La trahison des NFT
La trahison des images. È questo il titolo dell’opera del 1929 di René Magritte, pittore surrealista che intende giocare sulla parola francese “trahison”, la quale, per assonanza, ricorda tanto il “tradimento” quanto la “tradizione” delle immagini.
Su un fondale bianco, che ricorda le tavole una volta impiegate nelle scuole elementari per facilitare l’apprendimento dell’alfabeto (A sta per “albero”, quindi si rappresenta un albero), l’artista rappresenta un oggetto semplice e riconoscibile: quella che si potrebbe definire l’idea platonica di una pipa, o meglio la sua rappresentazione. Al di sotto, la scritta: questa è l’immagine dipinta di una pipa, non l’oggetto reale a cui noi colleghiamo la parola “pipa”. Siamo troppo abituati a semplificare le cose, associando immediatamente l’immagine dell’oggetto che, invece, si connota per la funzione che ha nella realtà, ma non per la rappresentazione che noi ne facciamo. Nello scritto Les mots et les images del 1929, Magritte aveva affermato che “un oggetto non è mai tanto legato al suo nome che non se ne possa trovare un altro che gli si adatti meglio”, perciò è il nostro pensiero a stabilire le relazioni tra realtà, immagini che la rappresentano e parole che la descrivono.
Per far luce su questi concetti, è necessario richiamarsi a un libro di Michel Foucault, pubblicato nel 1966 con il titolo Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, in cui l’autore tenta di interpretare il modo in cui le immagini rappresentano la realtà che ci circonda. Secondo Foucault, il pensiero moderno tenta di identificare una possibile classificazione del mondo esterno stabilendo delle analogie, ovvero delle somiglianze attraverso il pensiero logico.
La sua tesi si sviluppa a partire da un celebre quadro dipinto da Velazquez nel 1656, Las meninas: l’artista rappresenta se stesso in uno spazio reale identificabile (la corte spagnola), ma, nel farlo, crea uno sconvolgimento percettivo. Infatti, noi vediamo il retro della tela del pittore che, a sua volta, ci impedisce di vedere il soggetto di quello stesso dipinto, ovvero i due personaggi che stanno davanti al pittore e che sono riflessi nello specchio, sul fondo del quadro. Si tratta dei sovrani Filippo IV e Marianna d’Austria.
Secondo Foucault, l’opera di Velazquez sarebbe emblematica di una trasformazione avvenuta sulla percezione e sulla rappresentazione della realtà nel ‘600. Trasformazione rappresentata in campo artistico dall’opera di Velazquez, ma che riflette quella avvenuta nei processi mentali messi in atto per trasformare la realtà in immagine.
Forse un po’ spossato dalla presenza di tutti questi personaggi in un solo quadro, il povero Foucault si dimenticò di includere nel suo libro l’opera di Magritte, che andava a toccare proprio i temi a lui più cari: il rapporto tra immagine, parola e realtà. Perciò l’artista, leggendo del modo in cui la cultura moderna e contemporanea avevano messo in discussione il proprio modo di rappresentare la realtà esterna, scrisse a Foucault due lettere, allegandovi anche delle riproduzioni dei suoi quadri, tra cui La trahison des images, aggiungendo che “il titolo non contraddice il disegno, afferma in modo diverso”.
Questa riflessione surrealista è stata ripresa in modo letterale nel 1965 dall’artista Joseph Kosuth nell’opera One and three chairs, dove lo spettatore si trova di fronte a una sedia, ovvero l’oggetto materiale, accompagnato dalla sua trasposizione fotografica e una tavola che presenta la definizione tratta dal vocabolario del termine “sedia”. A partire dal titolo, Kosuth porta lo spettatore a interrogarsi su quale delle tre sia veramente la sedia.
Tuttavia, questa riflessione non può più basarsi sul solo trinomio realtà – immagine – parola, in quanto ormai limitante rispetto alla prospettiva aperta dallo sviluppo di una nuova trahison (tradimento o tradizione?) sviluppatasi negli anni 2000: la blockchain. Questo registro digitale aleggia in un ignoto “altrove”, definito da codici e basato su una rete capillare di diffusione di dati registrati, che lasciano un’impronta indelebile e non permettono di essere in alcun modo modificati.
Questo nuovo tipo di tecnologia ha continuato a far parlare di sé soprattutto a partire dal 2021, quando la casa d’aste più grande al mondo, la Christie’s, ha battuto all’asta per quasi 70 milioni di dollari l’opera in formato NFT Everydays: the First 5000 Days, realizzata dal crypto artista Beeple.
La “crypto arte” comporta la creazione di un file da parte dell’artista, ovvero un NFT o Non Fungible Token, che sfrutta la tecnologia blockchain. Quest’ultima garantisce l’originalità dell’opera e la sua irriproducibilità in un’altra copia identica, in quanto associata ad un codice univoco e marcata attraverso un processo chiamato “hashing”. Non appena il codice (ovvero l’opera) viene copiato, il sistema realizza un risultato diverso, poiché l’hashing non permette di creare un’altra copia. Sicuramente, si tratta della massima garanzia di sicurezza per chi sceglie di investire 70 milioni di dollari in un codice.
Per fare solo un esempio, il 30, 31 dicembre e primo gennaio del 2022, a seguito dell’iniziativa del collettivo Ouchhh, sull’Arco della Pace a Milano sono state proiettate oltre ventimila opere d’arte di più di 320 artisti delle più svariate correnti artistiche. L’opera, intitolata AI Dataportal Arch of Light, è stata poi trasformata in NFT, rendendo l’Arco della Pace il primo monumento appartenente al metaverso.
Un altro degli artisti più quotati in questo ambito è un milanese che si fa chiamare Dotpigeon, le cui opere sono contraddistinte da una figura incappucciata, protagonista di scenari fatti di case eleganti e architetture estremamente studiate.
“Questa non è un’opera”, avrebbe forse scritto Magritte, se avesse dovuto cercare una “caption” per un’immagine da postare su Instagram che riproduce l’opera NFT. Perché il “tradimento” di queste immagini sta proprio nel fatto che esse esistono in quanto tali sotto forma di codice, registrato sulla blockchain. E, nel momento in cui vengono riprodotte in qualsiasi altra forma, che sia un post su Instagram o una stampa fisica, perdono la loro essenza. Un’essenza che si colloca in uno spazio altro, in rapporto al quale si crea il tradimento di una possibile riproduzione e, al tempo stesso, la possibilità di far nascere una nuova tradizione.
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[…] sono le serie animate ad essere adattate (o proseguite) in formato cartaceo, come Cowboy Bebop o Neon Genesis Evangelion, intramontabili classici per gli appassionati del genere. Anche il fumetto europeo, comunque, vanta […]
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