Ciao, Raffaella
Addio in dieci canzoni (e aneddoti)

Sono molti gli artisti che lavorano nel mondo dello spettacolo come attori, presentatori, cantanti o ballerini, e molti sono quelli che riescono a entrare nel cuore del pubblico, restando nella memoria collettiva. Quanti di loro raggiungono, però, lo status di icona? E quanti come attori, presentatori, cantanti, ballerini E autori televisivi, facendosi notare anche all’estero?
Non è un caso se, prima della semifinale degli Europei al Wembley Stadium, la Nazionale ha chiesto e ottenuto di potersi riscaldare sulle note di A far l’amore comincia tu; non lo è nemmeno la decisione del Consiglio Comunale di Madrid di intitolarle una piazza, mentre in Italia, come al solito, ci abbiamo messo un po’ più di tempo. Qui si parla di un’autentica professionista, una donna capace di distinguersi per talento e determinazione, forse anche grinta, se pensiamo al contesto lavorativo e sociale in cui la sua fama – meritatissima – è esplosa: ricordiamoci che in Italia, negli anni Settanta, era ancora aperta la questione del divorzio, per dirne una. Non è affatto un caso, dunque, se Raffaella Carrà verrà ricordata non solo come la regina della televisione italiana, ma anche come uno dei simboli della rivoluzione socioculturale che da quarant’anni continua, inflessibile, nonostante una lunga serie di ostacoli. Attraverso il piccolo schermo, la Carrà ha intrattenuto, meravigliato e ispirato generazioni di spettatori, dimostrandosi un’artista a tutto tondo, dagli esordi nel cinema, durante gli anni Sessanta, ai varietà trasmessi sul Programma Nazionale (il primissimo nome di Rai Uno), che nel decennio successivo la consacreranno agli occhi del pubblico.
Non solo gli occhi, però. Il varietà è, per definizione, “uno spettacolo di arte varia” costituito da diversi tipi di esibizioni, tra cui balli e canzoni e, per estensione televisiva, sigle di apertura. Il mito di Carrà, nato proprio dalle coreografie eseguite durante le sue trasmissioni, si sviluppa parallelamente con la sua carriera musicale, grazie a brani che hanno superato la prova del tempo. Diamo allora uno sguardo a dieci di queste canzoni e ai loro retroscena.
Ma che musica maestro (1970)
Sigla iniziale dell’ottava edizione di Canzonissima, varietà che prevedeva una gara di canzoni e che, tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, contribuirà a lanciare numerosi classici della musica leggera italiana. Quest’edizione viene ricordata, tra le altre cose, per aver mostrato per la prima volta un ombelico sulla televisione nazionale: Raffaella Carrà, che oltre a presentare il programma insieme a Corrado cura anche la coreografia del balletto d’apertura, indossa un completo bianco costituito da pantaloni lunghi e un top a collo alto che lascia la pancia scoperta; non passa molto tempo prima che “lo scandalo” sia sulla bocca di tutti. Ma che musica maestro è anche il suo esordio discografico, che da subito si impone nelle classifiche, rimanendovi per tre mesi, fino a conquistare il secondo posto.
Tuca Tuca (1971)

Brano famosissimo, al pari del balletto omonimo, che descrive. La coreografia di Don Lurio (quello che portò le gemelle Kessler in Italia, per intenderci) vede la Raffa Nazionale ed Enzo Paolo Turchi alternarsi in un gioco-ballo che lancia continue e velate provocazioni alla mentalità conservatrice del pubblico medio. Dopo l’ombelico, è la malizia nell’occhio di chi guarda a essere tirata in causa, con il testo della canzone, cantato dal punto di vista di una donna che prende l’iniziativa nel corteggiamento, e con i movimenti della coreografia, che prevedono degli sfioramenti sospetti, ma a conti fatti innocenti.
Rumore (1974)
Uno suoi dei maggiori successi, tanto da essere tradotto e cantato in inglese (Get Movin’), francese (Lumière) e spagnolo (Rumores). Il testo è semplice, ma d’impatto: la storia di una donna che, sola in casa, viene spaventata da un rumore improvviso e vorrebbe, per un istante, riavere la sicurezza di una relazione a cui lei stessa ha messo fine. Tre minuti e mezzo di disco music all’italiana che esprimono un forte contrasto interiore, un’inquietudine data dalla consapevolezza che, per una donna, essere indipendente vuol dire cavarsela senza la protezione (e talvolta il peso) di due spalle larghe e una voce virile, rinunciando quindi a una struttura sociale solida, per quanto sbilanciata; Rumore è la melodia di un effetto collaterale della lotta per la parità tra i sessi, cioè la mancanza di certezze a cui appoggiarsi nei momenti più incerti.
Felicità tà tà (1974)

Registrata anche in spagnolo con il titolo di Felicidad da da, è la sigla di apertura dell’ultima edizione di Canzonissima, che giunge al capolinea con la vittoria di Un corpo e un’anima del duo formato da Wess e Dori Ghezzi, la futura signora De André; a chiudere le puntate, un’altra canzone celebre, E la vita, la vita di Cochi e Renato. L’ultima Canzonissima vede per la prima volta in televisione niente popò di meno che Massimo Boldi, all’epoca ventinovenne.
Forte forte forte (1976)
Scritta da Cristiano Malgioglio (prima che adottasse l’iconico ciuffo bianco), Forte forte forte racconta, in poche e decisive parole, la passione tormentata di una donna che ama e, allo stesso tempo, quasi odia l’uomo che ama. Questo singolo è stato remixato nel 2015 da Bob Sinclar (Forte) e utilizzato per l’omonimo talent show, del quale Carrà è stata giudice, nonché autrice, che si proponeva di formare un nuovo “tuttofare” televisivo, in grado di cantare, ballare, recitare e presentare. A causa dei bassi ascolti, le puntate del talent passarono da dieci a otto, un risultato amaro per l’ultimo programma di intrattenimento che ha visto la sua partecipazione.
A far l’amore comincia tu (1976)
“Se lui ti porta su un letto vuoto, il vuoto daglielo indietro a lui/Fagli capire che non è un gioco, fagli capire quello che vuoi!”: A far l’amore comincia tu potrebbe essere definito come un “seguito” del Tuca tuca, ma più audace e spregiudicato. È un enorme successo per Carrà, al punto da entrare nella top ten britannica ed esibirsi nello storico programma Top of the Pops, ma la sua popolarità non si spegne col passare del tempo: il remix di Bob Sinclar, Far l’amore, diventa l’inno del Gay pride del 2011 e, due anni dopo, viene inserito nella colonna sonora de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Di questa canzone esistono numerose versioni in altre lingue, tra cui il turco.
Fiesta (1977)
Singolare eccezione per la discografia della Carrà, in quanto la versione spagnola è molto più popolare nel nostro Paese di quella italiana. La Spagna e il mercato latino sono, del resto, un po’ la seconda casa professionale per l’artista, che nella sua carriera conduce numerosi programmi su TVE, la televisione pubblica spagnola.
Tanti auguri (1978)
Un inno o, forse, l’Inno all’amore, in qualsiasi forma: così si potrebbe sintetizzare Tanti auguri, che rende, definitivamente, Raffaella Carrà una leggenda per l’immaginario collettivo, nonché un’icona gay. Dietro a questa canzone, però, c’è un retroscena altrettanto importante, ovvero il rapimento e conseguente omicidio di Aldo Moro. Tanti auguri, infatti, è la sigla del varietà Ma che sera, il primo a colori in Italia, le cui puntate andranno in onda in concomitanza con le vicende del caso Moro, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio del ’78. Carrà farà di tutto per posticipare la messa in onda del programma, ma i suoi sforzi saranno vani; nel 1999 dichiarerà all’Espresso di essersi vergognata tanto da non lavorare in Italia per diverso tempo.
Pedro (1980)
L’immaginaria avventura di una turista straniera in visita a Santa Fe, nel Nuovo Messico, che perde di vista la città per guardare le stelle con Pedro, la sua guida. Una guida non molto turistica, come canta Carrà stessa (“sapeva molte cose più di me […] ma non ho visto niente di Santa Fe”); forse più un esperto amatore, (in barba all’età). Se avete degli amici di nome Pietro, potrete usare questa canzone per prenderli un po’ in giro.
Ballo ballo (1982)
Con un’introduzione alquanto sospetta presa in prestito, molto probabilmente, dalla celeberrima Eleanor Rigby dei Beatles, Ballo ballo apre le danze della terza edizione di Fantastico, varietà del sabato sera che rientra di diritto fra i programmi più celebri della Rai. Dopo quattro anni in tour, Raffaella Carrà torna sul piccolo schermo italiano e ritrova Corrado, che dal 1983 inizierà a lavorare su Canale 5, di proprietà dell’emergente Finivest. Anche Carrà, sul finire degli anni Ottanta, avrà alcune esperienze professionali targate Canale 5 e Telecinco, la sua versione spagnola.
Raffaella Carrà rimane un pilastro per la storia dello spettacolo italiano, e che la si ami o meno, tutti concordano sul fatto che una come lei non ci sarà più.
Ma non bisogna dimenticare neanche…
- Carràmba! Che sorpresa (poi Carràmba! Che fortuna), trasmissione che ha portato alla creazione di un neologismo, “carrambata”, ovvero l’incontro di due persone che non si vedono da molto tempo. Fulcro del programma è proprio un incontro inaspettato che viene orchestrato dagli autori;
- La conduzione da parte di Carrà del Festival di Sanremo, nel 2001, vinto da Elisa con Luce (Tramonti a nord est). Di quell’edizione si ricordano anche Eminem, la cui esibizione fu meno sopra le righe di quanto si temesse, e Brian Molko, frontman dei Placebo, che sfascia la chitarra in stato di ebbrezza;
- L’impegno di Carrà nella promozione delle adozioni a distanza, sia come testimonial che come autrice, con il programma Amore (2006);
- La sua apparizione in un episodio di Doctor Who;
- Le sue interviste negli Stati Uniti (uno su tutti, David Letterman);
- L’edizione dell’Eurovision del 2011, anno che ha visto l’Italia tornare in gara, commentata proprio da Raffaella Carrà. Con la vittoria dei Måneskin si era fatta strada l’ipotesi di affidarle la conduzione, ipotesi sfumata con la sua scomparsa;
- Tiziano Ferro, che nel 2006 le ha dedicato una canzone, E Raffaella è mia, e lei ha partecipato nel video.
di Joanna Dema
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