Quando la musica diviene leggenda
La musica è una tra le discipline più antiche praticate dall’essere umano, quindi non fa eccezione per un aspetto presente in ogni ambito della nostra vita, ossia la superstizione. Il tratto particolare è che se, da una parte, l’opinione comune riporta frasi come “Viviamo nel 2021”, dall’altra è proprio nell’ultimo secolo che i racconti riguardo alla musica sono aumentati esponenzialmente. Questo è un argomento che potrebbe far scrivere pagine su pagine, dunque verranno esaminati alcuni casi esemplari.
Probabilmente, la vicenda più nota al grande pubblico è quella del Club 27. Questa espressione è stata coniata nel 1994, in seguito alla morte di Kurt Cobain, quando la madre commentò: “Ora è morto e si è unito a quello stupido club. Gli avevo detto di non unirsi a quello stupido club”. Tra coloro che sono compresi in questo “stupido club”, i rappresentanti più celebri sono Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison. Tuttavia, vorrei concentrare l’attenzione su colui che, per primo, dal punto di vista storico, è stato inserito in questa sorta di Hall of Fame della musica.
L’artista in questione è Robert Johnson, figura iconica della musica blues nella zona del delta del Mississippi, durante la seconda metà degli anni Trenta. Si narra che Johnson avesse stretto un patto con il Diavolo, vendendogli l’anima in cambio della capacità di suonare la chitarra come nessun altro. In particolare, voci dell’epoca tramandano di un incontro avvenuto allo scoccare della mezzanotte, presso un crocevia desolato, tra il maggiore esponente del Delta Blues ed un misterioso uomo in nero, il quale gli avrebbe concesso un ineguagliabile talento chitarristico, in cambio, come detto, della sua anima. Infatti, la sua tecnica di fingerpicking (una tecnica che consiste nel toccare le corde della chitarra direttamente con le dita, senza uso di utensili intermedi quali il plettro, n.d.R.), con la quale crea complesse strutture chitarristiche, combinata alla sua voce dal carattere evocativo, che canta testi improvvisati trattando di episodi sinistri e demoni, fa nascere uno stile mai sentito in precedenza. In realtà, la versione ufficiale dei fatti è che Johnson, nel corso del suo vagare a seguito della morte della moglie durante il parto della figlia (deceduta a sua volta), ha incontrato un bluesman dal nome Ike Zimmerman, il quale ha deciso di fargli da maestro. Anch’egli viene raffigurato come un personaggio misterioso, la cui unica certezza riguarda la sua abitudine di suonare tra le tombe dei cimiteri.
Robert Johnson è considerato come uno dei più grandi e influenti musicisti del ventesimo secolo. Ad esempio, Eric Clapton ne parla in questi termini: “Per me è il più importante musicista blues mai vissuto. […] Non ho mai trovato nulla di più profondamente intenso. La sua musica rimane il pianto più straziante che penso si possa riscontrare nella voce umana”. Clapton non è secondo a nessuno per quanto concerne le leggende. Infatti, si dice che il chitarrista britannico sia portatore di sfortuna, fatto dovuto ad alcuni episodi, che gli sono accaduti nel corso della sua carriera, avviata nel 1962. Il primo da riportare risale all’agosto del 1990: al termine di un concerto nel Wisconsin, “Slowhand” cede ad uno stanchissimo Steve Ray Vaughan il suo posto in elicottero per tornare in hotel. Un gesto generoso e, al contempo, fatale, dato che lo stesso elicottero si schianta su una collina, uccidendo Vaughan, il pilota e l’intero staff di Clapton. L’anno seguente, il figlioletto Conor di quattro anni precipita dal cinquantatreesimo piano di un grattacielo di Manhattan mentre gioca indisturbato, morendo sul colpo. Se si dovesse essere forzati a trovare un lato positivo a quest’ultima vicenda, lo storico chitarrista dei Cream reagisce alla tragedia, componendo e dedicando al figlio una delle canzoni più malinconiche di sempre, ossia “Tears In Heaven”.
Passando alla scena musicale italiana, anche il “Bel Paese” si è reso protagonista di vicende, che qualcuno potrebbe definire ignoranti. Iconico è il caso di Mia Martini, la quale è stata definita “Portatrice di jella”. La diceria nasce dopo un concerto in Sicilia, nel 1970, conclusosi a tarda notte. La band della cantante decide comunque di viaggiare durante la notte, ma finisce per essere coinvolta in un incidente con alcuni morti. I giornali pubblicano foto degli spartiti insanguinati di Mimì (soprannome della cantante) e la leggenda inizia a prendere piede. In seguito, altri episodi sono portati a sostegno di questa teoria : ad esempio, nel 1973, l’hotel dove alloggia la donna prende fuoco e si pensa a lei come causa.
Queste cattiverie la costrinsero al ritiro, ma la conseguenza più grave è un’altra: il 12 maggio 1995, il suo corpo senza vita viene trovato nella sua casa a Cardano al Campo. In particolare, viene ritrovata sul letto, con le cuffiette nelle orecchie e la canzone “Luna rossa” in ascolto. Era morta da due giorni e nessuno se ne era accorto.
Per concludere, si può dire che ci sono artisti che rimarranno nella storia per alcune leggende a carattere mitico, tuttavia ciò che resterà indelebile sarà la musica, ad esempio “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini.
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Non è vero ma ci credo
Editoriale · L’Eclisse
Anno 1 · N°6 · Ottobre 2021
Copertina di Noor El-Hajjeh
Hanno partecipato alla realizzazione di questo editoriale: Greta Beluffi, Elisabetta Capovani, Anna Cosentini, Joanna Dema, Noor El-Hajjeh, Alice Fenaroli, Eugenia Gandini, Chiara Gianfreda, Nikolin Lasku, Eleonora Legnazzi, Matteo Mallia, Valentina Oger, Alessandro Orlandi, Mattia Romaniello, Luca Ruffini, Alice Santamaria, Vittoria Tosatto, Marta Tucci, Marta Urriani, Margherita Verri, Adriano Zonta.