Virgil Abloh: enfant prodige

Il 28 novembre 2021 si spegneva, a causa di una malattia tenuta privata e nascosta dalla stampa per anni, Virgil Abloh, direttore artistico di Louis Vuitton e amministratore delegato di Off-White, la maison da lui fondata. Con la sua prematura scomparsa a 41 anni a causa di una rara forma di cancro al cuore, il mondo della moda subiva un lutto senza precedenti, perdendo colui che veniva considerato da moltǝ il più grande designer dell’ultimo decennio.
È molto difficile riuscire a descrivere interamente la storia di Virgil Abloh nel mondo della moda, un mondo con il quale lo stesso Virgil è venuto in contatto per caso mentre studiava architettura a Chicago.
È altrettanto difficile, quasi impossibile, definire con esattezza l’impatto e la rilevanza che il lavoro di Virgil Abloh ha avuto sulla cultura contemporanea, fuoriuscendo dai confini della passerella, contaminando e facendosi contaminare dalla musica, dall’architettura e dal design di interni.
Possiamo, però, iniziare da una singola parola per riassumere un intero movimento che, proprio grazie al designer, ha acquisito dignità artistica agli occhi della critica interna; un movimento da cui è nata una generazione intera di creativi, che in Virgil Abloh ha visto un modello e un’icona: questa parola è streetwear.
Lo streetwear è quello stile di abbigliamento che viene comunemente descritto come appartenente e derivante dagli ambienti hip-hop e rap, in particolare dalla cultura dello skating. Si tratta di uno stile contraddistinto dalla portabilità dei suoi capi, principalmente t-shirts, felpe, jeans e sneakers, ma è anche uno stile di abbigliamento che è sempre stato considerato dall’universo della moda come marginale, esterno e non meritevole di prendere posto al tavolo con i designer “veri”, quelli delle fashion week e della haute couture. Tutto questo fino all’arrivo dirompente di Virgil Abloh.
La stretta connessione fra Virgil e lo streetwear affonda le sue radici così indietro nel tempo da essere irrintracciabile: Virgil era lo streetwear, così come lo streetwear è presto diventato sinonimo di Virgil Abloh. Per evidenziare questa vicinanza, possiamo citare uno dei momenti cardine della carriera del designer, che gli ha permesso di farsi conoscere dal mondo: nel 2010, fu nominato direttore creativo di Donda, l’agenzia creativa di Kanye West. I due erano collaboratori, ma soprattutto amici. La nomina giunse al termine di un anno passato come stagisti, con una retribuzione di cinquecento euro mensili, da Fendi, il brand con cui entrambi hanno imparato il processo creativo che sta dietro al capo di abbigliamento, studiando sul campo ogni ruolo di questa filiera produttiva – dalle fabbriche che lavorano le materie prime, al disegno, fino alla pubblicità. La direzione creativa di Donda permise ad Abloh di disegnare, con la collaborazione di Riccardo Tisci, attualmente direttore creativo di Burberry, la copertina di Watch the throne, uno degli album più importanti di Kanye West, che gli valse una nomination ai Grammy Awards. La stretta vicinanza di Kanye contribuì allo sviluppo di un’idea estetica, pesantemente influenzata dagli ambienti del rap americano, che diventerà il fil rouge di tutta la produzione di Virgil Abloh.

Il momento di svolta arrivò nel 2017, con una collaborazione storica: quella con Nike. Nel 2012, Virgil aveva fondato il suo brand Off-White, con sede a Milano. Presentava le sue collezioni ed era già un designer affermato, ma la collaborazione con un gigante dell’industria come Nike gli valse la carriera. Mai il mondo della moda si era avvicinato tanto al mondo streetwear, perciò, con questa collaborazione, i due universi poterono non solo toccarsi, ma addirittura abbracciarsi e fondersi. “The Ten” era il nome del progetto e prevedeva la destrutturazione e la ricomposizione di dieci fra i più iconici modelli di scarpa di Nike. Virgil Abloh seguì personalmente il processo e si occupò lui stesso di smontare pezzo per pezzo le sneakers, per poi ricomporle sotto nuova luce. Fu un successo colossale, un sold-out annunciato e previsto, probabilmente il momento più alto nella storia dello streetwear. Per la prima volta, il fashion system dovette prendere atto con questo fenomeno dilagante, coronandolo come meritevole di considerazione artistica e permettendo a delle sneakers di Nike di entrare a pieno diritto nel range del mercato di lusso.
La collaborazione portava a pieno compimento la visione estetica di Virgil, il quale sosteneva, ispirandosi al ready-made di Marcel Duchamp, che un nuovo design può essere creato cambiando solo del 3% l’originale.2
Nel marzo 2018, Virgil Abloh venne nominato direttore artistico della linea prêt-à-porter uomo di Louis Vuitton: è stato il primo designer nero a ricoprire questa carica nella maison francese. Il primo show della collezione primavera-estate del 2019, fu un momento dirompente, in quanto, Louis Vuitton, casa di moda antichissima e fortemente ancorata alle tradizioni, veniva di colpo trasportata in un mondo nuovo, che non le era familiare: la passerella si era trasformata in un lunghissimo arcobaleno, sul quale sfilavano skater e rapper, amici intimi di Virgil Abloh. La collezione era quanto di più lontano si potesse immaginare per un brand così tradizionalista e, fra il pubblico, proprio in prima fila, sedeva Kanye West, l’amico di una vita.
Dopo aver completamente ridefinito l’identità di una delle case di moda più antiche sul suolo europeo, Virgil Abloh avviò numerose collaborazioni esterne, tra le quali ricordiamo quella con IKEA, per cui disegnò complementi d’arredo. L’obiettivo era “nobilitare l’anonimo” e donare qualità e dignità artistica ad oggetti altrimenti considerati quotidiani e banali3.
Nel luglio 2021, LVMH, la multinazionale proprietaria di moltissimi brand, tra cui Louis Vuitton, acquisisce il 60% di Off-White, espandendo il ruolo di Abloh al di là della direzione creativa, rendendolo uno dei più potenti dirigenti del più importante gruppo del lusso del settore moda della contemporaneità.
Questa breve serie di episodi, tratti dalla carriera di Virgil Abloh, non vuole essere un riassunto sbrigativo di una carriera straordinaria, per quanto prematuramente interrotta, ma, piuttosto, un modo per rendersi velocemente conto della capacità artistica di questo personaggio. Nonostante questa evidenza, Virgil Abloh non era semplicemente un designer, in quanto egli aveva capito e messo in luce una caratteristica importantissima della società contemporanea: il talento artistico è fondamentale tanto quanto la rilevanza reale che questo talento ha sul mondo. Infatti, unǝ artista artisticamente mediocre, ma con grande impatto mediatico, verrà ricordatǝ molto più a lungo di unǝ artista ineccepibile, ma senza alcuna rilevanza: Virgil Abloh stesso ci dice “relevancy is my only metric”. In soli dieci anni, Abloh è riuscito a diventare una delle figure più importanti del fashion system5, non solo grazie ad una visione artistica rivoluzionaria, ma anche grazie ad una acutissima capacità di saper gestire il potere. Non ha mai fatto mistero di come egli stesso si considerasse non tanto un artista, che crea materialmente le sue opere, quanto, piuttosto, qualcuno che racconta la realtà contemporanea: il ruolo del creativo, trascendendo la disciplina di riferimento, non è mai posizionarsi al di sopra e giudicare la realtà, ma interagire con essa. Per interagire con la contemporaneità a livello artistico, è assolutamente necessario avere a che fare con la gestione politica ed economica di questa rilevanza e di questo potere. Proprio qui giace la rivoluzione più vera e profonda che Virgil Abloh ha lasciato al mondo: ha saputo sintetizzare l’arte con l’aspetto manageriale e finanziario, per quanto questa cosa possa far storcere il naso alla critica più purista. Nel 2021, l’arte, intesa come qualsiasi arte, è mercato, è politica ed è anche il vile denaro; lo stesso vile denaro da cui comunemente si prendono le distanze, quasi ad evidenziare come questo renda il processo artistico meno nobile, meno alto, meno puro e con la pretesa di renderlo quasi una formalità, come se non avesse niente a che fare con l’arte.
Con la morte prematura di Virgil Abloh, si è chiusa un’era che ci ha lasciato molto e da cui abbiamo imparato molto. Si è chiusa l’era dello streetwear, che già mostrava i suoi primi cenni di cedimento, per lasciare spazio a qualcosa di inedito. Il lavoro di Virgil rimane scarsamente celebrato, in quanto sono ancora poco calcolabili gli effetti che ha generato sull’industria più chiusa e meno inclusiva del mondo, ma siamo certǝ che la sua arte sarà ricordata e resa immortale.
Bibliografia
1 Approfondimento sul rapporto fra Nike e il mondo della moda (https://www.fastcompany.com/3068182/how-nike-became-a-fashion-powerhouse)
2 A proposito del rapporto fra Virgil Abloh, Marcel Duchamp e la storia dell’arte in generale segnalo questo articolo (https://www.theartnewspaper.com/2021/11/29/bauhaus-baroque-and-marcel-duchamp-virgil-ablohs-life-in-art).
3 Il sito web di IKEA illustra adeguatamente la collaborazione (https://www.ikea.com/it/it/new/collezione-in-edizione-limitata-markerad-pub039b6a31).
4 Questo articolo di NSSMagazine aiuta a comprendere questo concetto sul pensiero di Virgil Abloh (https://www.nssmag.com/en/fashion/27072/virgil-abloh-creativi-contemporanei).
5 Articolo di approfondimento a riguardo (https://www.nytimes.com/2021/07/20/style/virgil-abloh-lvmh-off-white.html).
di Luca Ruffini
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