continuare a credere ai propri sogni e di continuare ad andare avanti di fronte alle difficoltà. Perché la possibilità di superarle c’è e si trova sicuramente. Direi questo e nient’altro: mi darei la speranza di avere sempre questa motivazione che prima non pensavo di avere e che è affiorata, se vuoi, proprio “grazie” a questo incidente, che mi ha fatto scoprire una nuova me.
Per concludere vorrei anche ringraziare le persone che ho avuto accanto, perché senza di loro non sarei arrivata ad ottenere tutto questo. È vero che ci vuole determinazione personale, ma è anche importante riuscire a mantenere una rete di relazioni con le persone vicine. Ciò ci permette di avere sempre un sostegno e io, grazie a loro, sono riuscita a superare delle grandi difficoltà che se fossi stata da sola probabilmente non sarei riuscita a raggiungere.
Non c’è dimostrazione migliore dell’incredibile connessione che si instaura tra corpo e mente (che spesso tendiamo a sottovalutare). Quando la nostra mente si convince di poter arrivare a un determinato obiettivo, nessun ostacolo potrà mai mettere fine alla nostra corsa. Il segreto è riuscire a trovare in noi stessi la forza e il coraggio di fare il primo passo: nessun altro potrà farlo al posto nostro.
Personalmente credo che un bel modo per incamminarci verso la realizzazione dei nostri sogni più intimi sia quello di leggere e ascoltare storie di grandi esempi che prima di noi hanno provato sulla loro pelle cosa significa dover stringere i denti e non mollare anche quando la salita è troppo ripida. Per questo sono stata onorata di potervi raccontare la grande storia di Luisa Pasini e di trasmettervi la sua forza straordinaria, proprio come lei l’ha trasmessa a me.
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