Quando la pennellata racconta il sesso
Se è vero che in arte è fondamentale non confondere la vita privata della persona con il lavoro dell’artista, è altrettanto vero che conoscere la vita e le peculiarità di colui che fa arte può aiutare a comprendere alcuni passaggi delle sue opere. Moltissimi artisti, in quanto persone, si sono talvolta trovati a dover fronteggiare situazioni complicate che li hanno portati a sviluppare diversi traumi, i quali hanno inciso profondamente la loro arte. Molto spesso, questi traumi riguardano la sfera delle relazioni, familiari ed affettive, e, con esse, la sessualità.
È il caso del celebre pittore Edvard Munch, fortemente influenzato dalla morte della madre (causata dalla tubercolosi) quando lui aveva soltanto cinque anni. Nella sua mentalità di bambino, egli si sente vittima di un abbandono, per questo motivo, nella sua arte, le donne assumono spesso una connotazione negativa, diventando incarnazioni dell’abbandono stesso. Soltanto in uno dei suoi dipinti, Munch ritrae una figura femminile che non ha ancora nessuna inclinazione al male: si tratta de La Pubertà, dipinto tra il 1894 ed il 1895. Il quadro rappresenta una ragazzina, probabilmente la sorella del pittore, malata anch’essa di tubercolosi. In questa rappresentazione, aleggia però un sentore di malinconia, sgomento, ribrezzo: la ragazza è perfettamente conscia del suo passaggio all’età adulta e se ne vergogna, coprendosi il pube con le mani ed esprimendo con lo sguardo la sua preoccupazione, acuita dalla grande ombra informe alle sue spalle. In questo caso, Munch considera la fase della pubertà come quella del passaggio dall’innocenza alla maturità sessuale, alla sfera adulta: l’adolescente, crescendo, diventerà donna e sarà in grado di abbandonare a sua volta qualcuno.
Un’analoga vicenda riguarda il pittore divisionista Giovanni Segantini, in quanto anch’egli perse la madre per una malattia quando era ancora bambino, sviluppando, da quel momento in poi, una visione malata della sessualità femminile. Avvicinandosi al Simbolismo, Segantini dipinge la tela Le cattive madri (1894), nella quale esprime una forte critica verso tutte quelle donne che, per un motivo o per l’altro, non hanno voluto o non hanno potuto diventare madri. Segantini considera la figura femminile in primis come madre e, soltanto in seguito, come donna: la maternità, per lui, è l’unico compito a cui una donna debba adempiere e, se non vi adempie, è esclusivamente per la bramosia di mantenere la propria libertà sessuale.
Secondo questa visione, l’artista rappresenta una donna ed il suo bambino avviluppati tra i rami di un albero, in un paesaggio invernale che rimanda all’infertilità, alla privazione del calore materno, mentre, sullo sfondo, si scorge un lungo filare di alberi che intrappolano altrettante “cattive madri.”
A questa visione, Segantini oppone quella della figura materna, realizzando il dipinto L’angelo della vita (1984-1985), che riprende l’iconografia dell’albero, ponendola però in un’atmosfera più calda e accogliente: la figura femminile non è più prigioniera e avviluppata dai rami, ma siede delicatamente tra di essi, reggendo un bambino dal volto sereno, in quella che sembra la tipica rappresentazione cristiana di una Madonna col bambino.
Dietro agli esotici dipinti di Paul Gauguin, che spesso rappresenta donne e ragazzine tahitiane, vi è la sua esperienza di vita nella stessa Tahiti, dove, pur essendo sposato, intratteneva regolarmente rapporti sessuali con le giovanissime isolane ancora in età minorile. Lo stesso Van Gogh, che ha convissuto con lui per circa due mesi, diceva di ammirare la sua impulsività quasi animalesca.
I dipinti di Gauguin, che avranno una grandissima influenza in coloro che lo seguiranno, sono volti paradossalmente alla ricerca della purezza delle popolazioni indigene, che non sono ancora state intaccate dall’avanzamento della civiltà.
Spostandosi a quella che è la Secessione Viennese, al cui vertice troviamo Gustav Klimt, è possibile imbattersi in un artista che esprime nelle sue opere un forte erotismo, rendendole estremamente esplicite, ma, allo stesso tempo, di una sorprendente delicatezza: si tratta di Egon Schiele. I suoi dipinti, considerati pornografici, gli valsero un periodo di prigionia. Per Schiele, infatti, la sessualità si trasforma in ossessione erotica, velando tutte le sue opere di una forte tensione, e la presenza di numerosi bambini nel suo atelier lo portano ad essere accusato di violenza sessuale su una bambina e di rapimento di una seconda minorenne: le due accuse vengono infine assolte, ma Schiele viene ugualmente incarcerato per il solo fatto di aver esposto le proprie opere.
Più che avere un rapporto malato con il sesso, Egon Schiele tentava di esprimersi con la più sincera ed assoluta libertà: il suo modo di vivere l’affettività era probabilmente stato influenzato dai cattivi rapporti con la madre e dalla morte del padre, malato mentalmente, quando egli aveva soltanto quindici anni.
Uno dei motivi che muove Oskar Kokoschka, anch’egli appartenente alla Secessione di Vienna, a dipingere, è la passione morbosa nei confronti della donna da lui amata: Alma Mahler, una delle più grandi muse del XX secolo. Kokoschka incontra Alma Mahler poco dopo la morte di Gustav Mahler, noto compositore austriaco nonché marito della donna. Tra i due avrà subito inizio una travolgente storia, caratterizzata da attacchi di ira, eccessi di gelosia, ma anche una forte attrazione fisica, che Kokoschka trasforma in una vera e propria ossessione per Alma Mahler, facendo di lei la sua unica ragione di vita. Viene semplice, quindi, immaginare la sua reazione quando la donna, dopo due anni, decide di troncare la relazione a seguito della conoscenza del famoso architetto Walter Gropius, fondatore della scuola del Bauhaus. Da questo trauma derivano dipinti come La sposa del vento (1914), nel quale Kokoschka stesso si raffigura steso affianco ad Alma: lei dorme serena, abbracciandolo, ma l’artista non ricambia il suo abbraccio, anzi, esprime nel suo sguardo fisso e vacuo tutto il suo tormento, che si riflette poi nel vento che sembra smuovere le lenzuola, le quali, in una serie di volute e spirali, fanno da sfondo ai due protagonisti. L’ossessione per Alma Mahler sarà tale che Kokoschka, una volta terminata la loro relazione, si farà confezionare una bambola con le sue sembianze e passerà con essa il resto della sua vita.
Come accennato in precedenza, quindi, è spesso possibile avvalersi degli episodi che hanno segnato la vita di un artista come mezzo per comprendere più a fondo le sue opere e quest’affermazione vale ancora di più quando si affronta il tema dell’affettività: in molti casi, infatti, il rapporto malato con il sesso deriva da traumi che hanno avuto luogo nell’ambito familiare. Questi traumi vengono poi riversati sulla tela dai pittori sopra elencati e da molti altri ancora, richiamando una delle teorie elaborate da Sigmund Freud: la Sublimazione.
Secondo Freud, infatti, la Sublimazione è quel meccanismo che porta una persona a scaricare le proprie pulsioni sessuali attraverso delle attività che sostituiscono il soddisfacimento corporeo e che sono più socialmente accettabili:
Chiamiamo facoltà di sublimazione questa proprietà di scambiare la meta originaria sessuale con un’altra, non più sessuale ma psichicamente affine alla prima.
S. FREUD , La morale sessuale “civile” e il nervosismo moderno, 1908.
Questo processo dimostra di avere una grande affinità con la sfera culturale e artistica, come afferma lo psicoanalista stesso:
La pulsione sessuale possiede in grado elevato la capacità di essere deviata dalle mete sessuali dirette e di essere incanalata verso mete più alte che non sono più sessuali (“Sublimazione”). La pulsione è così messa in grado di offrire contributi molto importanti alle conquiste sociali e artistiche dell’umanità.
S. FREUD, Sulla psicoanalisi, 1911
D’altra parte, il sesso nell’arte verrà spesso utilizzato al fine di compiere una rivoluzione: evadere dai tabù, esprimersi in una totale sincerità, prendere consapevolezza di ciò che siamo e di ciò da cui deriviamo. Nascono così opere come L’origine del mondo (1866) di Gustave Courbet, la più grande e veritiera prova di Realismo dell’Ottocento.
Non a caso, Courbet sarà un pittore estremamente criticato proprio per questa sua ricerca dell’estrema verità e per la sua maniera così aperta di trattare soggetti provocatori: così come nel caso dell’Origine del mondo, ciò accade anche con la sua precedente tela, Fanciulle sulla riva della Senna (1857): due figure femminili, scomposte, riposano sulla riva del fiume con fare annoiato, tuttavia ciò che scandalizza la critica è, in particolare, la disinvoltura che caratterizza le due protagoniste, che sembra insinuare che vi sia, tra di loro, una relazione di intimità.
Anche i surrealisti faranno della sfera sessuale una delle proprie tematiche favorite. Del resto, se il maggior proposito del Surrealismo è quello di rappresentare i processi inconsci, quale tematica potrebbe essere più adatta? Per questo motivo, ad esempio, Reneè Magritte dipinge Lo stupro (1934), nel quale i connotati del volto di una donna vengono sostituiti dagli organi sessuali, mentre Salvador Dalì dipinge un’opera dal titolo piuttosto esplicito: Il grande masturbatore (1929) , che contiene una notevole quantità di simboli intenzionalmente equivoci.
Per i dadaisti, il sesso sarà una delle più potenti armi: parliamo di un movimento irreverente e scandaloso per natura, composto da uomini e donne che vogliono scardinare ogni principio e che lo fanno con un fortissimo senso dell’umorismo: ecco che uno dei principali esponenti, Marcel Duchamp, dipinge Dati – 1. La Cascata d’Acqua, 2. Il Gas Illuminante (1946) , una probabile rivisitazione dell’Origine del mondo di Courbet, realizzando anche delle installazioni, come il celebre Grande Vetro (o La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, 1915-1923), nel quale simboli legati alla religione come, ad esempio, la Trinità, si intrecciano con le allusioni alla sfera sessuale.
Alla luce di tutto questo, possiamo racchiudere le opere che trattano, in maniera esplicita o meno, il sesso in due macro-categorie: per quanto riguarda la prima, parliamo di opere nelle quali l’artista esprime una concezione, molto spesso malata, che deriva dal proprio vissuto. Nel secondo caso, invece, l’artista si serve del sesso come mezzo per rivendicare la propria libertà espressiva, in favore di un’arte libera da ogni proibizione.
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