“Canzoncine”: musica e animazione in Italia
Ma voi, ve le ricordate le sorprese delle merendine Kinder?
Lungi da noi fare pubblicità alla Ferrero, che non ne ha affatto bisogno, o a un prodotto regolarmente demonizzato da genitori, dentisti e dietologi! Però l’abbinamento “merendina-sorpresa” di solito è una scommessa vincente, nel marketing: in questo caso, i “vecchietti” della generazione Z hanno visto i gadget cambiare radicalmente, con l’avvento di Internet e i progressi tecnologici. Altro che le classiche sorpresine Mulino Bianco degli anni ’80, volete mettere i CD-ROM con cui giocare a casa nei pomeriggi dei primi anni 2000? Qualcuno in redazione ne ha ancora un paio, nei meandri della propria stanza, e se cerca bene forse potrebbe riesumare qualche videocassetta impolverata…

Nessuno vi giudicherà se confesserete che, qualche volta, nella vostra testa saltate insieme ai Lampaclima o correte con gli Animotosi; questo vale anche per le sigle di Dragon Ball e le canzoni dello Zecchino d’Oro. Che siano cartoni animati o film “da grandi”, la musica giusta aiuta la memoria a creare un ricordo più limpido di ciò che si è appena visto, portando a rivederlo – andate in un asilo e mettete Let It Go di Frozen a tutto volume, se non vi fidate. I produttori di film d’animazione lo sanno bene, quindi non è affatto raro che i grandi della musica internazionale scrivano e cantino intere colonne sonore. Phil Collins l’ha fatto per Tarzan, doppiandosi in altre lingue, Bryan Adams per Spirit – Cavallo selvaggio, Whitney Houston e Mariah Carey hanno interpretato When You Believe da Il Principe d’Egitto, e se non continuiamo la lista è perché non riusciremmo a finirla, contando oltretutto nomi non anglofoni. Vi citiamo l’arpista bretone Cécile Corbel in Arrietty – Il mondo sotto il pavimento perché come Collins si è doppiata in altre lingue e, per di più, ha cantato in un film giapponese.
Sebbene in maniera molto minore rispetto ad altri Paesi, anche i cantanti italiani hanno prestato la propria voce a doppiaggi, canzoni e colonne sonore, con risultati talvolta eccezionali. Pensate a Massimo Ranieri e Mietta che interpretano Quasimodo ed Esmeralda ne Il gobbo di Notre Dame, tanto per fare un esempio pop di fine anni ’90. E Alex Baroni, che doppia il giovane Ercole nella versione nostrana di Go the Distance? Oppure Zucchero, che ha reinterpretato le splendide canzoni di Spirit. Qui, però, stiamo parlando di adattamenti di produzioni statunitensi, non originali; possibile che in Italia, negli ultimi vent’anni, abbiamo avuto solo le Winx? Senza nulla togliere alle eroine fatate di Iginio Straffi, la risposta è “no, anzi!”. E, per restare in tema, molti artisti hanno scritto testi e musiche di film e serie d’animazione.
Il primo esempio che vi proponiamo è La gabbianella e il gatto di Enzo D’Alò, basato sull’opera di Luis Sepúlveda, prolifico scrittore cileno mancato tre anni fa. Le avventure di Zorba, Fortunata e della loro famiglia di gatti nel porto di Amburgo sono rimaste impresse nella memoria di molti, insieme a una bellissima colonna sonora, composta dal chitarrista britannico David Rhodes, collaboratore di Peter Gabriel (ex Genesis), i Talk Talk (ve la ricordate It’s My Life?), ma anche dei nostri Mango e Franco Battiato. Tra il 1997 e il 1998, Rhodes realizza i brani che verranno interpretati da diversi cantanti italiani, come Samuele Bersani, Gaetano Curreri degli Stadio e Leda Battisti. La voce delle memorabili Canto di Kengah e So volare è di Ivana Spagna, nota all’estero semplicemente come Spagna e reduce dal successo de Il cerchio della vita, canzone principale de Il Re Leone (1994): queste canzoni rappresentano un’interessante eccezione rock nella carriera della Spagna, che spazia dalla dance anni ’80 (cantando in inglese, peraltro) a un pop rock più italiano.
Altri lungometraggi di Enzo D’Alò vedono la partecipazione di artisti nostrani: Paolo Conte ne La freccia azzurra (1996), Gianna Nannini in Momo alla conquista del tempo (2001), Pino Daniele in Opopomoz (2003) e Lucio Dalla, che musica Pinocchio poco prima di morire. Se di Gianna Nannini e la sigla di Lupo Alberto vi avevamo già detto qualcosa, un’altra serie trasmessa su Rai 3 ha catturato la nostra attenzione. Stiamo parlando di Gino il Pollo – Perso nella rete, un titolo semplice per un protagonista dalla genesi molto intricata, lontana dai palinsesti della tv di Stato. Gino, nato dalla mente di Andrea Zigoni, esordisce in un video parodistico proiettato a un convegno sul digitale, nel 1995, per poi negli anni diventare una sorta di mascotte per il movimento di artisti e attivisti digitali. Prima come pollo in carne e ossa (o meglio, pixel), poi come fumetto, i suoi filmati girano per tutto il web, nell’epoca pre-YouTube; come una specie di Topo Gigio del 2000, Gino intervista personalità di spicco dello spettacolo, ma anche della politica, appare in video satirici sui temi d’attualità, in libri parodistici, fino ad approdare nel day time di Rai 3, in cui il suo personaggio viene leggermente riadattato per il pubblico preadolescente, ma mai snaturato. A Gino, infatti, piace cantare, e i brani della serie pubblicati nell’album dalla Rai sono ben sessanta; oltre a Zigoni, che lo doppia, c’è anche un giovanissimo Dario Brunori nella squadra di autori che collabora alla stesura di musiche e testi. La canzone che vi segnaliamo, ma solo perché non potevamo metterle tutte e sessanta, è Gina, irriverente dichiarazione d’amore per la dolce metà del nostro pollo digitale. Se per il prossimo San Valentino volete qualcosa di veramente indie, potete puntare su questa!
Un po’ meno recente è il lavoro di Eugenio Finardi sulle sigle de La principessa Sissi (1997-98), coproduzione tra Italia, Francia e Canada, e trasmessa in tutto il mondo. Finardi affida a Lighea, cantante marchigiana, il compito di interpretare i sentimenti della protagonista, Sissi, la realmente esistita Elisabetta di Baviera, imperatrice d’Austria tra il 1854 e il 1898. Per essere un cartone animato indirizzato prevalentemente a un pubblico infantile, i testi sono quasi adulti, ma usano parole immediate, inequivocabili anche per il più giovane degli spettatori. La trama della serie, invece, semplifica e romanticizza le complesse vicende storiche che coinvolsero l’Austria nella seconda metà dell’Ottocento, rimanendo però fedele a quelli che furono realmente interessi di Sissi: uno su tutti, la situazione del popolo ungherese sotto il dominio austriaco. Semplicemente Sissi e Niente e nessuno riescono a esprimere due aspetti fondamentali della storia, ovvero l’anticonformismo della principessa, anima sincera insofferente ai formalismi dell’etichetta di corte, e la sua intensa e quasi fiabesca storia d’amore con Franz, erede al trono dell’Impero asburgico.

Comunque, non abbiamo esordito parlando delle merendine Kinder solo per farvi venire l’acquolina in bocca, né per scatenare un moto di nostalgia – non troppo! Chiudiamo il cerchio con tre titoli che, nei primissimi anni 2000, hanno lanciato (e sono stati lanciati) dall’accoppiata vincente “merendina-sorpresa”. Iniziamo con I Magicanti e i tre elementi (2003), terzo film animato della Kinder e Ferrero: sono acqua, fuoco e legno a costituire un triangolo magico nella battaglia tra il cattivo Badabé e la saggia maga Feliza, e le rispettive scolaresche di saltellanti maghetti che si sfidano a mo’ di sasso-carta-forbici. “E l’acqua vince il fuoco/e il fuoco brucia il legno/e il legno vince l’acqua/e questo è il gioco”, ecco la regola della magia e il ritornello della canzone finale, composta dallo scrittore Roberto Piumini e dal musicista Mauro Pagani. Nomi di spicco, uno soprattutto per la letteratura per l’infanzia, l’altro per la musica d’autore, in quanto ex membro della Premiata Forneria Marconi (complesso di cui Alessandro Mazza parla in maniera più approfondita a pagina 7 di questo editoriale!) e collaboratore, nonché amico, di Fabrizio De André. All’attivo, Pagani ha una lunga carriera da polistrumentista, compositore e produttore discografico, ha lavorato con Francesco Guccini, Zucchero, Roberto Vecchioni, Ornella Vanoni, Ligabue e una marea di altri artisti; è stato direttore artistico di Sanremo nel 2013 e 2014, ha vinto tre targhe Tenco, il massimo premio della canzone d’autore, e scritto Domani, poi riadattata nel 2009 in seguito al terremoto dell’Aquila. Un musicista che ha spaziato in lungo e in largo, insomma.
Nello stesso anno dei Magicanti, un altro lungometraggio esce prima al cinema e poi in home video: ispirato a un racconto di Piumini, Totò Sapore e la magica storia della pizza è un’allegra e colorata dichiarazione d’amore per Napoli e la sua cultura, passando dalla pizza Margherita fino a Pulcinella. Il doppiaggio ricalca l’accento napoletano e la colonna sonora è composta proprio da due fratelli di Bagnoli, quartiere dei Campi Flegrei, ovvero Edoardo ed Eugenio Bennato. Il primo non ha bisogno di grandi presentazioni, ha segnato il rock italiano tra gli anni ’70 e ’80, guadagnandosi il successo di vendite con brani come Il gatto e la volpe e L’isola che non c’è; il secondo, nome conosciuto nella canzone napoletana e nel folk italiano, nel 1998 ha fondato il movimento Taranta Power per promuovere la taranta e, più in generale, la tradizione musicale italiana. Un duo perfetto per Totò Sapore, dalle cui musiche vi proponiamo la dolce ballata Tu tu tu, serenata che Totò dedica alla sua innamorata, con un linguaggio sì popolano, ma intriso di poesia e coerente con il bagaglio culturale del protagonista, un musicista di strada. Un film che, al contrario, attinge a piene mani dalle vette della cultura italiana è Aida degli Alberi (2001), riadattamento dell’opera di Giuseppe Verdi. Primo lungometraggio d’animazione a sfruttare la tecnologia 3D in Italia, riprende la tormentata storia di Aida e Radames, divisi tra la fedeltà alle rispettive patrie, in guerra tra loro, e il sentimento d’amore che li lega.
A incorniciare le loro vicende, le musiche di Ennio Morricone, uno dei più prolifici compositori che il nostro Paese abbia avuto, apprezzatissimo anche all’estero. Pensare che uno del suo calibro possa “abbassarsi” a scrivere le partiture della colonna sonora di un cartone animato è sorprendente; forse, però, è più utile domandarsi perché musicare un cartone animato dovrebbe svilire il lavoro di un artista, anche quando l’ispirazione arriva dall’Aida, di per sé un classico dell’opera. Noi troviamo, anzi, che ulteriori adattamenti di titoli operistici potrebbero avvicinare questo genere al pubblico, invece che relegarlo su Rai 5 – con tutto il bene che vogliamo a Rai 5, ovviamente. L’augurio che facciamo al settore d’animazione in Italia è di realizzare sempre più produzioni di qualità, con brani e colonne sonore all’altezza della loro missione: restare indelebili nella memoria.
di Joanna Dema