Esiste il porno femminista?
ATTENZIONE! Questo articolo menziona i seguenti temi, che potrebbero avere un effetto trigger per qualcuno: tentato suicidio, violenza sessuale, violenza sulle donne, pedopornografia e sex-trafficking, pornografia, termini sessualmente espliciti.
Femminismo e pornografia sono una delle classiche coppie tira-e-molla. Hanno una storia lunga e travagliata, che affonda le proprie radici negli anni ’80: la gente metteva blazer dalle spalle sproporzionate e si cotonava i capelli, Madonna era ancora una giovane cantante emergente che cantava Like a Virgin in gonna di tulle punk e le lotte femministe di seconda ondata dovevano confrontarsi con la rapida democratizzazione del mercato del cinema per adulti.
Da un lato, icone della lotta per la parità di genere, come Gloria Steinem, si sono sempre battute contro la pornografia in generale, considerandola sessista in sé: chiaramente, l’accusa regge nel caso di una notevole parte del materiale disponibile (anche oggi), quasi sempre affidato alla scrittura e regia di uomini e diretto ad un pubblico prevalentemente maschile ed eterosessuale. Provate a cercare “feminist porn” su Pornhub, senza dubbio il sito hard con maggiore visibilità – quasi tutti i risultati avranno titoli eloquenti, come “Feminist Gets Educated”, “Feminist Can’t Resist Big Black Cock”, “What Feminists Truly Want”, ecc. Nonostante la sua utenza femminile fluttui tra il 29% e il 35%, la pornografia online si investe di una delle più esplicite promozioni del cosiddetto male gaze, quell’“occhio maschile” attraverso il quale vengono osservati e giudicati il corpo e l’esperienza femminili, in tutti gli ambiti della vita e, naturalmente, in special modo nella sfera sessuale. Così, secondo Steinem e altri membri del movimento Women Against Pornography, la pornografia perpetua un’oggettivizzazione della donna, il cui corpo viene mercificato e ridotto a puro mezzo di ottenimento del piacere dell’uomo. Dati alla mano, i video presenti sulle piattaforme mainstream mostrano, spesso e volentieri, le donne in posizioni passive (sono pochi, ad esempio, i female pov, anche quando si parla di cunnilingus e perfino di autoerotismo femminile), soggette a sesso brutale che troppo spesso sfiora la violenza sessuale.
A dicembre 2020, un reportage del New York Times evidenziava come alcuni termini di ricerca, ad esempio middle school e elementary school, under18yo, rape su Pornhub (e sugli altri siti gestiti dal magnate del porno online, Mindgeek), portassero a migliaia di risultati, troppi dei quali includevano effettivi stupri e/o video di minorenni caricati senza il loro consenso. Il problema del consenso degli attori, nonché quello della loro retribuzione, è abbastanza diffuso. Specialmente su giganti come Pornhub, Youporn o XVideo, che aggiungono ogni anno milioni di nuovi video e non chiedono alcuna conferma dell’identità o del consenso delle persone ritratte al momento del caricamento di materiale da parte di un utente, è davvero difficile essere sicuri che i partecipanti ai video siano attori pagati e consapevoli delle scene che stanno girando. Numerose, poi, sono state le segnalazioni di pornoattori che hanno acconsentito a girare certe scene in un modo, per poi essere obbligati a girarle in un altro; oppure di attrici amatoriali cui era stata promessa la non pubblicazione in linea del materiale: promessa chiaramente disattesa. Moltissime delle persone ritrovatasi su questi siti contro la loro volontà, hanno tentato il suicidio o hanno risentito di un tale scherno da abbandonare la scuola e, in alcuni casi, sviluppare dipendenze da sostanze stupefacenti pesanti.
Anche quando i video non descrivono una reale violenza e implicano maggiorenni consenzienti, tuttavia, possono rivelarsi problematici. Il porno, come tutti i mezzi di intrattenimento, è il dispiegarsi di una fantasia, che non per forza desideriamo realizzare effettivamente. Per usare le parole dell’attrice e regista porno Lina Bembe, «you don’t leave a Superman movie thinking you can fly»: purtroppo, specialmente in Paesi, come l’Italia ad esempio, dove l’educazione sessuale a livello scolastico è carente e una cultura sessuofobica impedisce il dialogo onesto e aperto, non solo con i genitori, ma anche con i pari, il porno viene visto come un mezzo educativo. Lo dimostra l’incremento del 245%, nel 2021 e rispetto all’anno precedente, del termine di ricerca how to su Pornhub. Se, di per sé, questa può essere una soluzione a problemi molto pratici di chi si sta approcciando al mondo del sesso, specialmente se parliamo di soggetti non eterosessuali, totalmente ignorati dalle pochissime lezioni di sex-ed proposte istituzionalmente, bisogna anche considerare che la maggior parte dei video porno offrono una visione del sesso estremamente estetizzata, composta da corpi atletici, oliati e depilati, genitali dalle forme e dimensioni irrealistiche, prestazioni impeccabili nelle posizioni più assurde e, per le donne, orgasmi multipli e parecchio rumorosi. Questo sesso è molto distante da quello realistico; proprio per questo, una scorretta interpretazione del mezzo provoca non pochi complessi nei giovanissimi e nei non più giovanissimi, spesso riguardo la durata o la “qualità” – i cui parametri di giudizio sono, francamente, vaghi – della prestazione, l’aspetto degli organi genitali e fenomeni quali la disfunzione erettile, l’anorgasmia o ancora l’eiaculazione precoce.
Queste ansie, anche per una questione di percentuale del pubblico del porno, colpiscono soprattutto gli uomini, cui consiglio l’ascolto di questo episodio del podcast Doing It! with Hannah Witton. Tuttavia, video come i summenzionati “sesso brutale” et similia, nei quali donne immobilizzate, inizialmente rifiutano il rapporto o parti di esso ma finiscono per “volerlo” e raggiungere anche l’orgasmo, rischiano di fare passare messaggi sbagliati sul consenso. Non da ultimo, vale la pena menzionare brevemente la totale assenza dei preservativi e di altre protezioni da malattie infettive e gravidanze indesiderate. Questa mancanza, forse per non rompere la magia del cinema, non è accompagnata dalla coscienza e conoscenza collettive dei numerosi controlli cui sono soggetti gli attori (anche se, occasionalmente, capita che qualcuno falsifichi le proprie analisi per diffondere volontariamente IST).
Il mondo del porno, quindi, sembrerebbe inconciliabile con le istanze e la sensibilità femminista – e, forse, femminile in generale. Tuttavia, esiste anche una frangia cosiddetta sex-positive del movimento, sviluppatasi soprattutto a partire dagli anni ’90, che sostiene come un porno femminista sia possibile, godibile e auspicabile. Il principio base di queste pensatrici partiva da una considerazione positiva del sesso, che vedesse l’esperienza sensuale non solo come atto volto alla fecondazione, ma come fonte di piacere e luogo di emancipazione della donna. Questo tipo di femminismo incoraggia l’autoerotismo, la sperimentazione e l’esplorazione della propria sessualità e anche la fruizione di materiale pornografico in chiave di liberazione dalla visione cristianeggiante della donna sessualmente attiva ed esplicita, come “donna sporca” o addirittura “non vera donna”. Negli ultimi anni, complice la rinnovata popolarità delle tematiche sex-positive, sono nati numerosi progetti che vogliono ovviare a tutti quei problemi del porno mainstream che abbiamo citato, dallo scarso controllo che gli attori hanno sulla diffusione dei video e sui propri compensi, alla stereotipizzazione dei rapporti, al ruolo prevalentemente servile della donna: è il cosiddetto “porno etico”.
Esempi di porno etico sono le varie case di produzione della regista e attrice Erika Lust, la cui serie XConfessions mette in scena fantasie comunicate anonimamente dagli utenti; il progetto Lustery di Paulita Pappel, anche lei regista e attrice, che propone video amatoriali di vere coppie, caricati dalle coppie stesse, che ottengono la maggior parte dei compensi; OnlyFans che, almeno nel suo concetto di base, permette la totale autonomia dei creator rispetto a cosa viene postato e cosa no; e altre piattaforme, da Bellesa a Kink.com, da Ifeelmyself a MakeLoveNotPorn. Tutte queste piattaforme, la maggior parte delle quali si serve di materiali registrati volontariamente e autonomamente da persone comuni, ha come obiettivo l’introduzione di un elemento realista nella pornografia, sia rispetto alla rappresentazione di una pluralità di corpi e orientamenti sessuali, sia per quanto riguarda lo svolgimento dell’atto in sé, che raramente segue uno script predefinito. Ad esempio, non tutti i video finiscono con il raggiungimento del climax da parte di uno o entrambi i partner.
Un altro obiettivo è, appunto, la prioritizzazione della prospettiva e del piacere femminili. Poiché le donne ritratte nel porno etico sono non solo consenzienti, ma anche attivamente partecipi e propositive nella realizzazione e pubblicazione del video, l’atto sessuale si allontana dalla dimensione feticizzata e il male gaze tende a scomparire: non abbiamo più una donna truccata, depilata e generalmente manipolata per essere il più possibile attraente all’occhio maschile, che segue uno schema definito da un regista uomo per eccitare lo spettatore uomo; bensì, davanti a noi, c’è una donna che decide di filmarsi mentre fa l’amore con il suo partner, secondo il suo gusto e la sua abitudine. Non manca neanche il preservativo!
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Ci rimango di sesso
Editoriale · L’Eclisse
Anno 1 · N° 10 · Febbraio 2022
Copertina di Laura Maroccia.
Hanno partecipato alla realizzazione di questo editoriale: Greta Beluffi, Oscar Benedetti, Matteo Capra, Michele Carenini Anna Cosentini, Joanna Dema, Francesco Fatini, Eugenia Gandini, Marta Gatti, Chiara Gianfreda, Andrei Daniel Lacanu, Nikolin Lasku, Silvia Loprieno, Matteo Mallia, Valentina Oger, Alessandro Orlandi, Elisa Paccagnella, Luca Ruffini, Arianna Savelli, Tommaso Strada, Vittoria Tosatto, Marta Tucci, Marta Urriani, Francesco Vecchi, Adriano Zonta.
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