Quelle ragazze cattoliche di Derry
Attenzione: quest’articolo contiene spoiler!
Durante gli ultimi anni dei Troubles, in una cittadina il cui solo nome causa enormi tensioni (i nazionalisti-cattolici la chiamano Derry, mentre gli unionisti-protestanti Londonderry, ndr), un gruppo di adolescenti cattoliche vive le classiche difficoltà in cui ci si può rispecchiare ben più facilmente rispetto ai violenti scontri di natura identitaria che hanno dilaniato l’Irlanda del Nord per decenni. Questa è la trama di Derry Girls (2018-2022), opera maestra della sceneggiatrice nordirlandese Lisa McGee (prodotta da Hat Trick Productions e distribuita in Italia da Netflix), elogiata per la freschezza e l’arguzia della narrazione di un periodo così sanguinoso della storia europea che ha vissuto sulla sua pelle e su cui, a mio avviso, non si accendono abbastanza riflettori nei media nostrani.
Ben consapevoli del contesto politico e sociale in cui vivono, Erin (Saoirse-Monica Jackson), sua cugina Orla (Louisa Harland), le amiche Clare (Nicola Coughlan) e Michelle (Jamie-Lee O’Donnell) assieme a James (Dylan Llewellyn), il cugino inglese di quest’ultima, vivono un’adolescenza alquanto spensierata, affrontando i tipici problemi dei quindici anni: dalle prime cotte alle ossessioni per le boy band, dai rapporti conflittuali con i propri genitori all’ansia per gli esami, così come gli innumerevoli guai surreali in cui, volenti o nolenti, si ritrovano costantemente. Per esempio, nell’episodio pilota della serie, le cinque amiche (uso il femminile sovraesteso per fedeltà alla serie: tuttə si riferiscono al gruppo protagonista come “girls”, ndr) vengono accusate di essere responsabili del decesso di una suora cleptomane pressappoco centenaria che le sorvegliava durante delle ore di punizione a scuola.
Sebbene l’Our Lady Immaculate College, luogo centrale nello show, sia un’austera scuola cattolica femminile, James è l’unico ragazzo a frequentarla, a causa di «serie preoccupazioni sulla sua sicurezza» all’interno della scuola cattolica maschile: in altre parole, correre il rischio di essere picchiato tutti i giorni in quanto inglese. Questa scelta un po’ buffa è in realtà funzionale a evidenziare la distanza tra i protestanti leali a Sua Maestà e i cattolici che ambiscono a un’Irlanda unita; la loro contrarietà alla monarchia britannica si manifesta nel profondo odio verso gli inglesi. Infatti, nonostante tuttə pensino che James sia gay, anche se fa sempre presente di non esserlo, la sua presunta omosessualità non rappresenta un “problema” tanto quanto la sua inglesità (si tratta di una società fortemente conservatrice a metà degli anni Novanta, ndr). Basti pensare a Deidre (Amelia Crowley), la madre di Michelle e la zia di James, la quale confessa di provare, a volte, «puro odio» verso suo nipote, come si può notare da questo scambio di battute con Mary (Tara Lynne O’Neill), la madre di Erin:
Solamente da questa manciata di battute traspare il classico umorismo anglosassone che la sceneggiatrice padroneggia magistralmente. Questa raffinata abilità è elevata all’ennesima potenza con un personaggio in particolare: Sister Michael (Siobhán McSweeney) una suora non convenzionale e insofferente di fronte all’ambiente scolastico dell’Our Lady Immaculate College che si ritrova a dirigere. Punta di diamante più unica che rara dell’intera serie (nell’ultima stagione si scoprirà che il suo nome completo da suora è Sister George Michael, ndr), il suo cinismo affilato non risparmia nessunə: dalle nostre beniamine alle secchione della scuola che dimostrano doti artistiche decisamente discutibili davanti a tutta la scuola.
A primo impatto, potrebbe sembrare che le avventure delle ragazze stonino con lo sfondo della guerriglia e degli atti terroristici perpetrati dalle fazioni nazionaliste e unioniste (per maggiori approfondimenti, rimando all’articolo di Bianca Beretta incluso in questo editoriale a pagina 3, ndr). Al contrario, le esilaranti vicende adolescenziali e il dramma politico-sociale rappresentano due dimensioni complementari: in una situazione delicata e complessa come quella nordirlandese, reinterpretata con brutale fedeltà ai fatti storici, l’una non potrebbe esistere senza l’altra. Non a caso, il collante tra commedia e tragedia sono sicuramente la colonna sonora e i filmati storici. Effettivamente, la canzone di chiusura di ogni puntata è Dreams (1993), singolo di debutto dei celeberrimi (e, ovviamente, irlandesi) The Cranberries. Inoltre, in numerose scene si vedono spezzoni del telegiornale nei quali viene riportato di eventi come la tregua da parte dell’IRA (Irish Republican Army) nel 1994, la visita a Derry del presidente statunitense Bill Clinton nel 1995 e la stipula dell’Accordo del Venerdì Santo (Good Friday Agreement) nel 1998.
Nei fatti, quest’accordo cruciale rappresenta non solo la fine del bagno di sangue in Irlanda del Nord, bensì anche dell’adolescenza delle protagoniste. È per questo che l’episodio finale di Derry Girls ruota attorno al referendum confermativo per l’Accordo del Venerdì Santo del 22 maggio 1998, in occasione del quale esprimono il proprio voto anche le protagoniste. Una scena intensa e commovente degna di nota è il dialogo tra Erin e Granda Joe, suo nonno, sui dubbi della ragazza che il referendum possa non costituire un vero punto di svolta:
In queste battute di Erin, decisamente più matura rispetto al resto della serie, coesistono sia il timore di continuare a vivere in un’Irlanda del Nord infinitamente martoriata dalla guerra civile, sia la speranza di poter convivere serenamente (o, almeno, provarci, ndr) grazie al proprio voto a favore della pace. E, come si suol dire, «il resto è storia»: quel 22 maggio, il 71% dei nordirlandesi votò convintamente a favore dell’Accordo e della speranza di poter ricostruire quel contesto politico e sociale dalle macerie accumulate da tempo immemore.
Grazie a una scrittura tagliente, spiritosa e irriverente, senza mai essere estremista, insensibile o di cattivo gusto, Derry Girls ha raggiunto l’apice del successo, diventando così parte integrante della cultura pop di tutta l’isola d’Irlanda. Il suo impatto è stato così notevole da contribuire alla crescita del turismo di Derry grazie all’offerta di varie esperienze culturali, come i tour della città a piedi e le mostre di arredi e abiti presenti nella serie. Sebbene i Troubles non saranno mai una “ghost story” per i nordirlandesi, l’opera di McGee, promotrice di pace e riconciliazione, abbraccia ed elogia quel barlume di speranza per costruire un futuro migliore per la propria terra, senza tralasciare guai inversosimili, innumerevoli speculazioni sull’omosessualità di ragazzi inglesi e battute taglienti di suore emblematicamente ciniche.
Per saperne di più:
- https://hotcorn.com/it/film/news/derry-girls-recensione-serie-tv-lisa-mcgee-saoirse-monica-jackson-louisa-harland-nicola-coughlan-jamie-lee-o-donnell-trama-cast-streaming-netflix-storia/
- https://www.seriangolo.it/2022/12/derry-girls-una-comedy-unica-nel-suo-genere/
- https://www.npcmagazine.it/derry-girls-3-netflix-recensione/
- https://www.repubblica.it/serietv/netflix/2022/11/25/news/derry_girls_nicola_coughlan_aspettando_bridgerton_3_lady_whistledown-375617779/
- https://www.standard.co.uk/culture/tvfilm/derry-girls-teenage-girls-troubles-ireland-tv-series-teenage-b994033.html
- https://www.publicbooks.org/derry-girls-and-the-absurdity-of-adulthood/
- https://www.ilpost.it/2023/04/09/irlanda-del-nord-derry-girls/
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