Università che vai, superstizione che trovi!
«Se rompi uno specchio, sono sette anni di guai!»
«Non si aprono gli ombrelli al chiuso!»
«Non passare sotto una scala!»
In quest’ultimo caso, più che di superstizione, si potrebbe trattare di puro buon senso, soprattutto se la scala in questione non ha un’aria molto stabile. Meglio fare il giro, non trovate? Un consiglio che non si limita alle sole scale pericolanti, quando si tratta di laurearsi: c’è una lunga lista di posti in cui gli studenti farebbero bene a non mettere piede, pena l’aggiunta di altri anni di studio.
Partiamo da Roma (caput mundi): a Tor Vergata, gli studenti di Lettere e Filosofia non devono azzardarsi a calpestare la stella sul pavimento del cortile del campus. Non è dato sapere perché valga solo per uno specifico corso di laurea, perciò, se studiate Ingegneria civile, immagino possiate ballarci su il tip tap o il flamenco. Cosa che non potrete fare sulla lupa di Piazza Sant’Oronzo, a Lecce. Se frequentate La Sapienza, invece, sarete già stati avvertiti di non guardare per nessuna ragione la statua di Minerva negli occhi. Fatelo, e non vi laureerete mai; probabilmente la dea e i professori hanno stabilito un collegamento telepatico per portarsi avanti con le bocciature, chissà. Altre tre Minerve, poste rispettivamente alla Statale di Milano, a Pavia e presso la facoltà di Giurisprudenza di Bari, “minacciano” il percorso universitario di moltissimi.
Leggenda vuole che sia, in realtà, lo sguardo di Medusa a pietrificare in un istante. Mitologia greco-romana a parte, la domanda che più spesso ricorre in ambito scaramantico sembra essere “perché passarci in mezzo quando posso farci un giretto intorno”. Nella sopracitata Pavia, infatti, non bisogna mai tagliare in diagonale il cortile interno dell’università, e così in Piazza Maggiore a Bologna. Ai futuri ingegneri targati Unibo, peraltro, è vietata la lettura per intero della frase collocata sul muro della facoltà. Fuoricorso chi legge, insomma. Hic sunt leones alla Bocconi, il cui ingresso principale in via Sarfatti è interdetto al passaggio degli studenti (e, si dice, di qualche professore). Stesso discorso se si attraversano le colonne dell’entrata centrale della Cattolica di Milano, o il giardino del chiostro (forse è solo un modo contorto per impedire di calpestare le aiuole?).
A Ferrara, i chiostri di per sé si attraversano sotto i portici, e guai a percorrere il cortile… Al posto di Minerva, per di più, c’è la statua del Savonarola a incutere timore a coloro che avranno l’ardire di guardarlo dritto negli occhi. La medaglia d’oro la vincono, però, le colonne che sorreggono i leoni in piazza San Marco, a Venezia: tra queste, infatti, avvenivano le esecuzioni capitali. Ci sono poi gli archi da evitare, come quello di Corso Zanardelli a Brescia, quello di Augusto a Rimini o uno fra quelli di Piazza del Campo a Siena. Sì, uno soltanto, ma mica si sa quale; nel dubbio, “uno” vale “tutti”. Anche a Pisa, attraversare l’arco tra Piazza dei Cavalieri e Via Dalmazia/Via Martiri porta male. E non pensate che la Torre Pendente sia stata esclusa da questo strambo elenco: non si sale mai prima della laurea, perché il numero di anni fuoricorso potrebbe dipendere dai giri fatti per arrivare in cima. Non si possono neppure contare i piani, perché c’è chi sostiene che attiri la sventura, peggio di un parafulmine.
Di torri e campanili ce ne sono tanti in Italia; sappiate, perciò, che la Torre del Mangia (Siena), la Mole Antonelliana (Torino), la Torre degli Asinelli (Bologna), la Ghirlandina (Modena), il campanile del Duomo di Firenze, la Torre degli Elefanti (Cagliari), il Duomo di Milano con annessa Madonnina sono off-limits. Questo vale anche per chiese e edifici storici come il Battistero di San Giovanni (Parma), la Loggia del Lionello (Udine), il Castello Estense (Ferrara), il Duomo di Trento o la casa natale di D’Annunzio (Pescara). A Urbino, per di più, sono “interdette” alla popolazione studentesca meraviglie come la casa di Raffaello, il Museo Albani e il Palazzo Ducale. La superstizione, però, non risparmia nemmeno la pasticceria Sandri a Perugia, né il Caffè Pedrocchi a Padova, che nel 1848 fu teatro del ferimento di uno studente (c’è ancora il segno del proiettile in una delle sale). Come se la vita non fosse già abbastanza amara di suo, eh?
Al di là del Caffè Pedrocchi, laurearsi a Padova in generale è una sorta di scaramantica caccia al tesoro che si snoda nelle strade del centro storico. La prima tappa è in Piazza dei Signori dove svetta la Torre dell’Orologio, sul quale brillano gli undici segni zodiacali. Undici, avete letto bene: manca la Bilancia, che, secondo qualcuno, “latita” sulle pareti di qualche altro edificio della piazza. A voi la ricerca! Gli ostacoli da evitare come la peste, invece, sono la Cappella degli Scrovegni, impreziosita dagli affreschi di Giotto, e la catena dell’ingresso centrale di Palazzo del Bo. Potrete (anzi, dovrete) scavalcare la catena soltanto a proclamazione terminata. Sempre meglio, però, che doversi mettere il paraocchi per non invocare la sfiga semplicemente guardando qualcosa: a Messina, non si assiste allo spettacolo del campanile del duomo, a mezzogiorno, mentre a Napoli, prima di un esame, non è possibile ammirare il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino. Forse ricorda troppo un pisolino da abbiocco, nemico giurato degli studi post-prandiali, chissà.
Ah, l’Italia, terra di poeti, santi e navigatori… tutti muniti di amuleti contro la sfortuna, poco ma sicuro.
di Joanna Dema
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